La fine del bicameralismo perfetto

Il nuovo Senato è passato al Senato

Il nuovo Senato è passato al Senato
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Con 178 sì, 17 no e 7 astenuti il ddl Boschi è stato approvato al Senato. Ora mancano solo tre passaggi, prima che diventi legge: Camera, poi seconda lettura (passaggio in cui non sono ammessi emendamenti) e infine referendum popolare (ad autunno 2016). M5S e Lega hanno lasciato l'aula di Palazzo Madama, Forza Italia non ha preso parte al voto abbandonando le postazioni (ma non l'emiciclo); hanno invece votato contro, tra gli altri, la minoranza dem (Mineo, Tocci, Casson) e i fittiani di CeR. Renzi, su Facebook, esulta: «La lunga stagione della politica inconcludente è terminata. Le riforme si fanno, l’Italia cambia. Avanti tutta, più decisi che mai».

 

Oggi alla Camera approvata la legge sulla cittadinanza in prima lettura, oggi al Senato approviamo le riforme...

Posted by Matteo Renzi on Martedì 13 ottobre 2015

 

Il clima in aula prima del voto finale è stato teso. Dopo l’intervento di Roberto Calderoli i senatori leghisti hanno lasciato l’emiciclo di Palazzo Madama con il volume della Costituzione tra le mani. Calderoli, che nella mano destra teneva una bottiglietta di olio di ricino, ha commentato: «Questo è il nostro futuro». Paolo Romani di Forza Italia ha rincarato la dose, rivolto alla maggioranza: «Avete perso una buona occasione per riscattare la sinistra. Il Paese non si merita questo». I «verdiniani» hanno annunciato invece il loro sì al ddl riforme. A scatenare le proteste è stato l'intervento dell'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Non appena l'ex capo dello Stato ha cominciato a parlare, i senatori del M5S e anche alcuni esponenti di Forza Italia sono usciti, rientrando solo quando il presidente emerito ha finito il suo intervento. Quando è intervenuto in aula Gianluca Castaldi, portavoce del Movimento 5 Stelle, tutti i banchi dei senatori 5 Stelle sono diventati tricolori, grazie a dei cartoncini preparati per l'occasione. Il voto finale ha chiuso, almeno per ora, la partita.

Giova ora ricordare quali sono i punti fondamentali di questa riforma, e come cambierà la vita istituzionale dell'Italia.

La composizione del nuovo Senato. Il primo e fondamentale aspetto che occorre sottolineare riguarda la cessazione dell’elettività del Senato: quando si andrà a votare, troveremo solo la scheda per la Camera. Questo perché la composizione dell’eventuale nuovo Senato sarà preimpostata: non più 315 senatori, ma solo 100. Di questi, 74 saranno consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 personalità illustri scelte dal Presidente della Repubblica (qualcosa di molto simile agli attuali senatori a vita). Per quanto riguarda i primi, ciascuna regione potrà godere di un certo numero di senatori in proporzione alla loro popolazione (ma mai meno di due), i quali verranno fuori dal novero dei consiglieri di giunta; ciascuna regione, inoltre, potrà scegliere un sindaco del proprio territorio da inviare a Palazzo Madama (quindi per un totale di 21). C'è da aggiungere però che nella scelta dei consiglieri da mandare al Senato, le Regioni dovranno tenere conto delle scelte espresse dagli elettori in sede di votazioni regionali. Le modalità con cui ciò avverrà sono demandate a una legge ordinaria di prossima attuazione.

Assenza di stipendio e costi ridotti. I consiglieri regionali e i sindaci che verranno eletti al Senato non riceveranno nessuna indennità, il che dovrebbe portare allo Stato un risparmio di oltre 50 milioni di euro ogni anno. Con i risparmi che dovrebbero arrivare grazie all’unificazione degli uffici di Camera e Senato (e altre modifiche all’insegna dell’ottimizzazione, non meglio specificate) si dice che si potrebbe arrivare anche a mezzo miliardo di euro salvati.

 

 

Le funzioni del nuovo Senato. Come detto, questa riforma tende a superare il bicameralismo perfetto, ovvero la presenza di due sedi, Camera e Senato, con le medesime prerogative e funzioni. Si tratta di uno stratagemma ideato in sede di redazione della Costituzione e conseguenza del ricordo, allora vivissimo, del fascismo. Ma oggi, e su questo punto sono tutti d’accordo, è importante cambiare sistema. Il nuovo Senato dunque non si occuperà più di approvare o modificare leggi, ma avrà una funzione di raccordo fra lo Stato e gli enti territoriali, con il primo che potrà decidere i limiti entro cui si estenderà la sua competenza esclusiva. Potere di voto vero e proprio però il Senato lo conserverà solo rispetto a riforme costituzionali, leggi costituzionali, leggi sui referendum popolari, leggi elettorali degli enti locali, diritto di famiglia, matrimonio e salute e ratifiche dei trattati internazionali. Rispetto a tutti gli altri temi, potrà esprimere solo un parere, ma solo se richiesto da almeno un terzo dei propri membri e solo se fornito entro 30 giorni.

 

 

Decreti, Corte Costituzionale e Presidente della Repubblica. Al fianco della rivoluzione del Senato sono state predisposte anche alcune misure di vario tipo. Per quanto riguarda il Governo, le regole per emettere i decreti legge diventano più rigide, dovranno «recare misure di immediata applicazione e di contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo». I provvedimenti governativi ritenuti essenziali, in compenso, dovranno essere votati dalla Camera entro il termine tassativo di 60 giorni, passati i quali il provvedimento sarà posto in votazione senza modifiche, articolo per articolo e con votazione finale. Aumentano anche i poteri della Corte Costituzionale, che potrà intervenire, sempre su richiesta, con un giudizio preventivo sulle leggi che regolano elezioni di Camera e Senato. La Consulta dovrà pronunciarsi entro un mese, mentre la richiesta va fatta da almeno un terzo dei componenti della Camera. In questo modo si eviterà di avere una legge elettorale per anni e anni salvo poi scoprire che si tratta di una legge incostituzionale. Per quanto riguarda infine l’elezione del Presidente della Repubblica, non sono più previsti i delegati regionali, e i quorum subiscono alcune modifiche: 2/3 per i primi quattro scrutini, 3/5 dal quinto all’ottavo, maggioranza assoluta dal nono in poi.

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