La mappa mondiale degli antibiotici (a chi troppo e a chi nulla invece)
Una sperequazione mondiale: ci sono Paesi che ne hanno in sovrabbondanza, fino a poterne abusare, e altri che non ne dispongono nemmeno per le cure primarie. È il quadro preoccupante tracciato dall’Oms, l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, in un rapporto dedicato alla diffusione nell’intero globo degli antibiotici. Lo studio, oltre a uno scopo informativo, ha anche un fine educativo, poiché gli antibiotici utilizzati in modo inadeguato e inappropriato, sia in eccesso che in difetto, hanno un effetto avverso comune: lo sviluppo di antibiotico-resistenza. Un evento grave che non consente di curare efficacemente malattie come la polmonite tanto da poter diventare letale: inaccettabile nel terzo millenni.
Paese che vai “diffusione” che trovi. Potrebbe essere definita così la situazione che riguarda l’uso/abuso di antibiotici in 64 Paesi e regioni del mondo, descritta dall’Oms nel primo rapporto a tema per il biennio 2016-2018. Il documento evidenzia infatti problemi di diffusione opposti, con intere aree del globo in cui i medicinali sono scarsi o pressoché assenti e altre dove non si “bada a spese”, utilizzandoli anche quando non strettamente necessari. Se la bilancia della disponibilità antibiotica, dunque, pesa da una parte, l’effetto collaterale derivante da un uso in eccesso o in difetto è il medesimo: lo sviluppo di antibiotico-resistenza che in termini di salute si traduce nell’incapacità dell’organismo di rispondere in maniera pronta alla cura, vanificando l’efficacia della terapia.
Le Ddd. Con questa sigla abbreviata si definiscono le "Dosi definite giornaliere", un indicatore standard del consumo farmaceutico riferito al numero medio di consumo misurato su mille abitanti. Le Ddd, secondo i dati emersi dal rapporto dell’Oms, mostrano una variabilità estrema da Paese a Paese. Ad esempio, si riporta un minimo di 4 Ddd ogni mille abitanti al giorno nel Burundi e un massimo di 64 della Mongolia. In Europa invece, territorio di cui si dispone il maggior numero di informazioni, si registra un consumo medio di 17,9 Ddd su mille abitanti per giorno fino a rilevare un consumo quattro volte superiore nei Paesi in cui la disponibilità di antibiotici è maggiore rispetto a quelli in cui scarseggiano o dove l’uso è più basso. Come nel caso dell’Azerbaijan, area dell’ex repubblica sovietica con 7 Ddd per mille abitanti, rispetto all’opposta Turchia, dove il consumo è elevatissimo, 38 Ddd per mille abitanti. Non parliamo dell’Italia o della Francia, che si posizionano in termine di consumi ben oltre la media con le loro 26 Ddd rispetto, ad esempio, alla Germania, che conta solo 11 Ddd, al di sotto dei valori medi.
Gli antibiotici più abusati e le loro tre categorie. Sono diversi, ma il più diffuso in assoluto nel mondo è l’amoxicillina, impiegato spesso in associazione con l’acido clavulanico, che è anche quello raccomandato dall’Oms per il trattamento di infezioni fra le più comuni, come la polmonite. Si tratta di un farmaco importante, considerato essenziale, tale da dover essere sempre disponibile ogni qual volta necessario. In buona sostanza, l'amoxicillina figura nella lista dei farmaci “access”: in 49 Paesi, più del 50 per cento del consumo di antibiotici riguarda medicinali di questa categoria. L’elenco poi si completa con i farmaci “watch”, cui appartengono antibiotici ad ampio spettro come le cefalosporine, i chinoloni e i carbapenemi, indicati per un numero ristretto di infezioni come cistiti o bronchiti ma il cui consumo andrebbe ridotto per limitare/evitare il fenomeno dell’antibiotico-resistenza. A questa categoria di farmaci appartengono anche le prime disparità: il rapporto evidenzia un consumo con quantità basse pari al 20 per cento del totale di antibiotici usati e alti numeri che parlano invece di un uso uguale o superiore al 50 per cento in altre aree del globo. Infine ci sono i farmaci “reserve”, quelli da usare con ancora maggiore cautela, adatti al trattamento di infezioni provocate da batteri resistenti. Questi antibiotici includono, fra gli altri, la colistina e alcune cefalosporine e sono di norma scarsamente accessibili: usati nel 2 per cento dei casi rispetto al consumo totale di antibiotici nelle nazioni ad alto reddito e addirittura indisponibili in alcuni Paesi a basso reddito.
La doppia faccia della resistenza. Da un lato c’è l’abuso o l’uso improprio degli antibiotici che può sviluppare una resistenza terapeutica, dall’altro le ristrettezze dei Paesi più poveri in cui il fenomeno è invece innescato dall’impossibilità di completare correttamente il ciclo di terapia antibiotica o dalla somministrazione di farmaci di qualità scadente, mettendo talvolta a repentaglio la vita, dunque con un sensibile aumento dei tassi di mortalità a causa di una gestione di malattie infettive o infezioni fuori controllo. Le conclusioni del rapporto invitano le istituzioni sanitarie a esaminare la situazione antibiotica del proprio Paese, a consegnare un report aggiornato sul consumo-uso-abuso di questi farmaci e a studiare, laddove necessario, delle misure preventive/correttive o risolutive per arginare la situazione sia in positivo che in negativo al fine di far luce sui rischi dell’antibiotico resistenza, in molti casi limitabili. Fino a poter essere efficacemente evitate con un uso intelligente e appropriato.