In Italia cresce la disuguaglianza tra poveri veri e super-ricchi

Le hanno ribattezzate le Giornate sulle Disuguaglianze e si tengono in questi giorni a Bologna, curate dall’Istituto Cattaneo. Sarebbe stato bello poter assistere all’opposto, ma purtroppo il dato che contraddistingue l’Italia di questi anni è quello della forbice sempre più ampia che divide il destino di una minoranza di super ricchi da una maggioranza di popolazione che invece annaspa nelle ristrettezze. Per questa maggioranza il dopo crisi non è molto diverso dalla crisi.
Dati alla mano. Secondo i dati elaborati dall’istituto bolognese la situazione è questa: in Italia ci sono sette miliardari che possiedono una ricchezza pari al 30 per cento della popolazione (dato calcolato sulla ricchezza media degli italiani). Sotto questi Paperoni troviamo una bella fetta di Italia che se la passa comunque bene: è il 20 per cento della popolazione che controlla il 69 per cento della ricchezza complessiva. Il gap è bene evidente. Dall’altra capo delle colonne statistiche troviamo le fasce debole che negli ultimi sette anni hanno visto le proprie entrate erodersi del 24 per cento. Nello stesso periodo di tempo il reddito medio si è ridotto dell’11.9 per cento. La riduzione però è nettamente più marcata per i più poveri che hanno visto ridurre il loro reddito medio del 24.5 per cento.
Un fenomeno che viene dal profondo. È un fenomeno globale, che in Italia sta però assumendo dimensioni più accentuate, come ha spiegato il presidente del Cattaneo Piergiorgio Ardeni: «La disuguaglianza nella distribuzione del reddito in Italia è aumentata negli ultimi 30-35 anni più che negli altri paesi Ocse». Non è solo una questione di squilibrio economico, è anche una questione culturale e di modelli di riferimento. «La disuguaglianza è il tema cruciale, è il tema dell’oggi», ha spiegato sempre Ardeni. «Che non è prodotto solo di una crisi economica non ancora finita, ma viene dal profondo, dal funzionamento del sistema economico e che, con la globalizzazione, ha visto nascere tendenze come la precarizzazione del lavoro, la marginalizzazione, la radicalizzazione del conflitto sociale, la proletarizzazione del ceto medio».
L’Italia in testa, purtroppo. In effetti la disuguaglianza economica produce una serie di conseguenze destinate ad accentuare le differenze tra le diverse fasce sociali. Ad esempio in ricaduta produce le disuguaglianze nell’istruzione, nelle prospettive di occupazione, nell’accesso ai servizi sanitari, nella disponibilità tecnologie digitali e così via. «Il tema delle disuguaglianze è spesso associato a una dimensione valoriale o forse moraleggiante, mentre si tratta di una tendenza che sta trasformando il mondo e dunque la società occidentale. L’Italia in questo caso eccelle perché su molte dimensioni registra una crescita di disuguaglianza più elevata che in alti Paesi», ha sottolineato Max Bergomi, della Businness School di Bologna, dalle colonne di un giornale letto per altro dalle fasce più ricche (Il Sole 24 ore).
Malati di disuguaglianza. Siamo malati di disuguaglianza: e l’esito rischia di essere quello che dava il titolo ad un famoso documentario degli Anni Settanta: I poveri muoiono prima. Nell’Italia di allora c’era chi si ribellava a questa situazione. Oggi sembra che invece domini una certa rassegnazione. Come se le differenze crescenti fossero qualcosa di ineluttabile.