Trasporti

La richiesta della Cisl: chiudere e-commerce per beni non essenziali

Antonio Scaini e Pasquale Salvatore della segreteria provinciale Fit Cisl chiedono di fermare il commercio dei beni che non sono di prima necessità

La richiesta della Cisl: chiudere e-commerce per beni non essenziali
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«Possiamo sopravvivere senza e-commerce». Fit Cisl di Bergamo chiede la chiusura delle realtà di e-commerce in provincia, della logistica e dei magazzini collegati, nei quali lavorano oltre 3000 persone, soprattutto personale “stanziale” costretto a turni massacranti. Ne parla un comunicato stampa della Cisl provinciale.

Personale sottodimensionato. Lavoratori che hanno il 50% di colleghi in malattia. Nelle realtà delle consegne a domicilio il personale è appaltato a cooperative, che a loro volta utilizzano spesso lavoratori somministrati. «Di vestiti, videogiochi, e cianfrusaglie varie si può fare a meno – hanno detto Antonio Scaini e Pasquale Salvatore della segreteria provinciale Fit Cisl – Della tutela della salute dei lavoratori certamente meno. In questi giorni, le principali aziende di distribuzione hanno deciso di interrompere l’attività: per Bartolini , Sda e Gls blocco totale. Amazon, invece, no. I sindacati hanno anche indetto lo sciopero dei corrieri per mancata applicazione del protocollo per il contrasto e il contenimento del Covid-19 negli ambienti di lavoro, ma l’azienda di Casirate ha annunciato che non sospenderà le consegne».

Garantire protezione individuale. «Le condizioni di lavoro all’interno dei magazzini di smistamento e spedizione non garantiscono il contrasto e il contenimento della diffusione del virus, prova ne è che alcune note aziende del settore anche in provincia di Bergamo hanno deciso di chiudere i battenti – hanno ribadito i sindacalisti della Cisl –  Ci sono aziende che fermano la movimentazione delle merci consapevoli dei rischi e dei propri limiti nell’adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e morale dei propri dipendenti. Troviamo magazzini con il 40-50% dei lavoratori in malattia, chi per evento patologico, chi per una giustificata paura nel praticare gli spazi aziendali dopo aver appreso di un collega ricoverato per coronavirus».

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