Il provveditore Graziani: «Inauguro l'anno scolastico al sottopasso della stazione»
«Vado là perché è un punto cruciale, ci passano 2500 ragazzi». «Ce l’abbiamo fatta: gli istituti riapriranno in sicurezza e con tutti gli insegnanti»
di Andrea Rossetti
L’ora X sta per arrivare. Lunedì 14 settembre inizierà ufficialmente l’anno scolastico 2020/2021, con tutto quel che ne consegue. A partire da un sentimento nuovo che accompagna questo inizio: l’incertezza. Per quanto, nelle ultime settimane (le scuole son chiuse da praticamente sette mesi, ma perché preoccuparsene prima?), si siano studiati piani e ipotizzate soluzioni, nessuno può davvero sapere come sarà, cosa succederà. Anche la rivista Science, considerata una delle più prestigiose in ambito scientifico, lo ha scritto: cosa accadrà nel momento in cui uno studente verrà trovato positivo al Covid? «No one knows», nessuno lo sa.
Quel che si sa, però, è che in Bergamasca il mondo scuola ha lavorato alacremente, per tutta l’estate ma anche da prima, per fare in modo che la ripartenza possa avvenire nel modo più “normale” possibile. Lo ha fatto pur nell’incertezza delle indicazioni romane, districandosi tra Dpcm e ordinanze regionali, inventandosi nuovi spazi e mettendo in campo, qui dove il virus ha colpito più brutalmente, tutta la professionalità di cui dispone. «Stiamo facendo una corsa a ostacoli e all’ultimo respiro, ma oggi posso dire che ce l’abbiamo fatta: le scuole bergamasche riapriranno in sicurezza e con attenzione a ogni minimo dettaglio»: il sorriso della dottoressa Patrizia Graziani, dirigente dell’Ufficio scolastico di Bergamo, è coperto dalla mascherina, eppure i suoi occhi mostrano, oltre che stanchezza, anche soddisfazione.
Dottoressa, è stata dura?
«Molto. È stata un’estate impegnativa, faticosa, senza soste. Non esagero quando dico che non ci siamo mai fermati, neppure a Ferragosto. A dire il vero, è da marzo che ci stiamo preparando a questo momento. Gli esami di Stato in presenza sono stati un importante banco di prova: vincere le paure è servito. Abbiamo tratto idee e spunti che abbiamo poi messo in campo per prepararci a questo momento. È stato fatto davvero uno sforzo straordinario, anche l’Ats ce lo ha riconosciuto».
Dove andrà lunedì a inaugurare l’anno scolastico?
«Al sottopasso cittadino».
Intende quello che collega via Gavazzeni con piazzale Marconi?
«Esatto. Voglio vedere com’è la situazione, capire se l’organizzazione studiata è in grado di sopportare la presenza di oltre 2.500 ragazze e ragazzi al giorno».
Lì, però, non c’entrano le scuole...
«Lo so, ed è bene che tutti ne siano consapevoli. Ma il discorso dei trasporti pubblici, di come gli studenti arrivano alle scuole, non si può tralasciare. Il sottopasso è un punto delicato, il rischio che si creino confusione e assembramenti è elevatissimo. E siccome poi i ragazzi da lì vanno a scuola, vorrei tastare con mano la situazione».
Nelle ultime settimane, il tema dei trasporti è stato quello che ha creato maggiori problemi per la riapertura delle scuole.
«Purtroppo era ovvio. È da marzo che noi dialoghiamo costantemente con l’Agenzia del Trasporto pubblico locale. Dopo un po’ di attriti iniziali, devo dire che la situazione è migliorata di incontro in incontro. Il lavoro che è stato fatto sul territorio, la collaborazione che c’è stata, penso sia stata fondamentale».
Non trova sia un paradosso che a scuola si chiedono banchi distanziati di un metro e poi sui pullman si permette una capienze all’ottanta per cento?
«Soluzioni alternative erano impraticabili, da quel che ho capito. Poi non sono io a dettare le linee guida...».
La didattica a distanza non poteva essere una soluzione?
«Le indicazioni ministeriali sono chiare: bisogna garantire la didattica in presenza. La didattica a distanza è concessa solo in maniera residuale e nel caso in cui le scuole non abbiano concretamente spazi adatti a mantenere il distanziamento tra studenti».
A Bergamo, in questo senso, la situazione è buona?
«Praticamente tutte le scuole, con grandi sforzi, sono riuscite ad adattarsi. Dei piccoli problemi ancora ci sono, soprattutto in istituti come i tecnici o i professionali dove è più difficile “ridisegnare” le aule, ma parliamo veramente di percentuali minime».
In molti istituti, però, segnalano che i nuovi banchi non sono ancora arrivati.
«Da quel che so, entro il 15 settembre dovrebbero essere consegnati praticamente tutti, nella nostra provincia. Il problema, semmai, sarà trovare gli spazi in cui tenere i vecchi banchi».
Un altro problema, decisamente più preoccupante, è l’assenza di insegnanti.
«Stiamo lavorando perché tutte le cattedre siano coperte al suono della prima campanella di lunedì 14».
La chiamata veloce pensata dal Governo è stata definita da molti, almeno in Lombardia, un «flop».
«In Bergamasca è arrivato soltanto un insegnante attraverso questa procedura».
E quanti ne mancano?
«Intorno ai 3.800».
Be’, allora definirla flop è quasi gentile...
«Diciamo che la risposta non è stata quella che si attendevano a Roma, immagino. Il vincolo quinquennale per chi accettava probabilmente non ha aiutato...».
E dunque come risolverete il problema di quelle 3.800 cattedre scoperte?
«Con le graduatorie. Il sistema, però, quest’anno è cambiato: ora le graduatorie sono provinciali e la loro gestione è stata centralizzata. In sostanza, siamo noi, come ufficio provinciale, a dovercene occupare, non più i presidi. Ci stiamo lavorando. Non è stato semplice, i candidati hanno dovuto ripresentare le domande, ne abbiamo ricevute ben 26.200. Con l’aiuto dei dirigenti scolastici le abbiamo valutate, abbiamo finito a inizio mese. Ora siamo pronti alle “convocazioni”. Tutto avverrà online».
Quindi i timori, almeno su questo aspetto, sono infondati?
«Per il 14 contiamo di aver fatto tutto».