Tensione alle stelle con la Turchia

Perché l'abbattimento del jet russo apre scenari inquietanti nel mondo

Perché l'abbattimento del jet russo apre scenari inquietanti nel mondo
Pubblicato:
Aggiornato:

Non usa mezze parole Vladimir Putin, nel definire l’abbattimento del jet russo per mano del fuoco turco «una pugnalata alla schiena». Imprevedibile azione, per quanto tra i due Paesi non scorresse buon sangue ormai da diverso tempo, con i conflittuali interessi coltivati sul suolo siriano. La cronaca è inequivocabile: gli F16 di Ankara, questa mattina, hanno colpito un aereo di Mosca che volava lungo il confine tra Turchia e Siria. Il velivolo è poi caduto sul suolo siriano, nel nord ovest del Paese: i due piloti si sono sganciati fuori dalla carlinga lanciandosi col paracadute, per poi essere catturati dai ribelli. Uno è stato ucciso (come provato da alcuni video), mentre il secondo, ha affermato il presidente Putin, è vivo: è stato recuperato con un'operazione speciale nel corso della notte. «L’operazione ha avuto successo. Il pilota è già nella nostra base. È vivo e sta bene», ha detto il ministro della difesa Sergei Shoigu.

 

Mideast Turkey Syria Plane

 

Le reazioni opposte. E inequivocabili sono state anche le parole con cui la Turchia ha rivendicato l’azione: il velivolo, si sostiene, ha sconfinato nello spazio aereo di Ankara, ignorando i numerosi avvertimenti, 10 in 5 minuti, dell’aviazione rivale. Per questo sarebbe stato colpito. Diversa la versione di Mosca, secondo cui il Su-24 era di 3 chilometri dentro il confine siriano, a un’altitudine di 6mila metri. Così, ecco lo scontro odierno, preambolo forse di qualcosa ancora più grave, al termine di mesi difficilissimi tra i due Paesi: il caso più delicato, dove però si era evitata la tragedia, si è verificato il mese scorso, quando Ankara disse che un suo F16 aveva intercettato un aereo russo e lo aveva puntato in segno di sfida. Era stato risparmiato, non come era accaduto invece ad un drone mandato da Mosca, sempre colto a sorvolare i cieli turchi. Screzi e dispetti che si innestano sul turbolento scacchiere della Siria, dove Erdogan, uscito stravincitore dalle elezioni nazionali, non intende cedere il suo ruolo di anti-Assad, né di smettere di aiutare i ribelli. Fumo negli occhi per l’azione di sostegno al presidente siriano avvallata da Putin, alcuni giorni fa.

Il ruolo della Nato. Non è un’utopia vedere quindi un collegamento tra l’incidente diplomatico di oggi e il richiamo che due giorni fa la Turchia fece, quando pose l’attenzione sulla fuga dei ribelli turcomanni stanziati nel nord-ovest della Siria, colpiti proprio dai missili di Mosca. Per questo la paura è che il fronte possa sempre più irrigidirsi, con la Russia diretta nel sostenere Assad, e Erdogan intenzionato a continuare il suo scacco al regime di Damasco, dando mano forte ai ribelli e, tramite l’acquisto di petrolio, pure all’Isis. Ma la complicazione, ora, potrebbe essere ulteriore, allargando l’interesse dello screzio a tutto il mondo. Ankara ha ottenuto la convocazione d’urgenza del consiglio della Nato: se ci fosse una contromossa armata di Mosca, Erdogan sarebbe coperto dalla clausola di mutua assistenza.

 

https://youtu.be/SXCvwY69Trk

 

Per questo la scelta operata dall’aviazione turca potrebbe essere di altissimo valore strategico. Scrive Internazionale:

Nelle ultime settimane le trattative svoltesi a Vienna tra i paesi coinvolti nel conflitto e l’ondata emotiva causata dagli attentati di Parigi e dall’abbattimento dell’aereo russo in Sinai avevano fatto pensare a un riavvicinamento tra la Russia e l’occidente, nell’ottica di un’alleanza di fatto contro lo Stato islamico e della ricerca di una soluzione politica in Siria. La Turchia, che dopo la vittoria del partito di governo Akp alle elezioni del 1 novembre non ha alcuna intenzione di rinunciare all’obiettivo di rovesciare Assad, si è sentita aggirata dall’apertura della Francia nei confronti di Mosca. Così ha deciso di mettere i Paesi occidentali di fronte a una scelta: con una possibile escalation diplomatica o addirittura militare causata dall’abbattimento del jet russo, l’occidente dovrà scegliere se schierarsi con la Russia di Putin o con Ankara.

 

Turkey Election

 

I problemi in Crimea. Se non una guerra, è comunque abbastanza chiaro che un boicottaggio nei confronti di Mosca sia già in atto da tempo. Dopo le sanzioni comminate dall’Occidente alla Russia in merito alla crisi ucraina, sta per essere invocato anche un blocco della Crimea. Ad orchestrare il tutto è Kiev, che sostiene le istanze dei tatari, i musulmani sunniti turcofoni originari della Crimea. I tatari, che oggi rappresentano il 12 percento della popolazione della Crimea, nell’ultimo anno e mezzo si sono avvicinati sempre più al governo Poroshenko, promuovendo una campagna per il blocco della Penisola. Una proposta colta al balzo dagli attivisti ucraini, tra cui il Pravy sector che, iniziando a bloccare l’accesso al confine hanno ormai, di fatto, interrotto i rifornimenti verso la penisola. A questa situazione si aggiunge anche la decisione del governo di Kiev di sospendere “temporaneamente” il traffico merci da e per la Crimea.

??????????????????????????
Foto 1 di 8

Crimea Ukraine Electricity

??????????????????????????
Foto 2 di 8

Crimea Ukraine Electricity

??????????????????????????
Foto 3 di 8

Crimea Ukraine Electricity

??????????????????????????
Foto 4 di 8

Crimea Ukraine Electricity

??????????????????????????
Foto 5 di 8

Crimea Ukraine Electricity

??????????????????????????
Foto 6 di 8

Crimea Ukraine Electricity

??????????????????????????
Foto 7 di 8

Crimea Ukraine Electricity

??????????????????????????
Foto 8 di 8

Crimea Ukraine Electricity

Il blackout. Quella dello stop al traffico merci è una decisione che arriva proprio mentre in Crimea 2 milioni di persone, un numero pari a tre quarti della popolazione della Penisola, è al buio. Nella notte tra sabato e domenica una serie di esplosioni sui sostegni dei tralicci nella vicina regione ucraina di Kherson, ha causato l’interruzione delle forniture elettriche, che dipendono per il 70 percento dall’Ucraina. Il primo ministro della Penisola di Crimea, Sergey Axionov, è convinto che dietro alle esplosioni ci sia Kiev e che non si sia trattato di un incidente, bensì di un sabotaggio. Come riferisce il sito Russia Today nella zona si erano già verificati disordini con i gruppi paramilitari di destra di Pravy sector (settore destro), il partito nazionalista ucraino emerso negli scontri ei Euromaidan a fine 2013 e fondato definitivamente a marzo 2014. Stando alle foto circolate sui social network, sono state ritrovate bandiere tatare del Blocco Civile della Crimea vicino ai piloni danneggiati. Se venisse confermata la responsabilità di tatari e Pravy sector, il blackout rappresenterebbe un sabotaggio destinato a far aumentare le tensioni nell’area, e ad alimentare la propaganda anti-russa in Occidente.

La versione di Kiev. Kiev conferma l’esplosione ma sostiene di non conoscerne i responsabili: «L'inchiesta è in corso. Al momento non ci sono ipotesi, gli inquirenti sono a lavoro», ha dichiarato il portavoce del ministero degli Interni Natalia Stativko. Non è la prima volta che la Crimea viene messa al buio dall’Ucraina: già lo scorso dicembre, secondo quanto riporta la compagnia energetica ucraina Ukrenergo, Kiev ha più volte interrotto l'elettricità come gesto di ritorsione contro l'annessione alla Russia, e lo scorso venerdì due delle quattro torri di trasmissione di energia elettrica erano state danneggiate, pare, per colpi di arma da fuoco o da ordigni esplosivi. Inoltre, quando le squadre di pronto intervento avevano tentato di raggiungere il luogo, sono state bloccate dagli attivisti e militanti di estrema destra provocando violenti scontri.

Seguici sui nostri canali