L’autopsia conferma la morte di stenti della piccola Diana (in attesa dell’analisi tossicologica)
Le cause del decesso sono chiare, ma resta da vagliare l’ipotesi che la madre abbia somministrato alla figlia del tranquillizzante; forse l’aveva già fatto nei giorni precedenti
L’autopsia sul corpo di Diana, piccola di un anno e mezzo deceduta perché abbandonata sola in casa per sei giorni dalla madre Alessia Pifferi, è stata fatta e non è emersa altra causa evidente di decesso se non quella dovuta agli stenti. Tuttavia, il medico legale che ieri, martedì 26 luglio, ha eseguito l’autopsia, si è preso ancora alcune settimane di tempo per concludere anche gli esami tossicologici. La domanda è se la bambina sia stata sedata, dato che in casa è stato trovato un tranquillante, l’«En», ansiolitico che la madre avrebbe ottenuto da un uomo che aveva frequentato e che ha confermato di aver lasciato alla donna il farmaco. Il tranquillante potrebbe esser stato messo nel biberon, mezzo vuoto, trovato accanto al corpo della bambina. Su questo fronte, la Procura di Milano ha chiesto alla Polizia scientifica di analizzare quel che restava del latte all’interno del biberon e anche di accertare l’eventuale presenza del dna della bimba sul beccuccio dello stesso.
Tuttavia, il sospetto degli investigatori è che la donna avesse somministrato le benzodiazepine non solo il 14 luglio, prima di allontanarsi e non fare ritorno fino al 20 dello stesso mese per andare dal compagno di Leffe, ma che anche nelle precedenti uscite serali e notturne. Bisogna aspettare ancora una decina di giorni per averne conferma. In caso di esito positivo, come rilevato dal gip Fabrizio Filice nelle 21 pagine dell’ordinanza di convalida del fermo, alla Pifferi potrebbe essere contestata anche l’aggravante della premeditazione con «dolo pieno». Per il momento, alla donna vengono date le aggravanti dei futili motivi e di aver commesso il reato di omicidio volontario nei confronti della figlia minore. Dopotutto, il quadro probatorio in generale è già chiaro, tanto che si arriverà già nei prossimi mesi a una richiesta di processo con rito immediato. La prospettiva più probabile è quella dell’ergastolo.
Intanto, la difesa, che ha visto un cambio di squadra in questi giorni, intende sottoporre Alessia Pifferi a una perizia «neuroscientifica e psichiatrica». I nuovi legali Luca D’Auria e Solange Marchignoli hanno affidato l’incarico per la consulenza ai professori Giuseppe Sartori e Pietro Pietrini. I due, in passato, si sono occupati di casi di omicidi molto rilevanti, tra i quali anche la strage di Erba. Attualmente, la donna è rinchiusa al carcere di San Vittore in regime di isolamento, come richiesto dal giudice per le indagini preliminari, e sorvegliata. Nel contempo non solo tra le bocche in paese, non solo nei commenti sui social, anche alla Procura a Milano stessa continuano ad arrivare e-mail di mamme scosse per l’accaduto, che non si capacitano del gesto e che arrivano a invocare il massimo della pena per la trentaseienne.