L'arresto dell'ex brigatista Narciso Manenti, la colpa e l'espiazione che attende
“Ciso” venne condannato all’ergastolo per l’omicidio dell’appuntato Gurrieri, fuggì in Francia dove si è rifatto una vita
di Angela Clerici
Monica Gurrieri, figlia dell’appuntato ucciso in quel terribile 13 marzo 1979 in Città Alta, alla notizia dell’arresto di Narciso Manenti ha commentato: «Finalmente giustizia è fatta».
“Ciso” Manenti, in quel maledetto, freddo pomeriggio di marzo aveva vent’anni. Insieme a un complice, già condannato a dieci anni di carcere, si recò in via Donizetti con l’intento di sparare alle gambe, “gambizzare” come si diceva allora, il medico delle carceri, Piersandro Gualteroni.
Era la “giustizia proletaria” in azione. Ciso e il complice infatti avevano aderito al gruppo “Nuclei armati per il contropotere territoriale”, un gruppo bergamasco che praticava la lotta armata terroristica, senza tuttavia appartenere alle grandi organizzazioni come Brigate Rosse e Prima Linea. Era un terrorismo di “basso profilo”.
L’organizzatore di quel gruppo venne pure arrestato e condannato durante il “processone” del 1982. Nei “Nuclei armati”, nonostante il “basso profilo” giravano pistole ed esplosivi. E non si può scherzare con il fuoco. Non è stato mai chiarito bene chi decise l’attentato a Gualteroni e perché. Gualteroni era un medico molto amato dai suoi utenti perché era una brava persona, in Città Alta lo conoscevano tutti, e anche in carcere non nascondeva la sua umanità.
In quel pomeriggio, un ragazzino, Ciso, e il complice (che aveva cinque o sei anni di più) raggiunsero in moto Città Alta. Entrarono nel cortile dove si trovava lo studio del medico, ma incontrarono il carabiniere, che si trovava lì per caso, aveva semplicemente accompagnato il figlio quattordicenne per una visita dal medico ed era sceso nel cortile a fumare una sigaretta. Il carabiniere si accorse che quei due giovani non erano normali pazienti e li affrontò.
Erano gli Anni di Piombo e il sospetto e la paura erano all’ordine del giorno. L’appuntato Giuseppe Gurrieri non era in servizio, ma aveva un alto senso del dovere. I due giovani davanti al carabiniere persero la testa, anziché svignarsela subito, uno dei due esplose cinque colpi di pistola. Nel 1981 si svolse il processo a carico dei due imputati, uno era presente, l’altro non c’era, era riuscito a scappare. Si rincorrevano le voci: dove si era nascosto il terrorista Manenti? Poi si venne a sapere che si trovava a Parigi. La giustizia italiana lo condannò - in sua assenza - in via definitiva all’ergastolo per omicidio nel 1984.
Fu l’unico assassinio accaduto in quegli anni tremendi nella nostra città, a causa del terrorismo. Ci furono dei ferimenti, ma in provincia. E degli attentati dinamitardi, in città. Bergamo non fu colpita come Milano o Roma o Torino. Ma tensione e paura erano palpabili anche da noi. L’omicidio del carabiniere Gurrieri sconvolse la nostra città...