Il clan Grande Aracri a Brescello

Il paese di don Camillo e Peppone che ora è stato sciolto per mafia

Il paese di don Camillo e Peppone che ora è stato sciolto per mafia

Brescello, 5mila anime, pacifico comune della bassa reggiana finora è passato alla memoria (e simpatia) collettiva per essere il paese di Peppone e Don Camillo. Adesso, però, rischia di vedere seriamente incrinata quella sua immagine: infatti il Comune, primo caso in tutta la Regione, è stato sciolto per mafia, come proponeva il Prefetto di Reggio Emilia al termine di una Commissione d’accesso, che ha esaminato gli atti degli ultimi 15 anni di amministrazioni Ds-Margherita-Pd.

 

 

La ‘ndrangheta a Reggio Emilia. Lo ha deciso il Consiglio dei Ministri deliberando ieri che l’amministrazione, già commissariata dopo le dimissioni del sindaco Marcello Coffrini, deve essere sciolta con un decreto del Presidente della Repubblica. Sono state accolte le tesi sul condizionamento mafioso contenute nel rapporto redatto dalla commissione di accesso agli atti e consegnato dal Prefetto. L’inchiesta, che ha portato al clamoroso scioglimento è quella relativa al radicamento della ‘ndrangheta a Reggio Emilia, terra nella quale comanda il clan Grande Aracri (una cosca originaria di Cutro, in Calabria), come testimonia il processo Aemilia che ha portato alla sbarra a Reggio Emilia ben 147 imputati. Il caso più vicino è stato quello di Finale Emilia, altro comune al centro di indagini prefettizie ma che non è stato sciolto.

Il “caso Coffrini” era esploso a metà settembre del 2014, quando i ragazzi e le ragazze di Cortocircuito, una web tv studentesca nota per le sue inchieste, aveva presentato il video contenente le improvvide dichiarazioni del sindaco di Brescello: «Grande Aracri? Gentile, educato, non sembra quello che dicono che sia». Il Pd in quell’occasione non ne chiese le dimissioni. Motivo? Coffrini non risultava, a detta dell’assemblea dei sindaci, un iscritto al partito.

 

 

Le scelte sospette delle giunte. Al centro dell’inchiesta ci sono alcune scelte sospette delle giunte. Tra questi la delocalizzazione agli inizi degli anni 2000 che trasferì diritti edificatori residenziali verso via Pirandello, dove sorse poi “Cutrello”, luogo di insediamento del clan Grande Aracri, primo beneficiario dell’operazione, senza che altri cittadini danneggiati aprissero bocca. Negli atti di accusa sono elencate tutte le anomalie riscontrate e sono anche indicati i provvedimenti necessari per rimuovere tempestivamente gli effetti più gravi e pregiudizievoli per l’interesse pubblico; la proposta indica anche gli amministratori ritenuti responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento.

Le inquietanti dichiarazioni sui giornali. Solo pochi giorni fa erano emersi nuovi fatti inquietanti dal punto di vista politico. Francesco Grande Aracri, condannato per mafia, intervistato da Ferruccio Sansa sul Fatto, difendeva l’ex sindaco Marcello Coffrini definendolo «un galantuomo, lo hanno fatto dimettere solo perché mi ha difeso». Come ricorda il blog di Beppe Grillo, «sempre pochi giorni fa un altro quotidiano, la Gazzetta di Reggio scoprì che il padre di Coffrini junior, Ermes Coffrini, per anni sindaco Pd e Ds era stato dal 2002 al 2006 avvocato al Tar per i Grande Aracri in procedimenti in Calabria. Fatti politicamente inaccettabili».

 

 

I 5 stelle in prima linea. I 5 stelle sono stati in prima linea nel chiedere chiarezza su quanto stava  accadendo a Brescello. Come ricorda il blog di Grillo, il 18 ottobre 2014 la portavoce alla Camera del Movimento Maria Edera Spadoni era stata minacciata verbalmente in piazza da Domenico Le Rose al termine di un comizio in piazza a Reggio Emilia. Maria Edera aveva attaccato in piazza il clan Grande Aracri e le dichiarazioni del sindaco di Brescello giustificative verso il condannato per mafia Francesco Grande Aracri fratello del boss Nicolino.