I dati dell'istituto Ixé Agorà

La strana inversione italiana I ceti medio-alti votano a sinistra

La strana inversione italiana I ceti medio-alti votano a sinistra
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Durante periodi di instabilità politica (ma almeno non governativa) come quello attuale, i sondaggi assumono grande interesse, per tastare al meglio il polso della cosa pubblica dei cittadini. Fra un Renzi che piace sempre meno, un Grillo che cambia, un Salvini in ascesa e un Berlusconi che chissà, l’istituto Ixé Agorà ha cercato di mettere un po’ di ordine, chiedendo agli italiani cosa pensino in questo momento dei partiti e dei leader italiani. Ne è emerso un quadro frammentato, con alcune inversione di ruoli storici che hanno a dir poco dell’incredibile.

 

 

Come stanno i partiti… Cominciando da un punto di vista generale sull’attuale consenso che i vari partiti riscuotono, il Pd si attesta, senza sorprese, come prima formazione politica del Paese, con il 34 percento degli italiani che se domani si andasse alle urne voterebbe democratico. Un po’ sotto lo storico 40 percento delle europee, certo, ma la salute di Renzi e soci è buona. Insegue, a distanza, il M5S, che invece conferma i numeri del maggio 2014 (22 percento circa). Al 15,6 percento ecco la Lega Nord, a confermare, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che quella di Salvini è una realtà politica ormai radicata e in buona parte apprezzata, indiscutibilmente primo partito del centrodestra italiano. Sfiora il 10 percento Forza Italia: una percentuale da brividi, se si guarda la storia elettorale del partito di Berlusconi, ma un poco confortante rispetto alle ultime uscite amministrative e regionali, dove gli azzurri si sono fermati ad un misero 4-5 percento un po’ ovunque. Si conferma ancora una volta, dunque, che il nome di Berlusconi, a livello nazionale, ha ancora un certo fascino sull’elettorato moderato. Sel staziona intorno al 4 percento e poco più, comunque abbastanza per entrare in Parlamento sotto il regime dell’Italicum, mentre è in lenta ma continua ascesa Fratelli d’Italia, anch’esso al 4 percento. Crolla vertiginosamente senza fermarsi il Nuovo Centrodestra, al momento sotto la soglia minima di ingresso parlamentare del 3 percento. Scelta Civica, allo 0,8 percento, lascia intendere una precoce scomparsa dalla scena politica italiana. In chiosa, occorre sottolineare che solo il 58 percento degli intervistati ha dichiarato di avere intenzione di andare a votare: un’ipotetica affluenza bassissima, dunque.

 

 

… e i loro leader. Spostando l’attenzione invece sulle figure di spicco dei principali partiti, primeggia insieme al suo Pd il Premier Matteo Renzi, che gode del favore del 33 percento degli intervistati. Positivo? Mica tanto, se si considera che un anno fa il gradimento per il leader democratico sfiorava il 70 percento. D’altra parte, il Premier, in seguito alle ultime amministrative, ha ammesso alcuni errori personali, e ha dichiarato di voler tornare il Renzi formato originario, lasciando perdere la versione 2.0 dell’ultimo anno. Chissà se servirà. Dietro al Matteo fiorentino, ecco quello milanese: al 23 percento degli intervistati Salvini piace, e anche parecchio. Il leader leghista riscuote un consenso personale superiore a quello del proprio partito, e la storia insegna come questa eventualità possa solo giovare in sede di elezioni politiche, attirando voti che prescindono dal credo di un partito ma che sono comunque calamitati dalla personalità del leader di turno. Dietro Salvini, di soli 3 punti, Beppe Grillo, mentre al 13 percento c’è Berlusconi, secondo un discorso analogo a quello fatto per il numero uno del Carroccio.

 

 

La clamorosa inversione di ruolo fra destra e sinistra. È sempre stata comune credenza che, secondo dettami di politica spiccia, le classi sociali meno ricche votassero a sinistra, mentre quelle più abbienti a destra. E in effetti, tendenzialmente, è sempre stato così. Ma è giunto il momento di rivedere tutto: secondo il sondaggio, infatti, oggi al Pd andrebbero per la maggior parte i voti dei ceti più elevati, mentre a Forza Italia, storicamente partito di imprenditori e classi medio-alte, guardano oggi i più indigenti. Numeri alla mano, infatti, i voti democratici proverrebbero per il 42,8 percento dal ceto elevato, per il 29,6 da quello medio-basso, e solo per l’8,5 dalle classi più deboli. Al contrario, il 27,2 percento di questi ultimi gradirebbe essere rappresentato in Parlamento da Forza Italia, mentre solo l’8,5 percento dei voti azzurri arriverebbe dalla upper class. Un’inversione di ruoli davvero inspiegabile. O meglio, si intuisce come l’essere non esattamente un uomo di sinistra tradizionale e classico di Renzi, nel modo di fare ma anche nelle politiche adottate, abbia avvicinato i più ricchi al mondo del Pd, mentre è difficile dare spiegazione della corrente inversa che dal centrosinistra si è spostata verso Berlusconi. Percentuali pressoché equivalenti in tutti gli strati sociali per Salvini, cosa d’altra parte comprensibile visto il profondo accento che il leader leghista pone su temi assolutamente trasversali (come immigrazione e tasse). Il M5S conferma di trovare terreno fertile soprattutto nel ceto medio-basso, non convincendo appieno chi è più ricco ma nemmeno chi fatica ad arrivare alla fine del mese.

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