Non è solo colpa del Covid

L'assessore Ghisalberti sulla Carrara: «Costretti a ridimensionarci per andare avanti»

«I costi dell’attuale allestimento sono troppo alti soprattutto per la sorveglianza. I lockdown hanno complicato le cose, ma il problema esisteva già»

L'assessore Ghisalberti sulla Carrara: «Costretti a ridimensionarci per andare avanti»
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di Paolo Aresi

Qualche volta bisogna avere il coraggio di ritornare sui propri passi e magari di ridimensionarsi. Nadia Ghisalberti nel parlare della situazione dei musei di Bergamo e, in particolare, della pinacoteca della Carrara non si tira indietro. La Ghisalberti è assessore alla Cultura e agli Spettacoli del Comune di Bergamo, al secondo mandato: è stata confermata nella giunta Gori dopo le elezioni dello scorso anno.

La notizia del ridimensionamento della Carrara ha colpito i bergamaschi.

«Lo capisco perché in genere si pensa a una continua crescita. Ma la realtà va affrontata e i costi di questo allestimento della Carrara sono troppo alti, bisogna intervenire. Il Covid ha complicato le cose, ma la situazione era comunque difficile».

Quindi che cosa succederà?

«Succederà che verrà diminuito il numero di dipinti in mostra, dagli attuali seicento a, probabilmente, quattrocento. L’allestimento sarà deciso da un’apposita commissione».

In che modo diminuire il numero di quadri aiuterà i conti della pinacoteca?

«Si libereranno spazi per le mostre. Attualmente le esposizioni si svolgono alla Galleria d’arte moderna e contemporanea. Di fatto si raddoppiano i costi di custodia e guardianìa, che sono ingenti. Anche la semplice riduzione delle sale occupate fa diminuire i costi di sorveglianza».

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Siamo arrivati a questa situazione perché il numero di visitatori è rimasto inferiore alle attese?

«Direi di no. Il numero di visitatori è di poco più basso del previsto. La nostra idea era che si potessero avere 60 mila visitatori all’anno. Nel 2019 sono stati 58 mila, escludendo le mostre temporanee. Il 2020 è un disastro, ma non c’è molto da commentare».

Le mostre organizzate non sono andate bene come si prevedeva.

«Secondo me, hanno invece hanno raggiunto gli obiettivi. Penso alla mostra su Raffaello che ha fatto 80 mila visitatori. Anche Peterzano era partito bene... ma dopo due settimane abbiamo chiuso tutto. Palma il Vecchio pure non aveva deluso. Il vero problema è l’entità dei costi fissi che non era stata considerata in maniera sufficiente».

Sembra che siate orientati a prestare molti dipinti all’estero, in Cina, per fare cassa. Non c’è il rischio di rovinare le opere?

«Quando la Carrara fu chiusa per i lavori, vennero effettuati prestiti verso Russia, America, Australia con benefici economici e senza conseguenze negative, anzi, si stabilirono rapporti importanti con altri musei. Facciamo lo stesso oggi, non penso ci sia niente di male, anzi».
L’allestimento del 2015 aveva rivoluzionato la pinacoteca portando in mostra ben seicento quadri, ora si vuole ridimensionare l’esposizione.

Non è un sacrificio dal punto di vista culturale?

«Il vecchio allestimento, quello tradizionale, era più selezionato; poi la commissione nominata per allestire la nuova Carrara decise che si doveva allargare l’esposizione. Ora, per ragioni di bilancio, si torna un po’ all’antico. Al tempo stesso faremo alcuni prestiti, per non tenere i dipinti inutilmente nei depositi e per realizzare un guadagno. Mi sembra ragionevole. Riguardo alla scelta più o meno stretta dei dipinti, dipende anche dal vento culturale del momento: in certe fasi si punta all’estensione, in altre si considera di più l’aspetto della qualità e della selezione. Ora propendiamo per questa seconda opzione». (...)

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