Il sovrano morto a 91 anni

L'Arabia Saudita dopo re Abdullah

L'Arabia Saudita dopo re Abdullah
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Re Abdullah è morto. Il sesto re dell’Arabia Saudita era il sovrano regnante più anziano del mondo e aveva 91 anni. Un comunicato diffuso dal regno ha dato la notizia della sua morte e i funerali si terranno venerdì 23 gennaio nel pomeriggio. Era malato da tempo, e già agli inizi di gennaio si era saputo che una grave forma di polmonite lo aveva costretto alla respirazione artificiale. Ora al trono saudita gli succederà il fratellastro ottantenne Salman, mantenendo fede a quanto è sempre successo in casa Saud dove il trono si tramanda al figlio più anziano di Abdulaziz ibn Saud, padre fondatore della dinastia. Tuttavia Salman è anche lui affetto dagli acciacchi dell’età. Principe ereditario al trono è l’altro fratello Muqrin, 70 anni, ex capo dell’intelligence e da febbraio 2014 vice premier. In Arabia Saudita il re è il primo ministro e il suo vice di fatto amministra lo Stato.

La dinastia dei Saud, con Salman, rimane ben salda al comando del regno, anche se la morte di Abdullah arriva in un momento cruciale per l’Arabia Saudita, attraversata da una crescente protesta popolare anti-monarchica, soprattutto nelle zone orientali della penisola e al centro del dibattito sui diritti umani.

Storico alleato degli Stati Uniti, anche se più volte ha ufficialmente preso le distanze da Washington, re Abdullah ha sfruttato questa amicizia per far crescere di cinque volte l’economia del regno, che già rappresentava la maggiore economia del mondo arabo. Secondo i dati del Fondo monetario internazionale si è passati da un’economia di 163 miliardi di dollari nel 1996 a 778 miliardi previsti per il 2014. Gli Stati Uniti hanno subito espresso il cordoglio per la sua morte: il presidente Obama ha dichiarato che «la vicinanza e la forza della partnership fra i nostri due Paesi è parte dell'eredità lasciata da re Abdullah», e ha sottolineato come il sovrano saudita fosse convinto che la forza di questo rapporto bilaterale fosse fonte di stabilità per il Medio Oriente. Obama ha voluto anche ricordare «la vera e calorosa amicizia» che lo legava al sovrano scomparso.

Ricadute sul petrolio. I prezzi del petrolio, che nel complesso questa settimana erano scesi del 3,3%, appresa la notizia della morte del re, sono subito saliti, essendo l’Arabia il maggiore produttore al mondo, e c’è grande attesa per il futuro delle politiche petrolifere che il regno vorrà adottare. Il nuovo sovrano, infatti, a causa delle sue condizioni di salute (pare sia malato di Alzheimer) non sarebbe in grado di gestire gli affari del regno, dicono alcune fonti. Salman molto probabilmente manterrà la politica del suo predecessore, che punta a tenere bassi i prezzi del petrolio e a mantenere alti livelli della produzione. Ma quello che mercati e analisti attendono di sapere con ansia è se il nuovo re manterrà al suo posto Ali al-Naimi, l'attuale ministro del Petrolio, l'artefice, insieme al defunto re Abdullah, della politica di alte quote produttive del greggio. Ali al-Naimi è ministro del Petrolio dal 1995 e, secondo fonti ben informate, avrebbe già preannunciato la sua intenzione di dimettersi. Una decisione che re Abdullah aveva scoraggiato.

I futures sul petrolio hanno cominciato a salire del 3,1% a New York e del 2,6% a Londra. Il Wti con consegna a marzo è salito di 1,45 dollari a quota 47,76 dollari al barile a New York ed è stato quotato a 47,11 dollari a Singapore. È salito anche il Brent di 1,28 dollari a 49,80 dollari il barile all'Ice Futures Europe Exchange di Londra.

 

Saudi's intelligence chief Prince Muqrin bin Abdul-Aziz, brother of Saudi's King Abdullah, gestures during a news conference in Riyadh

 

Chi è il nuovo re. Il nuovo regnante è Amir Salman ben Abdulaziz al Saud. Si tratta del 25esimo figlio, in ordine cronologico, del fondatore dell'Arabia Saudita. È fratello del defunto re Fahad e di Nayef e Sultan, due principi ereditari prima di lui e fratellastro dell'ultimo re, Abdullah, in quanto i due hanno madri diverse. Ha avuto tre mogli, di cui due sono morte, e 13 figli. Dal 2012 ricopriva la carica di ministro della Difesa del regno, e prima ancora è stato governatore della capitale Riyadh per tre mandati, dal 1962. Da ministro della Difesa ha svolto un ruolo chiave nell'adesione dell’Arabia alla coalizione internazionale anti-Isis guidata dagli Stati Uniti.

Salman è considerato uno dei pilastri della famiglia reale, uno dei "sette sudairi", il numero dei figli maschi che sua madre Hassa ha avuto con il sovrano Abdulaziz. È entrato in politica di fatto nel 1954, quando terminò gli studi all'accademia reale saudita e grazie al fratello Nayef divenne governatore della capitale. Salman è considerato un moderato ma con una profonda comprensione delle istanze dei religiosi conservatori del regno wahabita, delle potenti tribù che hanno ancora un peso nella vita del regno e delle spinte che vengono dal crescente numero di giovani sauditi. Gli vengono riconosciute buone capacità diplomatiche, ma è anche noto per l'utilizzo delle maniere forti: fu ad esempio lui a ordinare nel 2011 un'azione contro i mendicati di Riad, facendo deportare quelli stranieri e costringendo quelli sauditi a seguire un corso di riabilitazione organizzato dal ministero degli Affari sociali. Salman riceverà il giuramento di fedeltà dei cittadini subito dopo i funerali del suo predecessore.

Muqrin, il principe ereditario. Oggi però gli occhi sono puntati più sul principe ereditario Muqrin, vista l’età avanzata di Salman e il suo precario stato di salute. Pare che già Abdullah avesse designato lui come suo successore, preoccupato per le cattive condizioni di salute del fratellastro. Ma Muqrin non è un saudita puro. Sua madre, infatti, è una donna yemenita che, prima di diventare la 18esima moglie di Ibn Saud, lavorava come cameriera. Con Salman malato, Muqrin potrebbe fare come Abdullah con re Fahd e governare di fatto, scontrandosi con la famiglia reale che lo vede come il figlio del peccato.

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Chi era re Abdullah. Il defunto re Abdullah, il cui nome per intero è Abdullah bin Abdulaziz, si ritiene sia nato nel 1924, anche se la data è incerta. Suo padre Abdul Aziz, fondatore del moderno stato saudita, ebbe 37 figli e Abdullah era il tredicesimo, avuto dall’ottava delle 16 mogli. La sua carriera politica inizia nel 1962 quando suo fratello Faisal, diventato primo ministro saudita quattro anni prima, lo nomina comandante della Guardia nazionale saudita. Vent’anni dopo re Fahd, suo fratellastro, lo nomina vice primo ministro.

In Arabia Saudita re Abdullah, secondo quanto riporta la BBC, era considerato un riformista. Nel corso degli anni ha concesso alle donne il diritto di voto e quello di candidarsi alle elezioni (quelle municipali che si svolgeranno in data da destinarsi). Ha inoltre assegnato a 30 donne un seggio nel consiglio della Shoura, il parlamento saudita che in tutto conta 150 seggi: tra loro due principesse, alcune attiviste per i diritti umani e laureate. La totale assenza della rappresentanza dei religiosi wahabiti gli è valsa le critiche di questi ultimi che considerano il cambiamento molto pericoloso per il Paese. Re Abdullah ha anche cambiato i programmi di studio, sottraendone il controllo al clero wahabita; ha costruito università e nuove città. Nonostante questo, è sempre stato un fervente islamista, sunnita aderente alla scuola wahabita e profondo avversario degli sciiti, in particolare dell’Iran.

Nonostante queste aperture, l’Arabia Saudita rimane uno dei paesi più conservatori al mondo, dove i diritti umani sono spesso un miraggio. Sebbene Abdullah abbia reso possibile la navigazione sul web a tre dei 18 milioni di sauditi, i dissidenti vengono puniti con frustate, incarcerazioni e pena di morte. In fatto di politica estera, forte anche dell’alleanza con gli Stati Uniti, il sovrano ha portato avanti scelte in chiave anti iraniana e anti Assad, appoggiando e finanziando con armi i ribelli siriani (inclusi gli jihadisti dell’Isis) in nome di un Medio Oriente sunnita. Inoltre, non ha mai fatto mancare l’appoggio alla repressione delle manifestazioni di protesta in Bahrein.

Le reazioni nel mondo. Messaggi di cordoglio per la morte di re Abdullah sono arrivati da tutto il mondo. Il primo ministro indiano Narendra Modi ha twittato: «Con re Abdullah abbiamo perso un'importante voce, che ha prodotto un duraturo impatto nel suo Paese. In questo momento di dolore i nostri pensieri sono con il popolo saudita, che ha perso nel re Abdullah una possente guida». Il presidente francese Francois Hollande lo ha salutato definendolo «uno statista la cui opera ha profondamente segnato la storia del suo Paese». Ma è in Medio Oriente che il cordoglio è più forte. In Giordania e in Bahrein sono stati proclamati 40 giorni di lutto nazionale, in Palestina tre. E i capi di Stato presenti al forum di Davos, tra cui il presidente egiziano Abdel al-Fattah al-Sisi e il re giordano Abdallah II, hanno abbandonato i lavori per partecipare ai funerali. In particolare l’Egitto ha diffuso un comunicato in cui c’è scritto che «il popolo egiziano non dimenticherà le storiche prese di posizione di re Abdullah». Con tutta probabilità in riferimento ai 20 miliardi di dollari che Riyad e le altre monarchie del Golfo hanno versato all’Egitto dopo la deposizione di Mohammed Morsi, per dare vita ad un’intesa strategica con Al-Sisi e per consentire ai Paesi arabi sunniti di prendere l’iniziativa contro i due maggiori avversari del momento: l’Iran sul fronte regionale e, su quello interno, i Fratelli Musulmani, che sebbene siano sunniti hanno preso esplicitamente posizione a favore dei movimenti di resistenza islamica sciiti, avviando una sorta di dialogo tra le due parti.

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