L'indagine della Procura

Inchiesta sui migranti, il vescovo esprime «riconoscenza e vicinanza» a chi ha aiutato i poveri

Monsignor Beschi: «L’indagine avviata e la sua pubblicazione, non sempre avvenuta nel rispetto delle tutele di cui hanno diritto non solo gli indagati ma ogni semplice cittadino, ha gravemente ferito le persone implicate e un’intera comunità»

Inchiesta sui migranti, il vescovo esprime «riconoscenza e vicinanza» a chi ha aiutato i poveri
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Perché i vertici della chiesa bergamasca non hanno detto nulla sull’inchiesta della Procura che ha coinvolto la Caritas (attraverso l’associazione Diakonia) e i responsabili della cooperativa Ruah in merito alla gestione dei contributi pubblici destinati all’accoglienza dei migranti ? La risposta è arrivata domenica 5 luglio con una “riflessione” del vescovo, Francesco Beschi, pubblicata su “L’Eco di Bergamo”. Ai tanti che si chiedevano il perché di questo silenzio, il vescovo spiega che la riservatezza tenuta finora «è essenzialmente l’espressione di un dolore e di uno sgomento che ammutolisce», «un silenzio che diventa spazio per un esigente esame di coscienza personale e comunitario su ciò che ci è del tutto caro, come l’esercizio della carità, frutto della fede».

Nell’inchiesta sono coinvolti una decina di sacerdoti e laici da sempre in prima linea nell’aiuto ai poveri. «Si tratta - scrive il vescovo - di persone conosciute non solo per il loro impegno, ma anche perché rappresentative di quello che la Chiesa di Bergamo, in tutte le sue espressioni e le sue componenti, opera in aiuto a molti nel momento del bisogno, nelle diverse situazioni in cui sperimentano fragilità e precarietà, nelle condizioni di debolezza e abbandono». A queste persone monsignor Beschi esprime la sua «riconoscenza e vicinanza».

Il vescovo non manca di far notare «che l’indagine avviata e la sua pubblicazione, non sempre avvenuta nel rispetto delle tutele di cui hanno diritto non solo gli indagati ma ogni semplice cittadino, ha gravemente ferito le persone implicate, e insieme con loro un’intera comunità che ha riconosciuto nel loro impegno e servizio una testimonianza evangelica significativa e coraggiosa». E continua: «Il rispetto per la Magistratura, dei suoi compiti e della sua alta responsabilità, si accompagna alla collaborazione da parte di coloro che sono coinvolti, in ordine all’accertamento di comportamenti che meritano il massimo della trasparenza e della credibilità».

Monsignor Beschi si sofferma poi nel richiamare l’importanza della carità come frutto della fede. «La carità è il fare della fede, il fare del cuore». Una dedizione - aggiunge - che anche mesi del coronavirus è fiorita in infinite declinazioni anche nelle nostre parrocchie. «Questa testimonianza – continua il vescovo - non si è ispirata né nutrita al riconoscimento e tanto meno all’affermazione di sé. Neppure è stata semplicemente una risposta ai bisogni, quasi che, una volta corrisposto al bisogno, la carità diventi inutile (…). È la persona umana e non solo il suo bisogno che ci sta a cuore: è la persona umana nella sua attesa e nella sua debolezza».

E conclude: «La comunità cristiana, con le sue contraddizioni, ha scritto una storia di carità, frutto della sua fede, e continua a scriverla. L’ha scritta con il cuore e con le opere di una moltitudine di persone e delle istituzioni che con competenza l’hanno rappresentata. Si è detto dell’impressionante dedizione e solidarietà di questi mesi: da sempre sono testimone di una generosità altrettanto impressionante che credenti e non credenti manifestano nei modi più svariati, attribuendo alla Chiesa una credibilità ed un’efficacia nel corrispondere alle attese di ogni persona, che sono convinto possa continuare ad esserle riconosciuta. È una responsabilità grande, e per i cristiani ancor più grande, a motivo dell’inesauribile e radicale ispirazione che la alimenta e la sostiene».

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