Gusti svariati, con un debole per la lirica

Il tango, la Turandot e ora Mina La musica che piace a Francesco

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Chissà che emozione per la grande Mina questa mattina alla notizia che Papa Francesco l’ha citata nella predica mattutina in Santa Marta. Con la disiinvoltura che lo contraddistingue, per rendere bene l’idea di quanta sia a volte la verbosità dei cattolici, il Papa ha infatti richiamato una delle più famose canzoni di Mina, “Parole parole parole”. Un disco uscito nel 1972 con testo di Leo Chiosso e musiche di Gianni Ferrio, che resta tra i successi della cantante e tra i motivi più memorizzati dagli italiani. Canzone straordinaria, in forma di dialogo a due tra un lui e una lei, in cui lei disinnesca con determinazione tutti i tentativi di lui di riaccreditare una storia d’amore. "Caramelle non ne voglio più", canta una Mina, sana e fieramente disincantata. Papa Francesco in questo pragmatismo deve aver trovato qualcosa di sé…

 

 

Il tango. Quella di Mina è un’aggiunta a sorpresa nella hit personale di Papa Bergoglio. Sino ad ora biografie e qualche battuta nelle varie interviste avevano portato allo scoperto i gusti musicali del Pontefice, senza mai far riferimento alla cantante cremonese. Si sa che Francesco ama il tango, al punto che per i suoi 78 anni gli argentini gli hanno riservato la sorpresa di 3mila ballerini in San Pietro per una “milonga” da record. «Il tango mi piace tantissimo, è qualcosa che mi viene da dentro», aveva confidato una volta Francesco.

 

 

Da bambino. La musica è qualcosa molto famigliare per Bergoglio. Da piccolo aveva preso lezioni di pianoforte. E lui stesso ha raccontato che in casa c’era l’abitudine ogni sabato di ascoltare un’opera lirica. «Con la mamma al sabato ascoltavamo le opere che trasmettevano alla Radio del Estado. Ci faceva sedere accanto all’apparecchio e prima che cominciasse ci narrava la trama. Quando stava per iniziare qualche aria importante, ci avvertiva: “State attenti: questa canzone è molto bella”. Passare il sabato con la mamma e i miei fratelli, godendo dell’arte, era una cosa meravigliosa», aveva raccontato lui stesso a Francesca Ambrogetti e Sergio Rubin nel libro Papa Francesco.

La speranza cristiana e la Turandot. La lirica è sempre stato il suo debole. Nell’intervista a padre Spadaro, il direttore di Civilità Cattolica, ad un certo punto interrompe il suo interlocutore per ricordare il primo indovinello della Turandot (la speranza). Il papa ricordava bene che nel libretto dell’opera si parlava della speranza come di «un fantasma iridescente» che «sparisce con l’aurora per rinascere nel cuore». Invece «la speranza cristiana non è un fantasma e non inganna. È una virtù teologale e dunque, in definitiva, un regalo di Dio che non si può ridurre all’ottimismo che è solamente umano».

Gusti vari. La cultura musicale di Francesco è precisa e profonda. Non dice semplicemente di amare Mozart ma va nel dettaglio: «Quell’“Et incarnatus est” della sua Missa in do minore è insuperabile: ti porta a Dio!». Non dice di amare genericamente Bach ma in particolare «l’“Erbarme Dich”, il pianto di Pietro della Passione secondo Matteo». Ma i suoi sono gusti a largo raggio, come ha scritto in una biografia Elisabetta Piqué: «Francesco Adora l’orchestra di Juan D’Arienzo e non smette mai di ascoltare Carlos Gardel, Julio Sosa, Ada Falcón (che si farà monaca), Azucena Maizani (a cui diede l’estrema unzione). Ma era anche aperto ad esperienze più avanguardiste: seguiva Astor Piazzolla e Amelia Baltar». Del resto era stato lui ad avvertire: «Fateci caso… una persona invidiosa, una persona gelosa, non sa cantare, non sa lodare».

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