Il dramma

La toccante storia di Samira: «Massacrata di botte davanti ai miei figli. Mi sono ribellata»

La donna racconta gli anni passati con un marito violento e spesso ubriaco. La forza di scappare per liberare i suoi bambini

La toccante storia di Samira: «Massacrata di botte davanti ai miei figli. Mi sono ribellata»
Pubblicato:

di Andrea Carullo

«Sono disperata, non riesco a trovare un lavoro stabile… ho paura del pregiudizio». È questo il grido d’aiuto di Samira (nome di fantasia), donna tunisina che, nella sua giovane vita, ha già dovuto affrontare molte difficoltà. Il suo è un esempio di coraggio, un esempio di come l’amore di una madre è più forte di qualsiasi cosa. Ma è anche un esempio di quel clima d’odio che ormai sembriamo troppo abituati ad ascoltare ogni giorno perché ci tocchi veramente.

Samira è stata a lungo vittima di violenze. Sei anni fa ha seguito il marito, tunisino ma residente in Italia, raggiungendo Verona. Dapprima un matrimonio felice: l’inserimento nel nuovo paese, lo studio della lingua per potersi integrare, l’arrivo dei suoi due bambini. Poi le cose iniziano a peggiorare. Il marito comincia ad avere problemi di alcol e droga, sperperando i già scarsi introiti. Samira si propone di trovare un lavoro, ma non se ne parla: arrivano le prime botte.

«Una donna deve stare a casa e badare ai bambini, mi diceva - racconta Samira -. Cercai comunque di fare qualche lavoretto, ma poi non mi permise più nemmeno di uscire di casa. Così ero sua, così ero in trappola». Segue il trasferimento in Lombardia dopo uno sfratto e successivamente si verificano altre disgrazie: la loro prima abitazione va a fuoco e il figlio più piccolo mostra i primi segni di epilessia. Il clima in casa non è migliore e Samira, spesso e volentieri, diventa la valvola di sfogo di un “uomo” che ricaccia i suoi demoni sfogandosi su chi non può difendersi.

Cambiato nuovamente città, giunge anche un’effimera speranza. Dopo l’ennesima violenza subita, i vicini, spaventati dalle grida della donna, chiamano i carabinieri che intervengono e la portano via, ma la sua libertà ha vita breve. Samira non ha amici o conoscenti qui proprio a causa dell’isolamento forzato a cui il marito la sottopone, così è costretta a tornare a casa, nel piccolo monolocale a Torre Boldone dove si sono trasferiti e dove il marito passa il tempo, come racconta Samira, «sempre ubriaco».

L’uomo le fa sudare quella piccola fuga, riaccogliendola solo due giorni dopo tra rabbia e altre percosse. Ma Samira (...)

Continua a leggere sul PrimaBergamo in edicola fino a giovedì 21 settembre, o in edizione digitale QUI

Seguici sui nostri canali