Immigrati sfruttati nelle aziende agricole venete: arrestato un 27enne a Orio al Serio
Insieme ad altri quattro indagati è accusato di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento del lavoro. Tra le vittime anche clandestini
Un giovane di origine marocchina, di 27 anni, è stato arrestato questa mattina (7 febbraio) all’aeroporto di Orio al Serio, al suo rientro in Italia. Il ventisettenne è ritenuto essere responsabile di associazione per delinquere, finalizzata allo sfruttamento del lavoro, insieme ad altre quattro persone: tre di nazionalità marocchina, uno di nazionalità albanese e una donna italiana.
Come riportano i colleghi di PrimaVerona questa banda avrebbe sfruttato decine di cittadini marocchini, alcuni dei quali irregolari sul territorio nazionale. Con l’arresto del giovane marocchino può dirsi conclusa l’operazione “Polvere di Stelle”, condotta dai carabinieri del gruppo tutela lavoro di Venezia e dell’ispettorato del lavoro di Vicenza, che dal 2020 ad oggi hanno eseguito le cinque misure cautelari.
L’attività d’indagine è stata avviata a maggio del 2019, dopo una serie di controlli effettuati in aziende agricole delle province di Vicenza, Verona e Padova. Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Anna Maria Zanotti, hanno consentito ai militari d'individuare una cooperativa operante nel settore agricolo, con sede legale a Cologna Veneta, che reclutava cittadini marocchini da impiegare come manodopera nelle aziende del territorio, anche se le condizioni di lavoro erano di fatto equiparabili allo sfruttamento.
Grazie a pedinamenti, ispezioni e alle testimonianze raccolte tra i lavoratori sfruttati, i carabinieri sono riusciti a raccogliere prove sufficienti a carico dei cinque indagati. Il titolare dell’azienda fornitrice di manodopera e i due figli, entrambi cittadini marocchini che si occupavano del reclutamento dei lavoratori, un suo stretto collaboratore di cittadinanza albanese che faceva da intermediario con la manodopera, e una donna italiana, collaboratrice in uno studio commercialista che consentiva alla cooperativa di evadere gli oneri contributivi da versare in favore dei dipendenti.
Gli indagati avevano di fatto costituito un’associazione per delinquere che permetteva loro di approfittare della vulnerabilità dei lavoratori extracomunitari, versando loro una retribuzione palesemente inferiore a quella prevista dai contratti collettivi regionali e nazionali. Spesso si limitavano a dare loro un compenso orario che era inferiore alla metà di quello previsto dai contratti.
Inoltre, in alcuni casi, per evadere i controlli della polizia, i lavoratori sfruttati venivano fatti alloggiare in ricoveri di fortuna, privi di riscaldamento ed energia elettrica, svegliati alle prime luci dell’alba e accompagnati con autovetture fatiscenti nelle aziende agricole. Qui, tenuti costantemente sott’occhio, lavoravano fino a tarda sera e senza il rispetto di alcuna norma di sicurezza, venendo privati anche di dispositivi di protezione individuale.
Questo collaudato modus operandi consentiva alla cooperativa sociale di proporsi sul mercato agricolo a un prezzo decisamente vantaggioso per le ditte committenti, che beneficiavano del reclutamento e dell’impiego di manodopera irregolare, impiegata soprattutto in attività usuranti e faticose come la raccolta dei prodotti agricoli e l’allevamento di bestiame.
Il minor prezzo offerto sul mercato veniva assicurato anche grazie a un preciso sistema illecito di abbattimento del costo della manodopera, ottenuto grazie alla complicità della collaboratrice di uno studio di consulenza di Vicenza. Attraverso documenti falsi la cooperativa evitava di pagare i contributi previdenziali alle persone sfruttate.
La strategia messa in campo dalla consulente del lavoro vicentina, ben al corrente dei tecnicismi e delle procedure di addebito contributivo da parte dell’Inps, consentiva così di far apparire formalmente regolare la cooperativa che, mutando nel tempo la propria ragione sociale, continuava ad agire indisturbata sul mercato del lavoro, rigenerandosi come nuova società che, di fatto, corrispondeva regolari contributi previdenziali solo per una minima parte dei lavoratori alle proprie dipendenze.