Storia di una vendetta

La moglie morì investita da un'auto Oggi lui uccide il giovane alla guida

La moglie morì investita da un'auto Oggi lui uccide il giovane alla guida
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È una storia che pensavamo si potesse leggere solo nei romanzi di Balzac quella accaduta ieri a Vasto. Una storia che ha scosso e sconcertato tutta l’Italia. La vicenda è ben nota: Fabio Di Lello, titolare del panificio più noto della cittadina abruzzese, ha ucciso con quattro colpi di pistola Italo D’Elisa, 22 anni, che lo scorso luglio aveva travolto e ucciso Roberta Smargiassi, 34 anni, moglie dello stesso Di Lello. Il quale a delitto compiuto ha portato la pistola sulla tomba di Roberta e si è poi costituito.

Una vendetta cucinata a freddo, verrebbe da dire. Per Di Lello il tempo, invece di allentare il dolore, è stato come una goccia implacabile che ha fatto crescere l’ossessione per quella perdita e l’odio per chi l’aveva provocata. L’incidente era accaduto a un semaforo, che il ragazzo aveva passato con il rosso, travolgendo la ragazza. Italo D’Elisa si era fermato, aveva chiamato i soccorsi e non è stato trovato con tasso alcolico fuori dai parametri. Su di lui era partita un procedimento, con imputazione di omicidio stradale, e il 21 febbraio era prevista l’udienza preliminare. La giustizia, insomma, si era mossa, togliendo la patente al ragazzo, al quale è stata concessa solo la possibilità di muoversi in moto per andare al lavoro.

 

 

Un certo giustizialismo locale avrebbe voluto punizione immediata e più severa, tanto che a Vasto nei mesi scorsi è stata anche organizzata una fiaccolata, con larghissima partecipazione, per chiedere più severità nei confronti del ragazzo. La fiaccolata era partita proprio da quell'incrocio dove la donna era stata travolta. In prima fila il marito, il papà e altri familiari. Tutti chiedevano giustizia per la giovane donna che lavorava nel panificio del suocero, una delle panetterie più rinomate di Vasto. La breve intervista che l’avvocato di Di Lello ha rilasciato a molti siti è indicativa, anche per il tono usato, di un clima avvelenato oltre misura: secondo la sua versione il ragazzo avrebbe fatto lo strafottente con la sua moto nei confronti del marito della vittima, colpevole di aver mobilitato amici e cittadini attorno alla sua causa.

 

 

Ma il punto che l’avvocato sottolinea è che né Italo D’Elisa né la sua famiglia avrebbero mai chiesto scusa a Di Lello. Questa mancanza non solo ha scavato nella psicologia di Di Lello, portandolo a concepire la vendetta, ma è stata benzina gettata sul fuoco che covava a livello della comunità cittadina. Come ha denunciato, con parole sofferte, il Pm Giampiero Di Fiorio, è proprio sulla rete che si è innescato un clima d’odio nei confronti del ragazzo, il quale avrebbe reagito con una ribalderia davvero ingiustificata. «Vedo una gioventù malsana che non parla più e si affida a questi commenti spregiudicati. Sono forme di violenze anche quelle. Sono veramente stufo di queste comunicazioni in rete dove cova l'odio», ha detto il Procuratore capo. La rete funziona come una spirale, che fomenta l’irrazionalità istintiva delle persone. È un modello di comunicazione che vive di eccessi e che espelle ogni volontà di moderazione. Nel vocabolario del web, la parola “scusa” non si trova.

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