La manifestazione in via Luzzati contro Aler, che vuol «chiudere gli spazi di solidarietà»
Comitato inquilini e Unione Inquilini in piazza per dire no alla decisione di liberare entro il 30 novembre gli spazi oggi utilizzati per raccogliere beni di prima necessità e fare attività solidali
di Matteo Simeone
Tra le case popolari di via Luzzatti, a Bergamo, l'Unione Inquilini e il Comitato Inquilini si chiedono: «Aler che fa?». La risposta se la sono data gli stessi membri delle due reatà: chiude gli spazi di solidarietà. L’ente gestore degli alloggi in edilizia popolare ha infatti ordinato di «restituire i locali, liberi da cose o persone, riconsegnando le chiavi entro e non oltre il 30 novembre 2020», ora occupati dal gruppo di inquilini per fare opere di solidarietà.
Di quali locali si parla? Presto detto: si tratta di un ex negozio che si trova tra i numeri civici 7 e 11 di via Luzzatti. Un luogo da tempo non più utilizzato per fini commerciali e dal 2016 usato, grazie alla stessa concessione dell’Aler, come deposito di materiali quali abiti, generi alimentari di largo consumo e facile conservazione, suppellettili, oggetti per la casa e altri prodotti. Tutti questi beni vengono regolarmente distribuiti gratuitamente agli inquini in difficoltà di via Luzzatti e del quartiere grazie all'Unione Inquilini e al Comitato.
Per opporsi a questa decisione, si è quindi indetta una protesta. Un presidio al quale hanno partecipato una cinquantina di persone per ribadire la loro contrarietà a questa decisione. Vittorio Armanni, attivista del Comitato, ha parlato di come Aler «voglia chiudere uno spazio sociale di altissima qualità in un momento di pandemia come quello che stiamo vivendo. L’Aler, a Bergamo, è autore di una svalutazione di questi luoghi. La loro non sanificazione durante questa pandemia, nonostante Unione inquilini abbia sollecitato le autorità preposte, ne è la prova. Inoltre, l’ente gestore non ha preso iniziative per aiutare le famiglie in difficoltà a causa del Covid: abbiamo chiesto la sospensione del pagamento dei bollettini, ma non l’abbiamo ottenuto; così come è stata negata la riduzione dei canoni. Aler ha espresso un atteggiamento di insufficiente sostegno a luoghi e persone che si trovano in questi alloggi».
Dunque, di fronte a queste mancanze, la scelta di chiudere il magazzino di solidarietà ha fatto ancor più infuriare il Comitato e si sono quindi invitati i cittadini a dichiarare la non disponibilità a rendere questo spazio. Comitato e Unione chiedono che si possa proseguire in questa esperienza, che sia possibile continuare ad aiutarsi reciprocamente. Per farlo, «siamo disposti ad accettare lo sgombero – conclude il signor Armanni –, a patto di ottenere un altro spazio che sia negli stabili Aler o nelle immediate vicinanze. Un luogo in cui poter trasferire i beni che vengono donati e proseguire l’attività di mutuo soccorso».
Rita Rebecchi, segretaria di Unione Inquilini Bergamo, ha aggiunto: «È chiaro che il presidente di Aler, il dottor Danesi, con uno stipendio di centomila euro annui, non possa capire il disagio e la sofferenza delle famiglie che si rivolgono al Comitato per avere un po’ di cibo. Conosciamo bene la poca attenzione verso le problematiche dei meno abbienti, lo vediamo tutti i giorni agli sportelli. Unione inquilini Bergamo non fermerà le sue lotte e non starà in silenzio davanti a nessuna ingiustizia».
Insomma, si chiede di non uccidere una realtà condotta dagli inquilini in modo volontario, auto-organizzato e totalmente gratuito, che è stata di grande aiuto a tanti persone delle palazzine, come anziani e invalidi con pensioni al minimo, famiglie numerose o in grave disagio economico, soggetti economicamente fragili o impoveriti. Uomini e donne che in questo modo hanno potuto e possono a tutt’oggi ottenere gratuitamente dei vari prodotti di prima necessità. In vista del 30 novembre, data in cui i locali dovrebbero essere liberati, si sta organizzando un nuovo presidio di protesta.