Intervista

La nuova grande sfida del sindaco Gori: «Terremo qui i giovani, gli daremo una casa»

Dall'accordo con l'Università per la Montelungo alle piante tagliate in città, fino alla sfida con la denatalità e la sua visione futura di Bergamo

La nuova grande sfida del sindaco Gori: «Terremo qui i giovani, gli daremo una casa»
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di Andrea Rossetti

Il dolcevita nero lo sfina molto (non che ne abbia particolarmente bisogno), ma soprattutto protegge la gola, che fa un po’ di bizze. Il sindaco Giorgio Gori ci accoglie nel suo ufficio di Palazzo Frizzoni a gesti. «Mi scusi, sono afono», commenta. Il meteo strambo del periodo non ha aiutato, ma forse c’entrano pure i festeggiamenti per essere riuscito, finalmente, a portare a compimento un progetto che, per Bergamo, è davvero enorme: la riqualificazione della Montelungo. Dopo l’ex Ote e lo stadio, la terza grande (davvero grande) opera della sua Amministrazione. E in tutti e tre i casi c’è da sottolineare il fondamentale apporto di esterni: il Cavalier Bosatelli nel primo, i Percassi e l’Atalanta nel secondo, l’Università in quest’ultimo.

Si può dire che lei è un sindaco molto fortunato.

(Ride, ndr) «Sì, molto, lo ammetto. Però bisogna pure costruirsela la fortuna, dai».

E l’accordo Montelungo-Colleoni-Accademia della Guardia di Finanza con l’Università è forse il miglior esempio di fortuna costruita, no?

«È vero. Non è stato per niente semplice. Cinque anni fa avevamo sostanzialmente definito un accordo a tre (Comune, Università e Cassa depositi e prestiti, ndr) che si basava su equilibri economici e una domanda di spazi dell’Ateneo oggi un po’ datata. Da allora l’Università è molto cresciuta, così come i costi. Sono emerse una serie di cose, non imputabili a nessuno, che hanno sbilanciato l’accordo iniziale. Da lì, trovare un altro equilibrio passando da “non si fa più niente” a raddoppiamo, anzi triplichiamo…».

Quindi ammette che si è rischiato che tutto saltasse.

«Be’, sì. Il rischio c’era, e pure elevato. E quindi prova, briga, forca, parla di qua, parla di là… Però alla fine, se ci siamo arrivati, è perché c’era la volontà di arrivarci. Sono stato fortunato, ma in questo caso, lasciatemelo dire, siamo stati pure bravi. Ci tengo a fare una precisazione, però: al momento è solo un’ipotesi di accordo».

Manca il via libera definitivo di Cdp, giusto?

«Esatto. Il 27 febbraio daranno il loro responso, che credo e spero sia positivo. Però è giusto non mettere pressione a nessuno. Detto questo, sono ottimista, molto».

Di chi è il merito?

«In generale, direi di tutti. L’Università fa un investimento veramente importante, noi ci mettiamo del nostro e Cdp ha accettato di venire incontro alle esigenze cercando di trovare una sostenibilità necessaria, visto che gestisce soldi pubblici».

Remo Morzenti Pellegrini, rettore dell'università di Bergamo

In che senso il Comune «ci mette del suo»?

«Nel senso che gli otto milioni che nel progetto iniziale avremmo dovuto usare per realizzare il Cus ora sono diventati 8,5 e serviranno invece per completare il tutto. Rinunciamo ai quattro milioni immediati derivanti dalla vendita della Montelungo, ne mettiamo 2,8 milioni per i costi di progettazione e ci impegniamo a reinvestire subito, in varie opere di contorno, gli 1,6 milioni di oneri. Il nostro pezzo lo facciamo, ecco. Infine, ma non meno importante, il ruolo che abbiamo ricoperto di “mediatori” tra le parti».

Si tratta di un investimento veramente grande anche da parte dell’Università.

«Soprattutto dell’Università, direi. Il merito maggiore, sinceramente, è loro: investono settanta milioni di euro, mica poco. Ci credono e questo significa che hanno condiviso una visione con noi».

È incredibile se si considera che appena due mesi fa sembrava tutto saltato...

«Sembrava. In realtà stavamo lavorando sotto traccia. Tutto questo ha richiesto mesi e mesi di lavoro e di trattative. Sebbene voglia molto bene a voi della stampa, ’sto lavoro mica si fa sui giornali!» (ride, ndr).

Passo dopo passo, l’Università si sta “comprando” la città.

«Meno male! Quale miglior soggetto potrebbe trasmettere energia positiva alla città? Una struttura che ha la conoscenza come suo “core business” e che chiama a raccolta da tutta Italia e pure dall’estero giovani: cazzo - scusate l’esclamazione -, cosa c’è di più bello, di più giusto e di più utile per la città?».

Ha definito la trattativa per arrivare a questo punto «diabolica».

«Eh, devo ammettere che Remo (Morzenti Pellegrini, il rettore, ndr) è un negoziatore micidiale. Ma lo dico in senso positivo. Io non sento di aver subito nulla, sono davvero contento del risultato ottenuto. Una cosa bella per l’Università e per la città».

È stata più dura la trattativa con il rettore o con l’Atalanta per lo stadio?

«Personalmente, devo dire con l’Università».

Quando dagli accordi si passerà ai fatti, Bergamo sarà finalmente una città universitaria?

«Al di là delle etichette, credo che, dati i numeri del nostro Ateneo, in parte lo sia già oggi. Però un conto è avere tanti giovani che “passano”, un altro è averne tanti che vivono qui, che vanno al cinema qui, che frequentano i bar della città, che determinano una domanda...

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