Frana sopra Tavernola e paura tsunami nel lago d'Iseo, la denuncia: «Tutto solo per profitto»
L’eventuale impatto del materiale roccioso (fino a 2 milioni di metri cubi) sulla superficie del lago provocherebbe uno tsunami alto fino a 5 metri. L'onda anomala rischia di sommergere Montisola e alcuni comuni della sponda bresciana del Sebino
«Mentre qualcuno in questi anni si è arricchito grazie alla marna del Monte Saresano, Tavernola sta rischiando di rimanere senza strada, senza posti di lavoro e senza neanche una montagna alle sue spalle». È la denuncia lanciata su Facebook da Progetto EcoSebino, che non ha dubbi riguardo alle cause che hanno innescato la frana in movimento nell’area dell’ex miniera Ognoli: ossia il "progresso" e la ricerca del profitto.
«Da anni comitati e comunità locali si battono per la chiusura del cementificio e per lo stop delle attività estrattive che da anni provocano frane e smottamenti – sottolinea Progetto EcoSebino -, subendo spesso anche minacce e aggressioni che però non hanno mai smosso l’interesse delle istituzioni, troppo interessate a coprire e a favorire la speculazione e il saccheggio della montagna. Augurandoci che tutto vada per il verso giusto non possiamo fare altro che constatare come, per l’ennesima volta, il profitto sia stato messo in testa ad ogni cosa».
Gli occhi delle istituzioni da martedì sono puntati sul lago d’Iseo e gli abitanti di Tavernola Bergamasca non possono dormire sonni tranquilli. L’eventuale impatto del materiale roccioso (fino a 2 milioni di metri cubi) sulla superficie del lago provocherebbe infatti un’onda anomala alta fino a 5 metri, che investirebbe Montisola e alcuni comuni della sponda bresciana del lago tra cui Iseo e Marone.
«Alcune frazioni sono già state evacuate – si legge nel messaggio pubblicato sul social network -, le attività del cementificio sono state sospese e l’unica strada di collegamento della sponda bergamasca del lago è stata interrotta, mentre Montisola e gli altri borghi che si affacciano sul lago sono in stato di allerta».
Progetto EcoSebino punta il dito proprio contro l’attività dello stabilimento industriale, reo di aver incentivato gli scavi nel Monte Saresano e di avere indebolito la tenuta del terreno. «A forza di poi si arriva ad oggi, nel momento in cui la montagna ha deciso di lasciarsi andare. Portando via con sè le cave, la strada e il cementificio».
«Dicevano che avrebbe portato tanti benefici – conclude Progetto EcoSebino -. Che avrebbe portato lavoro, prosperità e ricchezza in paese. Dicevano che la modernità non si poteva arrestare e che la modernità aveva bisogno di cemento per espandersi. Cosi iniziarono a scavare la montagna per estrarre la marna che conteneva nelle sue viscere. E poco dopo costruirono un enorme cementificio affacciato sulle sponde del lago per riuscire a lavorare meglio la marna estratta dalle cave. E siccome la modernità avanzava sempre di più e aveva sempre più fame di cemento scavarono ancora in profondità e ingrandirono il cementificio. E poi costruirono una strada che tagliava in due la montagna, le cave e anche il cementificio, perché la modernità aveva portato il cemento anche in vetta alle montagne, insieme a tanta aria malsana e piena di nitriti».