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Le eredi di Caprotti fermano i cinesi: «Esselunga non è in vendita»

Le eredi di Caprotti fermano i cinesi: «Esselunga non è in vendita»
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Una figlia con la tempra del padre, capace persino di smentire anche le sue volontà. Marina Caprotti, erede insieme alla madre Giuliana della maggioranza del Gruppo Esselunga (hanno il 70 per cento delle azioni, oltre al 55 per cento dell’immobiliare) ieri ha diffuso una breve nota interna a informazione di tutti gli oltre 23mila dipendenti per chiarire che non è in atto nessuna vendita (cosa che il fondatore Bernardo prima di morire invece aveva auspicato): «Desideriamo precisare a tutti Voi che l'Azienda non è in vendita».

Un'offerta inaffidabile. In realtà l’offerta era arrivata sul serio. Un’offerta sopra le valutazioni di mercato, di 7,5 miliardi, arrivata dalla Cina da parte della Yida International Investment (il 25 per cento in più del massimo della valutazione offerta lo scorso settembre dai fondi di private equity Blackstone e Cvc, che avevano valutato il gruppo). I due fratelli di Marina, figli del primo matrimonio del fondatore Bernardo, si erano fatti ingolosire dalla cifra e avevano fatto capire di essere disposti alla trattativa. Ma l’erede non ha ceduto alle lusinghe, anche perché il gruppo che si è presentato per rilevare il gioiello della grande distribuzione italiana (risultato lo scorso anno terzo per qualità in una classifica che comprendeva tutti i gruppi del mondo) era abbastanza inaffidabile.

 

Caprotti con la moglie Giuliana e la figlia Marina

 

Dietro gli investitori cinesi c’erano due mediatori italiani: Gigi Martini, storico giocatore della Lazio, ex presidente dell'Enav e amico intimo di mister Yida Zhang, e di Giulio Malgara, fondatore dell'Auditel, imprenditore attivo nella comunicazione e da lunga data amico della famiglia Caprotti. Questo aveva fatto pensare che la trattativa fosse destinata a buon fine. Invece sono sorti dubbi sul metodo: il gruppo cinese non aveva nessuna attività nel settore e si presentava con un’offerta (a scadenza 7 luglio) senza neppure aver fatto una due diligence di Esselunga. Per di più come ha rilevato Insider, il blog di Carlo Festa sul sito de Il Sole24ore, l’advisor scelto per un’operazione di queste dimensioni era del tutto inadeguato: lo studio Pettinelli di Venezia che non è presente nelle classifiche dei grandi studi. Il fondatore è un avvocato civilista, esperto di project financing, poco noto nel grande mondo finanziario milanese.

 

Marina Caprotti e il marito Francesco Moncada

 

Le volontà di Caprotti. Marina non vende. Almeno sinché non troverà l’acquirente affidabile e di qualità per Esselunga. «È troppo pesante condurla», aveva scritto il patron Caprotti nel suo testamento, «pesantissimo possederla. Questo Paese cattolico non tollera il successo. Occorre trovarle, quando i pessimi tempi italiani fossero migliorati, una collocazione internazionale. Ahold sarebbe ideale. Mercadona no». Il padre in particolare aveva raccomandato di scartare qualsiasi soluzione italiana, perché secondo lui sarebbe inevitabilmente finita nelle braccia delle Coop, suo irriducibile nemico più che concorrente. Invece Marina oggi sembra più orientata a mantenere la proprietà di un gruppo in salute che continua la sua espansione, come dimostra la recente apertura del primo supermercato a Roma. A spingerla è in particolare suo marito Fancesco Moncada di Paternò, che Bernardo stimava ma che aveva sempre tenuto ai margini del gruppo e che invece con Marina ha assunto la carica di amministratore non esecutivo.

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