In cinque punti

La strigliata del Papa ai vescovi

La strigliata del Papa ai vescovi
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Francesco, aprendo l'Assemblea della Cei, Conferenza episcopale italiana, ha tenuto un discorso dai toni molto risoluti. Ha dettato le linee di comportamento che un sacerdote, e ancor di più un vescovo, deve tenere. Quali sono i punti su cui Francesco ha rimproverato la gerarchia?

 

 

1) La coerenza - A piedi scalzi
Al primo posto ci sta la necessità di attenersi a stili di vita coerenti con le parole che si dicono e con le raccomandazioni contenute nel Vangelo. Il Papa vede ancora troppo lusso nel modo con cui tanto clero vive e perciò ha voluto usare l'immagine forte dell'andare a piedi scalzi. Se si è liberi da beni terreni si è più liberi di muoversi nel mondo. La sua scelta di lasciare l'appartamento e di vivere "monasticamente" nella stanza del residence non è stata seguita da nessuno. La chiesa italiana non sembra essersi registrata su una novità di atteggiamento che peraltro ha conquistato enormi simpatie alla Chiesa stessa.

2) La missionarietà - Uscire dall'ovile

La Chiesa italiana ricorre troppo a una "pastorale di conservazione". Il papa ha usato proprio questi termini, per evidenziare un atteggiamento che è tutto rivolto a presidiare gli spazi già occupati senza preoccuparsi del DNA missionario che è proprio del cattolicesimo. "Conservazione" perché la chiesa si preoccupa di presidiare quello che è già sotto il suo ombrello e non allarga lo sguardo a chi sta fuori. Non apre le porte, ma cura solo chi sta già nell'ovile.

 

 

3) La misericordia - Bandire la freddezza rigorista
No alla freddezza rigorista. È uno dei temi forti di papa Francesco, specie in questo anno dedicato alla Misericordia. L'esortazione apostolica Amoris Laetitia è un po' il testo bandiera per una chiesa magnanima, che non si atteggia con il bilancino morale rispetto agli uomini del suo tempo. Invece spesso la chiesa italiana è prigioniera di un legalismo etico, pur legittimo dal punto di vista di principio, ma che alla fine taglia i ponti con gli uomini e le donne di questo tempo. Il rigorismo è uno sguardo che esclude, ma la chiesa di Francesco è una chiesa inclusiva.

4) Lo sguardo al bene - Rompere l'autoreferenzialità

Troppa autoreferenzialità. «Quando il tuo battello comincerà a mettere radici nell’immobilità del molo – richiamava dom Hélder Câmara – prendi il largo!», ha ricordato Francesco. Le gerarchie della chiesa italiana sono chiuse in logiche tutte interne. Se la suonano e se la cantano, si sarebbe detto un tempo. Non hanno al centro il bene dell'uomo d'oggi, ma i propri equilibri e la gestione delle rispettive sfere d'influenza.

 

 

5) Il servizio - Contro il carrierismo
Il carrierismo. È l'altro virus contro cui Francesco ha puntato il dito. Troppe energie pastorali finiscono nella difesa della propria carriera ecclesiastica, trasformando la vocazione in un percorso professionale. Il modello dei preti di strada argentino, da lui cresciuti durante il lungo vescovato a Buenos Aires è molto chiaro. Stare tra le gente e nelle strade senza preoccuparsi del potere e delle posizioni da conquistare. Perché il potere toglie libertà. E rende ostaggi del mondo, anche se culturalmente si dà l'impressione di opporsi alle logiche del mondo. «La vanità, il potere…», ha ripetuto questa mattina alla messa di Santa Marta. «Quando ho questa voglia mondana di essere con il potere, non di servire, ma di essere servito, non si risparmia mai come arrivare: le chiacchiere, sporcare gli altri... L’invidia e le gelosie fanno questa strada e distruggono. E questo noi lo sappiamo, tutti. Tutto ciò accade oggi in ogni istituzione della Chiesa: parrocchie, collegi, altre istituzioni, anche nei vescovadi... tutti. La voglia dello spirito del mondo, che è spirito di ricchezza, vanità e orgoglio».

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