Niente porte chiuse né silenzi

Il metodo di discussione africano che ha salvato l'accordo di Parigi

Il metodo di discussione africano che ha salvato l'accordo di Parigi
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Raggiungere accordi politici non è mai un’impresa semplice, tanto meno quando le parti coinvolte sono numerose. Di solito il procedimento adottato prevede degli incontri a porte chiuse, durante i quali i leader dei Paesi più importanti conducono trattative private. Nella segretezza di stanze a cui la stampa non ha accesso, può accadere di tutto. I termini usati dai politici sono certamente diversi da quelli che adottano in pubblico, si rivelano cose che non si direbbero mai davanti a una telecamera e, talvolta, il ricatto può diventare un mezzo persuasivo assai efficace. I cittadini conoscono solo il risultato, accordi che i Paesi più influenti impongono su quelli che hanno meno potere. Ma lo schema d’azione adottato dalla Conferenza mondiale sul clima è stato diverso. E si è rivelato vincente. Venerdì 11 dicembre, il ministro degli esteri francesi Laurent Fabius ha infatti proposto ai delegati riuniti a Parigi di condurre il dibattito attraverso un Indaba. Lo scopo, ha precisato il ministro, sarebbe stato quello di raggiungere un «compromesso delle soluzioni».

Che cos’è l’Indaba. L’Indaba, letteralmente riunione in lingua zulu, è una tecnica di discussione africana, propria degli Zulu e degli Xhosa, due etnie che popolano l’Africa meridionale. Nell’Indaba tradizionale, i capi e il loro seguito si mettevano in cerchio ed esprimevano in modo sintetico le loro opinioni, proponendo delle possibili soluzioni. Oggi, chi si riunisce in una Indaba discute in modo aperto e in pubblico, dichiarando di fronte a tutte le parti coinvolte la propria posizione. Niente porte chiuse, quindi, niente dichiarazioni compromettenti. L’Indaba garantisce massima trasparenza, anche se richiede una grande resistenza, da parte dei negoziatori. Discutere e ascoltare la voce di tutti richiede molto tempo, soprattutto quando i Paesi rappresentati sono 195, com’è accaduto alla Conferenza di Parigi. Il rischio è che, alla fine, si perda la pazienza, facendo naufragare il dibattito in un bicchiere d’acqua.

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APTOPIX France Climate Countdown

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CORRECTION France Climate Countdown

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Quando è stata usata. Nonostante questo pericolo, i vantaggi dell’Indaba sembrano essere dimostrati dall’esperienza. L’ultima Conferenza mondiale sul clima, a Copenhagen, previde solo incontri tra pochi rappresentanti e terminò con un nulla di fatto. Non si firmò alcun accordo. Due anni dopo, nel 2011, la Conferenza di Durban si salvò grazie alla proposta del governo sudafricano, che propose ai delegati di discutere tutti insieme in una sala e davanti al pubblico. Quella fu la prima volta che l’Indaba venne adottata per scopi politici e sembra che abbia suscitato l’attenzione del mondo diplomatico. Non è un caso, infatti, che il ministro Fabius sia ricorso a tale tecnica.

Le Indaba di Parigi. La Conferenza di Parigi ha aperto le prime Indaba nella notte di giovedì 10 dicembre. Gruppi di negoziatori hanno discusso tra loro, a turno, in modo da permettere a tutti di dormire almeno quattro o cinque ore. La situazione, fino a mercoledì, era piuttosto critica, e sembrava che una soluzione comune fosse tutt’altro che vicina. Le prime Indaba hanno mutato radicalmente lo scenario della Conferenza; ecco perché Fabius ha proposto di continuare, e di concentrarsi su una «Indaba delle soluzioni». Venerdì sera, dunque, sono stati affrontati gli aspetti più difficili. Ognuno ha espresso il proprio pensiero, parlando a braccio, o leggendo un testo preparato in precedenza. I nodi più difficili da districare, soprattutto quando riguardavano i rappresentanti di due Paesi soltanto, sono stati sciolti in separata sede, ma alla presenza di un mediatore, che aveva il compito di riferire all’Indaba generale i risultati raggiunti dal confronto ravvicinato. In questo modo, la discussione di tutti non è stata danneggiata dalle tensioni tra singole parti; allo stesso tempo, ogni Paese ha trovato il modo di far valere la propria voce, con grande equilibrio.

L’accordo raggiunto. Le trattative sono continuate per tutto il giorno di venerdì, fino alla sera di sabato 12 dicembre. Alle 19 circa l’accordo sul clima era stato raggiunto, con soddisfazione di tutti. Le ultime ore del dibattito, infatti, si sono svolte in un’atmosfera rasserenata e ottimista. L’accordo, definito “storico”, prevede 29 obiettivi da raggiungere entro il 2030 e sarà messo in atto a partire dal 2020. I 195 Paesi si impegneranno a contenere entro 40 miliardi di tonnellate le emissioni dei gas serra e approveranno piani di recupero delle zone costiere, per limitare il processo di erosione e di desertificazione. Le Indaba hanno fatto il loro dovere. Ora spetta ai singoli governi mantenere la parola data.

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