La Lega assedia la città di Bergamo L'ultimo feudo rimasto al Pd
Il verdetto è netto e indiscutibile: Giorgio Gori ha perso e, con lui, tutto il centrosinistra, di fatto ormai ridotto al solo Pd. Eppure, analizzando i flussi di voto (sia per le politiche che per le regionali) in Bergamasca, è possibile tracciare una chiara linea di demarcazione: da una parte c’è la città, dall’altra la provincia. Se si parte dalla seconda, per i dem non si può che parlare di ecatombe.
L'ecatombe PD. Proprio nel senso letterale del termine, ovvero «sacrificio di più vittime», visto che il Pd ha mandato in battaglia armati giusto giusto di una fionda e qualche sassolino, contro dei veri panzer, diversi importanti esponenti del partito, come il segretario provinciale Gabriele Riva (battuto nell’uninominale di Treviglio per la Camera da Cristian Invernizzi della Lega di oltre 32 punti percentuali), il parlamentare uscente Beppe Guerini (battuto nell’uninominale di Treviglio per il Senato da Simona Pergreffi della Lega di oltre 35 punti) e la parlamentare uscente Elena Carnevali (battuta nell’uninominale di Bergamo città per la Camera da Stefano Benigni di Forza Italia di oltre 15 punti). Per non parlare di Giovanni Sanga, piazzato al terzo posto del listino proporzionale per la Camera e costretto a sperare in un miracolo. Che non è arrivato.
L'ascesa della Lega. Parallela a questa sconfitta totale del Pd, però, è anche l’ascesa impressionante della Lega. Anzi, la discesa, visto che dopo anni e anni di esilio nelle valli, il Carroccio s’è andato a prendere il resto dei territori di provincia. Anche laddove nell’uninominale la coalizione di centrodestra ha espresso un candidato di Forza Italia, infatti, in termini percentuali a vincere è stata la Lega. Ad esempio, nel collegio di Romano di Lombardia, dove s’è imposto Alessandro Sorte, la Lega ha preso il 37,75 per cento dei voti.
La caduta di Forza Italia. E ciò porta al terzo dato bergamasco di questa tornata elettorale da segnare con l’evidenziatore: la caduta di Forza Italia. Gli azzurri, che fino a qualche anno fa erano il traino del centrodestra, ora sono relegati a seconda forza della coalizione e sono addirittura dietro al Movimento 5 Stelle (che in Lombardia e soprattutto in Bergamasca continua a faticare) in termini di singolo partito. Gli unici risultati timidamente soddisfacenti, Forza Italia li ottiene lì dove riesce a proporre figure fortemente legate al territorio (lo dimostrano, ad esempio, le oltre 5.379 preferenze ottenute da Paolo Franco, segretario provinciale, alle regionali).
Il fortunato mix leghista. Quella del legame al territorio è, sin dagli albori, la strategia utilizzata dalla Lega, che infatti è sempre andata molto bene nei centri più piccoli e “dimenticati”, là dove è più facile intercettare i malumori e le necessità della gente. Lo ha rimarcato una volta in più Daniele Belotti, eletto alla Camera nel collegio uninominale di Albino con uno schiacciante 57 per cento: «Non siamo un partito di protesta, ma il partito della protezione e dell’identità». Cos’è cambiato, dunque? Un po’ la strategia della guida, con Salvini che ha scientemente deciso di abbattere i confini territoriali che imbrigliavano la comunicazione del Carroccio; un po’ il costante e perdurante allontanamento dalle rispettive basi di Pd e Forza Italia. Insomma, un sapiente e in parte anche fortunato mix di strategia e caso. Per la Lega, questo ragionamento vale anche a Bergamo città: nel 2006, il Carroccio sfiorava a malapena il dieci per cento; nel 2013 era all’undici per cento; oggi alle politiche ha...»