I prossimi passi dell'inchiesta

Il Valium e le morti sospette a Piario Altre ombre sull'unica indagata

Il Valium e le morti sospette a Piario Altre ombre sull'unica indagata
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Era la mattina del 18 dicembre. In quella fredda giornata invernale, i Carabinieri si presentarono all’ospedale Locatelli di Piario (struttura facente parte dell’Azienda Ospedaliera Bolognini di Seriate) con un mandato teso al sequestro di decine e decine di cartelle cliniche di pazienti deceduti nell’arco del 2015. Fu così che il pubblico venne a conoscenza dell'inchiesta avviata circa un mese prima dalla Procura di Bergamo e coordinata dal pm Carmen Pugliese riguardante una serie di morti sospette presso il nosocomio seriano. Ad avanzare denuncia erano stati sia i parenti di alcuni pazienti deceduti che dei dipendenti dell’ospedale stesso, insospettitisi davanti a tre casi anomali avvenuti nella notte tra l’1 e il 2 novembre. I sospetti sono diventati vera paura quando il personale si è accorto che dal carrello dei medicinali mancavano tre fiale di Valium.

 

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Nei cadaveri tracce di Valium. A distanza di oltre 4 mesi da quella prima mossa della Procura, arrivano purtroppo le prime certezze: cinque pazienti deceduti nell'arco del 2015 a Piario presentavano effettivamente tracce di Valium nel loro corpo. A stabilirlo i primi risultati delle autopsie ordinate dalla Procura ed effettuate l'11 febbraio scorso. Per sapere se le tracce del calmante rinvenute nei cadaveri siano state tali da provocare i decessi, però, bisognerà attendere ancora almeno un mese. Nel frattempo il pm Pugliese, nel giro di massimo due settimane, ordinerà la riesumazione di altri 10 cadaveri. Ed è probabile che non saranno gli ultimi: durante il blitz del 19 dicembre 2015, infatti, sono ben 84 le cartelle cliniche sequestrate dalle forze dell'ordine. La notizia della presenza certa di Valium nei cinque pazienti deceduti e su cui sono state compiute le prime autopsie, però, aggravano la posizione di Anna Rinelli, l'infermiera 43enne residente a Piario e attualmente unica indagata per omicidio preterintenzionale. La professionista, dal novembre scorso, è stata spostata all'ospedale di Lovere, ma quando l'inchiesta è finita sulle prime pagine dei giornali nazionali e locali è stata messa in aspettativa non retribuita. Nelle scorse settimane i vertici sanitari provinciali hanno reso noto di aver sospeso il provvedimento e dunque, da fine aprile, la Rinelli potrebbe tornare a praticare la professione.

 

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Gli altri indagati. Sul registro degli indagati, però, il nome dell'infermiera 43enne non è l'unico. Il 3 febbraio scorso, infatti, il pm ha deciso di iscrivere al registro degli indagati altre 10 persone. Si tratta della caposala dell’infermiera, una 53enne di Oneta, del primario di Medicina dell’ospedale, un 65enne di Carobio degli Angeli, e di altri 8 medici del reparto (una 54enne di Oneta, un 47enne di Songavazzo, una 52enne di Casazza, un 53enne di San Paolo d’Argon, un 58enne di Montello, un 59enne di Clusone, una 47enne di Seriate e una 46enne di Concorezzo). L'accusa nei loro confronti è di concorso colposo in omicidio preterintnenzionale: secondo l’accusa, questi soggetti avrebbero dovuto accorgersi delle azioni della Rinelli e del peggioramento delle condizioni di salute di molti pazienti affidati alle sue cure. La situazione è molto delicata e la Procura, per ora, preferisce non sbilanciarsi. Certo è che, se i primi risultati delle autopsie dovessero venire confermati, quello che fino a oggi appariva soltanto come un'inquietante ipotesi diventerebbe un angosciante dato di fatto.

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