La scorta di Erdogan ha pestato dei manifestanti a Washington
Il discusso Presidente della Turchia ha visitato la Casa Bianca il 17 Maggio. Ad attenderlo però c'era anche un piccolo gruppo di manifestanti, che hanno organizzato una protesta di fronte alla residenza dell'ambasciatore turco a Washington.
La situazione turca. L'escalation autoritaria di Erdogan, con l'oppressione degli avversari politici e l'arresto nelle carceri turche di migliaia tra giornalisti, docenti universitari o semplici manifestanti, si è completata con il referendum costituzionale, che ha consegnato al nuovo "sultano" il controllo totale del Paese. La Turchia, che fino a qualche anno fa sembrava aver intrapreso un percorso di democratizzazione per potersi avvicinare all'Unione Europea, sembra ora più lontana che mai e sembra anche intenzionata a ripristinare la legge sulla pena di morte, da poco abolita. Non sorprende quindi sapere che la sua visita negli Stati Uniti abbia mobilitato alcuni manifestanti, che hanno deciso di protestare contro le politiche violente e antidemocratiche del presidente turco.
Cos'è successo a Washington. Un piccolo gruppo di manifestanti, a seguito della visita, si è riunito di fronte alla residenza dell'ambasciatore turco a Washington, mostrando alcune bandiere del PYD, Partito dell'Unione Democratica, un movimento curdo-siriano che viene considerato nemico dal regime di Erdogan. In patria i vertici del movimento e decine di membri sono ormai da mesi prigionieri nelle carceri turche, accusati pubblicamente di attentare alla stabilità della Turchia. Gli uomini della sicurezza, identificati grazie a un video come guardie del corpo di Erdogan, sembra abbiano reagito violentemente, scagliandosi contro uomini e donne e picchiandoli brutalmente. La pratica è piuttosto comune in Turchia, ma desta particolare sdegno perché svolta in un territorio straniero, a danno di cittadini stranieri, da forze di sicurezza sicuramente non legittimate ad azioni di questo tipo. La polizia americana è intervenuta per sedare gli scontri ma paradossalmente gli unici a subirne le conseguenze sono stati alcuni manifestanti arrestati.
This is the United States of America. We do not do this here. There is no excuse for this kind of thuggish behavior. https://t.co/WsIln8gOX5
— John McCain (@SenJohnMcCain) 17 maggio 2017
Le reazioni. La vicenda è molto spinosa, i rapporti tra USA e Turchia potrebbero risentirne pesantemente e forse anche per questo motivo non è stata data la giusta rilevanza a un episodio molto grave. Il Presidente Trump non ha commentato i fatti, preferendo conservare i buoni rapporti con un Paese alleato, ma il repubblicano John McCain su Twitter ha attaccato duramente le autorità turche: «Questi sono gli Stati Uniti d'America - si legge - Noi non facciamo queste cose qui. Non ci sono scuse per questo tipo di comportamento criminale». L'ambasciata turca si è difesa attraverso un comunicato che attribuirebbe ai manifestanti la causa degli scontri, spiegando che il servizio di sicurezza non avrebbe potuto far altro che difendersi. Eppure sono ben visibili nelle immagini alcuni civili, a terra inermi, venire colpiti brutalmente al volto dagli uomini in giacca e cravatta della scorta del presidente. Il capo della polizia di Washington, Peter Newsham, ha parlato di «un attacco brutale contro una protesta pacifica» e ha spiegato che l'intervento è stato particolarmente delicato in quanto alcuni degli uomini di Erdogan erano armati.