La lettera

L'appello di un gruppo di genitori di ragazzi disabili: «I nostri figli si sentono abbandonati»

«Il lockdown è finito, ma non per loro che non possono uscire dalle strutture nemmeno per fare una passeggiata al parco, in mezzo al nulla. Sono seconde vittime. Abbiamo scritto ad Ats Bergamo, ma non abbiamo ricevuto risposta»

L'appello di un gruppo di genitori di ragazzi disabili: «I nostri figli si sentono abbandonati»
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In questi mesi si è parlato spesso delle Rsa (Residenze sanitarie per anziani), giustamente. Della loro gestione, dei loro problemi durante l'emergenza Covid, ma anche delle difficoltà odierne, nelle settimane post-crisi. Decisamente meno, invece, si è parlato delle Rsd, le Residenze sanitarie per disabili. Fortunatamente meno colpite dal virus (e dai decessi) nei mesi dell'emergenza, oggi vivono però le stesse problematiche delle Rsa, con i parenti isolati e lontani dai propri cari. Una situazione che, su persone così fragili anche mentalmente, può avere conseguenze gravissime. Per questo abbiamo deciso di pubblicare la lettera di alcuni nostri lettori genitori di ragazzi disabili che lanciano un appello alla Regione: fate in modo che anche i nostri figli possano tornare a vivere in una pseudo-normalità.

Siamo i genitori di ragazzi disabili ospitati in RSD e vorremmo rendere noto, a mezzo stampa, le nostre perplessità di fronte alla Delibera Regionale del 9 giugno “Atto di indirizzo in ambito sociosanitario successivo alla fase 1 dell’emergenza epidemiologica da Covid-19”. Dette perplessità, che sono state da noi rappresentate all’Ats di Bergamo, non hanno purtroppo ricevuto alcun riscontro.

Le misure previste dalla Regione Lombardia, invece di rappresentare il punto di svolta nella gestione emergenziale da Covid-19 per le case di riposo per anziani e disabili, riproduce nuovamente un groviglio di indicazioni dove ogni responsabilità sulla gestione organizzativa viene “scaricata” sul “Referente Covid-19” esonerando i vertici della pubblica amministrazione da ogni obbligo.

A nostro avviso vi sono numerose scorrettezze; prima fra tutte l’idea che per proteggerli serva l’isolamento dal mondo esterno, senza tenere in considerazione i danni derivanti da questo abbandono cui sono obbligati i nostri ragazzi da più 4 mesi.

I nostri figli, come i loro coetanei normodotati, hanno bisogno di libertà e urge trovare un’altra soluzione a questa “emarginazione” collettiva. Ovviare a questi disagi con le videochiamate/telefonate non è sufficiente perché i nostri figli, durante la videochiamata, ci vedono vicini pur se non lo siamo e non comprendendolo “sbattono” la testa o allungano le mani contro lo schermo del pc nel vano tentativo di avvicinarsi a noi, di toccarci, di essere con noi. Tanto meno le visite di mezz’ora in giardino, seduti a un tavolino con annesso plexiglass separatore per evitare il contatto fisico. Ecco, se i nostri figli sono in queste strutture forse c’è un motivo: che non capiscono, non sanno elaborare le informazioni del mondo circostante. Diversamente, non sarebbero interdetti o parzialmente interdetti; starebbero a casa con noi e uscirebbero a mangiare la pizza con i loro amici.

Il lockdown è finito, ma non per loro che non possono uscire dalle strutture nemmeno per fare una passeggiata al parco, in mezzo al nulla. Non è facile per noi genitori vedere che sono tristi, saperli smarriti in un mondo “chiuso” di cui non comprendono le regole.

Più che soggetti fragili andrebbero considerati come “seconde vittime” di scelte politiche opinabili, visto che il lungo periodo di inattività, di isolamento e di abbandono affettivo (di cui, per inciso, non si vede la fine), sta acuendo i loro problemi psico-fisici, sociali e relazionali con postumi evidenti ben più gravi dell’infezione da Sars-Cov-2. O forse le Istituzioni hanno certezza del fatto che il rischio Covid-19 sia maggiore del rischio da abbandono affettivo? È tale da essere notato che certi danni possono compromettere in maniera irreversibile il già delicato equilibrio psico-fisico di questi ragazzi.

Si auspica che le Autorità competenti garantiscano quanto prima agli ospiti delle RSD la medesima libertà di circolazione della popolazione comune, il diritto di poter ricevere visite e/o di rientrare in famiglia attraverso un percorso nel pieno rispetto della sicurezza e dopo attenta valutazione dei rischi sia per l’ospite che per la comunità.

Grazie ancora

Lettera firmata

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