L'omicidio a Treviglio

La lite per un ventilatore, poi la coltellata della figlia alla schiena. Così è morta Manuela

Manuela Guerini, 43 anni, è morta nella notte di sabato 14 agosto. A colpirla con un unico fendente fatale sua figlia, 15 anni, portata in una struttura protetta per minori

La lite per un ventilatore, poi la coltellata della figlia alla schiena. Così è morta Manuela
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Madre, figlia e una discussione nata in casa per motivi banali, ma durante la quale i toni si sono alzati fino a farla degenerare nel sangue. Una singola, fatale, pugnalata: così è morta Manuela Guerini, 43 anni, colpita dalla figlia di 15 anni con una coltellata alla schiena. L'omicidio, avvenuto nella notte di sabato 14 agosto, ha scosso l'intera città, lasciando increduli chiunque conoscesse Manuela e l'adolescente. Secondo quanto riportano i colleghi di PrimaTreviglio, madre e figlia avrebbero iniziato a litigare mentre stavano montando un elettrodomestico. Un ventilatore. Le due abitavano insieme, da sole, in un monolocale al pianterreno di una corte di via Bernardino Buttinoni, un vicolo in pieno centro storico, laterale della centralissima via Sangalli.

Manuela Guerini, 43 anni, era un'impiegata nello studio di un commercialista trevigliese in zona Stazione Centrale. Fin dalla nascita della piccola, aveva deciso di crescere la bambina da sola, con l'aiuto dei familiari. Le due vivevano un contesto non facile, ma nemmeno particolarmente problematico, stando a quanto emerso. Le liti tra mamma e figlia, riferiscono alcuni vicini, erano sì frequenti e accese, come spesso capita nei rapporti tra genitori e figli adolescenti, ma nulla di più che questo. Almeno fino a sabato sera: nessuno mai avrebbe immaginato un epilogo così straziante e tragico.

Dopo aver cenato, la ragazza aveva cominciato a montare un elettrodomestico comprato da poco, un incarico che le aveva dato la mamma, che però si è rivelato più difficile di quanto il libretto delle istruzioni lasciasse presagire. Ne è nata la discussione e i toni si sono presto scaldati. Poi il raptus, improvviso e violento. La quindicenne con un piccolo coltello da cucina, ha colpito alla schiena della madre. Un unico colpo: la lama si è infilata tra le costole e ha raggiunto un punto vitale.

Sarà la magistratura a chiarire i contorni e i dettagli della dinamica. Stando a quanto emerso finora, erano circa le 21.30 quando è arrivata all'Arma la chiamata dei soccorritori del 118. A chiedere aiuto al numero unico di emergenza è stata la stessa adolescente, dopo essersi resa conto della gravità della ferita inferta alla madre. «Le ho fatto del male», ha detto all'operatore. Sul posto si è precipitata un'ambulanza e una pattuglia dei carabinieri dalla stazione di Fara, arrivata poco dopo i sanitari. Inutili i tentativi di rianimare Manuela, i medici non hanno potuto fare altro che constatarne il decesso.

Dopo i rilievi da parte della squadra specializzata in investigazioni scientifiche di Bergamo, i carabinieri della compagnia di Treviglio hanno apposto i sigilli all'appartamento, che si trova sotto sequestro a disposizione della Procura dei Minori di Brescia. La ragazzina, studentessa in una scuola superiore, avrebbe già rilasciato informazioni sommarie sia ai carabinieri sia alla magistratura. Nel frattempo è stata portata in un istituto protetto, riservato ai minori, fuori provincia. Una comunità attrezzata, con il personale necessario alla gestione di casi delicati come questo. Sarà la Procura dei Minori a valutare, anche alla luce dell'esito dell'autopsia e agli elementi trasmessi dalle indagini, se e come procedere dal punto di vista giudiziario e cautelare.

Intanto Treviglio è attonita. Al cancello del cortile qualcuno ha appeso una rosa bianca. Qualcun altro, un piccolo fiore rosa in vaso, accanto a una candela bianca e una scritta a penna su un foglio di carta: «Ciao Manu». Chi la conosceva non può credere a quanto accaduto: «Viveva per la sua bambina, la sua bambina l'ha uccisa», racconta incredulo un amico d'infanzia di Manuela, Matteo Bordegari. «Era una ragazza solare, luminosa. Non posso crederci».

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