Processo Bossetti, primi condannati i media

Le chiacchiere sono finite, da questa mattina si fa sul serio. A più di un anno dall’arresto, Massimo Bossetti, alle 9.28, è comparso davanti alla Corte d’Assise con l’accusa di aver ucciso Yara Gambirasio il 26 novembre del 2010. Il carpentiere di Mapello rischia l’ergastolo. Le accuse nei suoi confronti sono di omicidio pluriaggravato e calunnia per aver tentato di indirizzare le indagini nei confronti del suo ex collega Massimo Maggioni, risultato però estraneo ai fatti. Il processo è iniziato ufficialmente alle 9.20, con l'ingresso in aula dei componenti della Corte d'Assise, presieduta dal giudice Antonella Bertoja assistita dalla collega Ilaria Sanesi e da sei giudici popolari. L’udienza di oggi sarà un’udienza tecnica, in cui verranno sollevate eccezioni sulle carte dell’inchiesta e in cui verranno presentate le liste di testimoni e le domande di ammissione delle prove. E proprio in avvio di processo la difesa ha sollevato le sue eccezioni:
- la nullità del decreto che dispone il rinvio giudizio di Bossetti, per indeterminatezza del luogo dove è stato commesso l’omicidio (tra Chignolo e Brembate Sopra: non è possibile che una persona possa essere uccisa in due luoghi diversi);
- la nullità del prelievo del Dna, perché in quel momento Bossetti era già sospettato e dunque avrebbe dovuto essere iscritto nel registro degli indagati e aveva diritto alle garanzie previste;
- invalidi tutti gli atti d'inchiesta dal primo giorno del secondo anno d'indagine perché la procura non avrebbe chiesto la proroga delle indagini;
- l'inutilizzabilità della prova del Dna trovato sugli slip della vittima e corrispondente a quello di Bossetti, perché il test è irripetibile.
Su quest'ultima eccezione il dibattito è stato particolarmente acceso: Salvagni, infatti, afferma che essendo irripetibili i test sul Dna preso sul corpo di Yara, la procura aveva l'obbligo di avvisare le parti. Il pm Ruggeri ha ribattuto dicendo che ciò era successo: la famiglia Gambirasio era infatti presente nell'atto delle analisi. Bossetti, all'epoca, non era ancora indagato. Salvagni ha però sottolineato che Mohammed Fikri era ancora indagato e nonostante la sua posizione fosse in via d'archiviazione, ciò non era ancora ufficiale. La Ruggeri, a quel punto, ha precisato che «il povero Fikri è stato coinvolto per un tragico errore di traduzione. La sua posizione all'interno di questo processo è assolutamente irrilevante». Nonostante ciò, i legali di Bossetti ritengono che il mancato avviso a Fikri abbia inficiato l'assunzione della prova del Dna rinvenuto sugli slip dell tredicenne di Brembate Sopra, essendo il fascicolo incentrato sull'omicidio in generale e non solamente su Fikri o Bossetti.
Salvagni ha poi chiuso il suo intervento davanti alla Corte affermando: «Abbiamo esaminato migliaia di atti senza trovare una prova».
Un altro tema scottante che si è discusso è quello riguardante la presenza o meno, durante le udienze, delle telecamere in aula. La posizione che, fino ad oggi, aveva tenuto Bossetti e il suo pool difensivo sul tema era di dare il massimo risalto mediatico al procedimento, posizione fortemente criticata dalla procura. Salvagno, durante il suo intervento, ha però cambiato la posizione della difesa: sulla scelta se ammettere o meno le telecamere in aula, la difesa di rimette alla volontà della parte lesa per una questione di rispetto.
Probabile quindi che le telecamere non potranno accedere alle prossime udienze del processo. Il pm Letizia Ruggeri, infatti, nel suo intervento, dopo aver richiesto alla Corte di non accogliere nessuna delle eccezioni sollevate dalla difesa, ha puntato il dito contro i media. A suo pare, infatti, le telecamere non dovrebbero aver accesso all'aula, innanzitutto, per un problema logistico (lo spazio a disposizione non è molto grande); ma soprattutto non dovrebbero aver accesso per l'atteggiamento che i media hanno tenuto in questi mesi nei confronti dell'inchiesta. La Ruggeri ha affermato: «Questa è una tragedia e molti media non hanno tenuto un atteggiamento corretto, diffondendo atti segreti e tenendo posizioni irrispettose. Ritengo che la loro presenza potrebbe nuocere alla serenità del dibattimento». Secondo il pm il rischio è che l'aula venga sfruttata come palcoscenico. Gli ultimi a intervenire sull'argomento telecamere sono stati i legali della famiglia Gambirasio: Andrea Pezzotta ed Enrico Pelillo. La loro posizione è sempre stata chiara: no alla telecamere. «Ci sono dei minori da tutelare - ha affermato Pezzotta davanti alla Corte -. Sono sconcertato dal bombardamento mediatico».
Alle 11.30, dopo l'intervento dei legali e del pm, si è chiusa la prima udienza nel processo nei confronti di Bossetti. Al termine, Salvagni e il suo collega si sono fermati a scambiare due parole con l'imputato, prima che venisse riportato in carcere. All'uscita, i legali della difesa hanno parlato con i giornalisti presenti, sottolineando che «in effetti alcune trasmissioni televisive hanno abusato del diritto di cronaca», concordando quindi, almeno in parte, con quanto affermato dal pm durante l'udienza. Su Bossetti, Salvagni ha dichiarato: «L'ho visto sereno. È un uomo che ha vissuto momenti difficili e duri, sta vivendo l'avvio di questo processo quasi come una liberazione». Salvagni ha poi aggiunto che se tutte le eccezioni sollevate dovessero essere respinte dai giudici, allora sono pronti a richiedere una superperizia che faccia chiarezza su tutti i profili del Dna e le altre prove "organiche" raccolte dalla procura. La prossima udienza è fissata per il 17 luglio, alle 10.30, ma il processo entrerà nel vivo solo dall'autunno prossimo
Intanto vediamo quali sono tutte le parti in campo.
La pubblica accusa
A sostenere l’accusa contro Bossetti ci sarà il pubblico ministero Letizia Ruggeri, il magistrato che seguì il caso Yara dall’inizio. Fu lei a far arrestare il marocchino Fikri in alto mare, convinta dagli indizi raccolti dai carabinieri, tra cui una frase controversa tradotta inizialmente «Allah perdonami, non l’ho uccisa io». Parole che poi furono interpretate in modo ben differente da altri: «Allah, fa che risponda». Di qui la decisione di scarcerare Fikri, la cui posizione fu poi definitivamente archiviata (ma rischia di esser riaperta, visto che l’avvocato di Bossetti l’ha incluso tra i testi da sentire). La Ruggeri è stata a lungo criticata quando l’inchiesta sembrava brancolare nel buio, ma si è presa la sua rivincita quando Bossetti è stato individuato e arrestato sulla base del dna trovato sugli slip di Yara. Ignoto 1, il figlio illegittimo di Giuseppe Guerinoni cercato invano per due anni, è lui. Almeno questo hanno detto le analisi scientifiche coordinate dai Ris.
Insieme agli investigatori la Ruggeri ha però raccolto altri elementi: il telefono che aggancia la cellula di Mapello (che copre la palestra, ma anche la casa dell’accusato) il furgone che passa davanti alla palestra nell’intervallo orario in cui Yara scompare, la testimonianza di una donna che ha raccontato di aver visto Bossetti appartato con una adolescente, forse la stessa Yara, alcuni mesi prima del delitto.
La difesa
Il muratore di Piana di Mapello sarà assistito da due avvocati: Claudio Salvagni e Paolo Camporini, entrambi del foro di Como. Camporini è anche presidente della Camera penale lariana. Un pezzo da novanta, dunque. La difesa ha messo insieme un vero dream team, che comprende il criminologo Ezio Denti e il genetista Marzio Capra, già consulente della famiglia di Chiara Poggi, assassinata a Garlasco nel 2007. Capra, ex Ris, attualmente assiste anche la procura di Milano nell’indagine sullo studente precipitato durante una gita scolastica. Il consulente avrà un ruolo chiave, perché mette in dubbio la validità della traccia di dna (attribuita a Bossetti) trovata sugli slip di Yara, che resta l’architrave dell’accusa. Come è noto, c’è la parte nucleare (principale), ma manca quella mitocondriale: Capra proverà a dimostrare che si tratta di un’anomalia, non esistente in natura e mai verificatasi prima. «Semmai un caso del genere potrebbe verificarsi in laboratorio» dichiarò qualche tempo fa al Corriere.
La famiglia di Yara
Maura e Fulvio Gambirasio si sono costituiti parte civile, insieme alla figlia Keba, che nel frattempo è diventata maggiorenne. Potranno chiedere un risarcimento per l’enorme dolore che hanno dovuto sopportare. Ma, ovviamente, ciò che interessa è la verità su quanto accadde quella maledetta sera, in cui Yara uscì di casa per portare uno stereo in palestra e non tornò più. Le ragioni dei Gambirasio saranno tutelate dagli avvocati Enrico Pelillo e Andrea Pezzotta, affiancati dal consulente scientifico Giorgio Portera, anche lui ex Ris. Sia i legali che Portera hanno sempre ripetuto che la famiglia vuole “il” colpevole, non “un” colpevole.
La corte
Bossetti sarà giudicato dalla Corte d’Assise, prevista dal nostro ordinamento per i reati puniti con l’ergastolo o almeno 24 anni di reclusione. Due i giudici togati, ovvero di mestiere: la presidente Antonella Bertoja e il giudice a latere Ilaria Sanesi. Poi sei giurati scelti fra cittadini comuni. I giudici li guideranno attraverso i percorsi tortuosi del codice penale e di procedura penale, ma alla fine, quando ci sarà da emettere la sentenza, avranno parità di voto. Elemento non da poco, visto che il processo è stato preceduto da anni di talk show e indiscrezioni giornalistiche. Quasi impossibile, per persone comuni, non lasciarsi influenzare dalla tempesta mediatica. Una delle prime decisioni da prendere sarà l’ammissione o meno delle telecamere in aula: Bossetti le vuole, la procura e la famiglia di Yara no. Quindi, salvo colpi di scena, resteranno fuori. A meno che il giudice Bertoja non rilevi un particolare interesse sociale alla conoscenza del dibattimento. Poi ci sarà da decidere sull’ammissibilità dei testimoni: la difesa presenterà una lista con più di 700 nomi. Non vi figura Ester Arzuffi, che per la scienza è madre di “Ignoto 1”: da lei gli investigatori sono risaliti al figlio Massimo. La donna comparirà sì in tribunale, però come testimone portato dall’accusa.