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Spopola il D'Alema anti-Merkel «5 anni di austerità hanno fallito»

Spopola il D'Alema anti-Merkel «5 anni di austerità hanno fallito»
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Un quadro chiaro e pulito su quanto accaduto fin qui in Grecia e su quello che potrà accadere, all'indomani del successo del "no" nel referendum. A farlo è Massimo D'Alema, intervistato da Serena Scorzoni a RaiNews24. Riportiamo di seguito alcune delle sue risposte, linkando al video della sua intervista dal sito dell'emittente tv.

 

d'alema

 

«La vicenda della Grecia deve essere considerata nell’arco di cinque anni: la crisi non è nata adesso, e non è Tsipras che ha falsificato i conti pubblici della Grecia e ha portato la Grecia sull’orlo del baratro. Lui è stato semmai il risultato di questa situazione, una reazione dei greci a una politica feroce di austerità, che muove, secondo molti economisti, da un’analisi sbagliata della crisi greca. Perché la crisi della Grecia non era una crisi di liquidità, come spiega oggi anche Mariana Mazzuccato, una delle economiste di maggior valore sulla scena europea, bensì migliorare la competitività della Grecia. E quindi la crisi non poteva essere affrontata senza una strategia di investimenti oltre che di riforme. Invece aver imposto alla Grecia tagli, riduzioni dei salari, licenziamenti dei dipendenti pubblici, tagli delle pensioni ha ridotto drasticamente la crescita delle Grecia, che ha perso il 27 percento della sua ricchezza nazionale nel corso di questi anni, e quindi il debito rispetto al Pil è cresciuto enormemente. Questa strategia dell’austerità ha determinato un’enorme sofferenza sociale, e non ha prodotto risultati. Bisogna cambiare la cura, se no muore l’ammalato».

Giornalista: «Chi ha avuto più responsabilità? Sembra chiaro…»

«Tsipras è arrivato adesso, non è stato lui ad accumulare i problemi della Grecia. È stato il risultato di una politica di austerità, che ha creato un’ondata di protesta sociale che ha premiato Tsipras. Anche il successo elettorale di Tsipras è merito dell’Europa, delle sue politiche di austerità. Io ritengo che si debba cambiare strategia, ho firmato un appello preparato da Stiglitz, Picketty, e fior fior di economisti progessisti, europei e americani. Non è una strana opinione mia, ma di una parte importante del pensiero economico, che ritiene che bisogna uscire dalle politiche di austerità, e promuovere politiche di crescita».

Giornalista: «Questo irrigidimento ci fa intendere che ci sia un’Europa del nord dei poteri forti e una del sud… La vede così?»

«C’è la politica tedesca che ha molto condizionato le scelte europee nel senso dell’austerità, però noi abbiamo visto che in questo modo l’Eurozona non funziona. In più, è evidente che sono emersi anche i limiti strutturali dell’Eurozona, cioè il fatto che un’area di moneta unica che non abbia un bilancio, delle risorse proprie, un’armonizzazione delle politiche fiscali, degli standard sociali… non funziona. C’è un problema molto serio di governance dei Paesi, di coordinamento. Tanto è vero che questo problema è stato posto recentemente nel documento dei presidenti delle istituzioni europee, e io spero che questa crisi ci spinga verso un processo di integrazione politica, che è la vera risposta strategica che occorre venga data. Altrimenti, si accentuano le diseguaglianze. Faccio un esempio: moneta unica, ma differenti livelli di competitività economica. In Germania il costo del denaro è bassissimo, anzi addirittura l’interesse è negativo. Quindi le banche tedesche raccolgono denaro dai risparmiatori tedeschi - per loro ha un costo bassissimo, quasi nullo – comprano i titoli della Grecia, che invece paga il 15 percento di tasso di interesse, e guadagnano una montagna di soldi. Quindi, cosa accade? Da un Paese povero come la Grecia enormi risorse si trasferiscono ad un Paese ricco, come la Germania, attraverso la differenza dei tassi di interesse. Il Paese povero si impoverisce sempre di più, il Paese ricco si avvantaggia sempre di più. Quando il Paese povero non è più in grado di pagare i debiti arrivano gli aiuti europei. Noi abbiamo dato alla Grecia 250 miliardi di euro, ma non per le pensioni dei greci, ma per pagare gli interessi alle banche tedesche, francesi e, molto parzialmente, italiane. 220 miliardi dei 250 miliardi di aiuti sono andati direttamente alle banche. In realtà quando si dice “Noi paghiamo le pensioni dei greci…”, no, in realtà noi paghiamo le banche tedesche. Questa è la verità, certo il denaro fa un giro, ma i greci non ne sentono nemmeno l’odore. Questo meccanismo non può reggere a lungo».

 

 

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