La più grande eredità di Lenin è la sua mummia (in gran forma)

Vladimir Il'ič Ul'janov, per tutti semplicemente Lenin, sta meglio oggi che 91 anni fa. A 54 anni, età della sua morte, il leader russo era già da diverso tempo in condizioni di salute precarie: due anni prima venne colpito da un ictus che comportò una parziale paralisi del lato destro del corpo; a dicembre fu colpito da un secondo attacco e dal marzo 1923 non fu più in grado di comunicare, fino alla completa paralisi e alla morte avvenuta il 21 gennaio 1924. Ma se oggi vi capitasse di visitare il mausoleo a lui dedicato nella Piazza Rossa di Mosca, dove è esposto il suo corpo, vi sembrerebbe di essere innanzi a un addormentato. La mummia di Lenin, infatti, è senza ombra di dubbio quella meglio conservata al mondo. Merito di anni di ricerca e studi, di generazioni di scienziati che hanno dedicato la loro vita professionale e i loro sforzi a fare in modo che il corpo del fondatore dell’URSS restasse sempre perfetto.
Il 22 aprile, Jeremy Hsu ha pubblicato un interessante rapporto sulla rivista Scientific American, in cui ripercorre l’ultimo e inatteso lascito di Lenin alla Russia e al mondo intero. Un lascito scientifico, relativo agli innumerevoli esperimenti e alle innovative tecniche che il Mausoleum Group (questo il nome dei tecnici impiegati nel Lenin Lab, il laboratorio di ricerca dedicato all’ex leader) ha usato e sperimentato per mantenere la salma in queste condizioni perfette. Proprio quest’anno, i funzionari di Stato russi hanno deciso di tenere chiuse le porte del mausoleo per dare la possibilità agli scienziati di preparare al meglio Lenin in vista della grande manifestazione che si è tenuta per il 145esimo anniversario della sua nascita. Il nome specifico dell’istituto che si occupa del mantenimento della salma, in epoca post-sovietica, è Center for Scientific Research and Teaching Methods in Biochemical Technologies di Mosca. Qui, un piccolo gruppo di 5 o 6 anatomisti, biochimici e chirurghi, formano il Mausoleum Group. Questo stesso team è talmente apprezzato per il suo lavoro che oggi si occupa anche del mantenimento di altre tre salme di grandi leader nel mondo: quella del vietnamita Ho Chi Minh e quelle dei nordcoreani (padre e figlio) Kim Il-sung e Kim Jong-il.
A differenza che nei classici sistemi di mummificazione, il Mausoleum Group non ha come interesse primo la conservazione del tessuto biologico (la pelle), bensì quella della forma, del peso, del colorito e della flessibilità. Alexei Yurchak, docente di antropologia presso l'Università della California, spiega: «In termini di materia biologica originale, il corpo è sempre meno quello che è stato realmente. Ma questo rende l’esperienza in questione assolutamente unica nel genere della mummificazione, dove solitamente l’obiettivo è conservare i tessuti biologici a scapito della forma del corpo, che invece cambia». Questo lavoro, fatto di ricerca, innovazione e dettagli, iniziò sin dai primi giorni successivi alla morte di Lenin: nonostante nelle sue ultime volontà avesse chiesto di essere seppellito, il suo corpo rimase esposto in Piazza Rossa per quasi due mesi. Il freddo aveva mantenuto la salma in buone condizioni e il numero di persone che venivano a porgere l’ultimo saluto al leader era incredibile. Si decise, allora, di tenerlo lì. Ma per evitare che il pellegrinaggio della popolazione fosse assimilato a un pellegrinaggio di tipo religioso, i funzionari governativi russi iniziarono ad affermare che del corpo se ne sarebbero occupati degli scienziati, con metodi di ricerca che avrebbero aiutato l’intera Unione Sovietica.
Negli anni, la maggior parte della pelle di Lenin è stata sostituita con un mix di paraffina, carotene e altri materiali. Ogni due anni la salma viene immersa in un bagno di glicerolo e potassio acetato per circa 45 giorni, un tecnica che, dicono gli esperti, permetterebbe la conservazione anche per i secoli a venire. Il Lenin Lab e il Mausoleum Group hanno affrontato e continuano ad affrontare, quotidianamente, sfide assai ardue. Tra queste, ad esempio, c’è stata quella di ricercare una sostanza in grado di sostituire la formalina per il mantenimento degli organi. Questa sostanza, infatti, va a scolorire nel tempo i tessuti. Per questo si è scelto di usare una tecnica innovativa, chiamata “Thiel soft-fix” o, più comunemente, plastinazione. È il metodo di conservazione ideato e brevettato dall'anatomopatologo tedesco Gunther von Hagens e diventata famosa nel mondo grazie alle mostre Body Worlds, che hanno girato il mondo. Essendo però una tecnica particolare, che andava a "irrigidire" il corpo, si decise di abbandonarla.
Ma la cosa più importante e anche più complicata da gestire per i tecnici sono i dettagli. Il pizzetto e i baffi sono quelli originali, mentre le ciglia sono state sostituite. Negli ultimi mesi hanno dovuto anche fermare “l’assalto” di particolari funghi e muffe, che avevano imbiancato parti di tessuti. Ogni settimana la salma viene analizzata con macchine all’avanguardia e sottoposta a test scientifici complessi per rilevare ogni minimo sintomo di disidratazione (principale nemica della mummificazione).
Il periodo di maggior splendore di questo incredibile apparato scientifico nato attorno alla salma di Lenin è stato il trentennio 1950-1980, quando si arrivò ad avere 200 persone impiegate unicamente nel lavoro di conservazione del corpo. Il punto più basso della sua storia, invece, è giunto nel 1990, quando la caduta dell’Unione Sovietica sospese anche il finanziamento al laboratorio. Allora, a salvarlo, furono dei contributi privati, provenienti anche dall’Occidente: il Lenin Lab è infatti uno dei più incredibili e avanzati centri di ricerca del settore. Gli sforzi e il lavoro dei ricercatori del Mausoleum Group hanno portato, negli anni, anche alla scoperta di nuove tecniche mediche. Lo ha confermato Alexei Yurchak in una ricerca, che ha scoperto come almeno due tecniche nate nel Lenin Lab siano oggi diventate di uso comune nella medicina mondiale. Questa è, probabilmente, la più grande e inattesa eredità che Lenin ha lasciato al mondo: la sua mummia.