Giallo sulla sorte del boia dell'Isis

Jihadi John ucciso (o solo ferito)?

Jihadi John ucciso (o solo ferito)?
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Secondo alti funzionari Usa citati dal Washington Post e dalla Cnn, Jihadi John, il boia dell’Isis, sarebbe morto nella città siriana di Raqqa in seguito a un raid americano condotto attraverso un drone. Il velivolo avrebbe colpito un’auto sulla quale viaggiavano il miliziano più ricercato al mondo e altri membri dello Stato Islamico che si fanno chiamare i "Beatles", per via della loro origine inglese. La notizia è ancora tutta da verificare, anche perché, come fanno sapere dal Pentagono alla Cnn, «non ci sono nè truppe nè personale dei servizi segreti sul posto dove è stato effettuato il raid. Nelle prossime ore, anche se le fonti sono convinte di averlo assassinato, sui social media saranno momitorate le comunicazioni di Isis in giro per il mondo per vedere cosa dicono e trovare conferme». Secondo militari contattati dalla Bbc, tuttavia, c'è un «elevato grado di certezza» che il protagonista delle decapitazioni diffuse sul web sia stato ucciso. L’Isis però smentisce la notizia è dice che Jihadi John è ferito ma ancora vivo. Testimoni oculari a Raqqa hanno riferito a Sky di aver visto portare il jihadista in ospedale. IIn ogni caso, l'ospedale pubblico è stato chiuso, segno che un importante militante è stato colpito. Dal canto suo, l'Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus) conferma l'uccisione di un britannico, ma senza chiarire l'identità. Dietro al raid di giovedì ci sarebbero le stesse menti che hanno organizzato la cattura di Bin Laden.

Chi è Jihadi John. Non è la prima volta Mohamed Emwazi, 27 anni, nazionalità britannica con natali kuwaitiani, cresciuto con la sua famiglia a Londra dall'eta' di 6 anni, laureato in informatica e musulmano praticante - l'uomo che ha ammazzato gli ostaggi Jim Foley, Steven Sotloff, David Haines, Alan Henning e Abdl Rahman Kassing, e i giapponesi Kenji Goto e Haruna Yukawa - è stato dato per morto. Qualche mese fa, addirittura, erano corse voci di un suo allontanamento dall’Isis per fuggire in Nordafrica e scampare alla stessa sorte delle sue vittime. Nei video dove annunciava le macabre esecuzioni degli ostaggi stranieri è sempre comparso completamente vestito di nero, con il volto coperto da un passamontagna, e con un coltello in mano. Un anno dopo l'esecuzione di James Foley, è stato identificato.

 

Jihadi-John

 

Le tante rivendicazioni Isis. Jihadi John non è però solo un brutale assassino, è anche il rivendicatore per eccellenza dell’Isis, colui che in primissima persona si è mostrato al mondo, seppur sempre a volto coperto dal passamontagna, per dire con fierezza: «Continuerò a tagliare teste». E quella delle rivendicazioni, negli ultimi tempi, sembra essere diventata una delle principali attività del sedicente Stato Islamico. Come se tra gli jihadisti ci fosse una corsa per attribuirsi gesti feroci in tutto il mondo. È successo con l’aereo russo precipitato sul Sinai, anche se l’attendibilità della rivendicazione va a cozzare con le capacità delle armi di cui lo Stato Islamico dispone. Prima ancora era successo con l’omicidio di Cesare Tavella, il cooperante italiano ucciso in Bangladesh. E anche al Cairo, quando un’autobomba nel luglio scorso esplose davanti alla sede del consolato italiano. E poi in Turchia in occasione dell’uccisione di due giornalisti siriani. L’elenco è solo una piccola parte delle rivendicazioni condotte da parte dei miliziani del Califfo al Baghdadi. Ed è successo anche Beirut nelle ultime ore in seguito al più devastante attentato dai tempi della guerra civile libanese. L’Isis ha rivendicato la paternità della duplice strage nel feudo di Hezbollah che il 12 novembre ha ucciso 40 persone e provocato oltre 200 feriti.

Il Site. In tutti i casi le rivendicazioni sono state effettuate via internet, sui social network o mediante videomessaggi. A scoprirle è sempre il Site, il servizio di monitoraggio dell’estremismo islamico sul Web fondato dall’ebrea irachena Rita Katz. È lo stesso Site che nei giorni scorsi ha sostenuto che Al Qaeda avrebbe inviato un emissario in Siria con l’obiettivo di incontrare i vertici dello Stato Islamico e formare una coalizione tra le forze terroristiche sunnite in funzione anti-Assad e anti-Occidente.

 

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Jihadisti anche in Italia. In questo panorama di rivendicazioni e atti terroristici in Italia è stata scoperta una cellula dell’Isis in una delle zona più insospettabili del Paese: Merano. Nel cuore dell’Alto Adige, tra le montagne più belle d’Italia, i carabinieri del Ros in collaborazione con le autorità giudiziarie e di polizia di Regno Unito, Norvegia, Finlandia, Germania e Svizzera, hanno individuato una base per il reclutamento e la formazione di jihadisti. Un gruppo operativo anche se non ancora pienamente attivo, che imparava le regole fondamentali per sparare, combattere, terrorizzare il mondo. Da Merano all’Iraq e alla Siria per arruolarsi e diventare miliziani al soldo di Al Baghdadi, la base era il crocevia degli aspiranti jihadisti che arrivavano da tutta Europa. Perché era proprio l’insospettabile, bella, accogliente e ordinatissima cittadina altoatesina a fare da trampolino di lancio di un’organizzazione attiva tra Italia, Regno Unito, Norvegia e Finlandia, di cui facevano parte cittadini curdi capeggiati dal Mullah Krekar, al secolo Faraj Ahmad Najmuddin, amico di Osama bin Laden, fermato in Norvegia, con l’accusa di stare organizzando attentati terroristici in Europa, forse anche in Italia, e Medio Oriente. La finalità dell’organizzazione smantellata e da lui guidata era l'istituzione di uno Stato islamico nel Kurdistan.

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