Tra aria condizionata e riscaldamento

Com'è che le donne hanno freddo e gli uomini, invece, sempre caldo?

Com'è che le donne hanno freddo e gli uomini, invece, sempre caldo?
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È guerra all’ultimo grado. Succede sempre in ufficio, in ogni stagione ma soprattutto in estate o in quelle "di mezzo": le donne si lamentano a causa dell’aria condizionata per il troppo freddo e. viceversa. i colleghi maschi per il caldo eccessivo. Con un unico risultato: una insoddisfazione generale che potrebbe ripercuotersi anche sulle performance lavorative. Una lettera apparsa su Nature, a opera di alcuni ricercatori del Nutrim, School of Nutrition and Translational Research in Metabolism of Maastricht, ovvero la University Medical Center in Olanda, chiarisce che la sensazione di freddo non è unisex ma che è maggiormente percepita dalla donne per questioni di metabolismo. E non solo.

 

 

Il problema è antico. La lotta per la regolazione della temperatura degli ambienti di lavoro ce la portiamo dietro almeno dagli Anni Sessanta, quando le "regole" climatiche indoor vennero fatte e pensate su misura dei maschi, la popolazione che a quell’epoca era lavorativamente più attiva, mentre le donne erano per la maggior parte casalinghe. Su questo assunto venne dunque calcolata una temperatura indoor ad hoc per un uomo di circa 40 anni e 70 chilogrammi di peso, valida ancora oggi, e che ha caratteristiche, esigenze e richieste ben diverse da quelle di una donna di pari età, ma con caratteristiche fisiologiche, specie di peso, sensibilmente differenti, generalmente molto inferiori. Sebbene lo studio abbia riguardato lavoratori statunitensi e proposto soluzioni adeguate a questa categoria di persone, le considerazioni possono essere applicate a grandi linee anche alla classe femminile lavorativa europea.

Una questione "metabolica". La prima risposta per la quale le donne sentono in ufficio più freddo, specie se sono esposte ad aria condizionata, sta innanzitutto nel metabolismo. Infatti, quello femminile è più basso e questo significa che il corpo produce calore meno velocemente rispetto a quanto avviene per il collega maschio, cui si aggiunge anche un fattore di stile. Di abbigliamento, più precisamente, poiché le donne indossano abiti molto più leggeri di giacca e cravatta, che contribuiscono a proteggere in qualche misura dal freddo. Due fattori che inducono, dunque, la donna a lavorare in un ambiente climaticamente poco accogliente e poco adatto alle proprie richieste fisiologiche. Sembra una questione da niente, quella climatica, invece diversi studi scientifici hanno dimostrato che la temperatura gioca un ruolo fondamentale persino sulla produttività del lavoratore, influenzandone la redditività.

 

 

La proposta. I ricercatori, dunque, suggeriscono una soluzione "produttiva" e climatica diversa, che tenga conto cioè della nuova e più elevata presenza femminile negli uffici così come degli aspetti metabolici e del tipo di abbigliamento della donna. Una attenzione, ben inteso, che va a vantaggio anche della resa e delle performance lavorative. Quale sarebbe, dunque, il grado di temperatura ottimale? Le più recenti ricerche stimano che dovrebbe aggirarsi intorno ai 75 gradi Fahrenheit, l’unità di misura ancora oggi usata negli Stati Uniti e in diversi altri Paesi, al posto degli attuali 70, che in gradi Celsius significherebbe innalzare le temperature indoor dai 21 ai 24 gradi circa. Il tutto a vantaggio anche dell’ambiente, poiché una temperatura interna ottimale avrebbe un impatto positivo sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica e dunque sul cambiamento climatico.

 

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