Porta Sud

Le ferrovie finalmente vendono lo scalo merci, ma a Bergamo serve una "mini City Life"?

Già pronto il piano della Vitali elaborato dall’archistar Mangado. Resta da capire se oggi la città è in grado di sostenere un nuovo centro

Le ferrovie finalmente vendono lo scalo merci, ma a Bergamo serve una "mini City Life"?
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di Paolo Aresi

Sono più di trent'anni che ci pensiamo a trasformare l’area dello scalo merci della stazione di Bergamo in qualcosa di diverso, qualcosa che dia un respiro nuovo alla città. Che la renda più grande e più bella. Che cosa accadrà alla fine?

Intanto, venerdì 10 luglio è arrivata la notizia: le ferrovie vendono l’area dello scalo merci per 16,6 milioni di euro. Tanti, pochi? Si tratta di 128 mila metri quadrati, circa un ottavo di tutta l’area interessata dal cambiamento. Calcolatrice alla mano, la vendita avverrebbe a 131,7 euro a metro quadrato. Una cifra che per un operatore immobiliare si può definire interessante. È vero che parte dell’area andrà a verde, parte a servizi urbani diversi e a spazi di aggregazione. Ma è anche vero che se si costruisce bene, con qualità, si potranno ottenere abitazioni da vendere con prezzi di quattro, cinquemila euro a metro quadrato. E se consideriamo le cubature... Insomma, per un costruttore potrebbe rivelarsi un affare, una piccola City Life, come hanno fatto a Milano con la zona di porta Garibaldi, con i grattacieli, la piazza Gae Aulenti e via dicendo.

Il problema è di politica della città: che cosa vogliamo fare di quella che da tanti anni viene chiamata Porta Sud? Il famoso “salto della ferrovia”, la tanto declamata occasione di aprire una nuova era di sviluppo per Bergamo, addirittura una terza città dopo la storica Città Alta, la novecentesca città al piano (a parte i borghi). Il superamento della ferrovia come l’abbattimento delle Muraine in quel non troppo lontano, ma lontanissimo, 1901. La demolizione delle Muraine coincise con l’avvio del “riempimento” della città bassa. Pian piano, tra i borghi di Santa Caterina, di Pignolo, di Palazzo, di San Leonardo, si cominciò a costruire case e ad aprire strade che prima non esistevano. La via Camozzi, la via Angelo Mai e la via Paleocapa, la via Verdi... E, allo stesso tempo, si decise di dotare questa nuova città di un centro dignitoso: il famoso centro piacentiniano, progettato nel decennio della Prima Guerra Mondiale.

E oggi? Che cosa vogliamo da questa Porta Sud, dall’andare oltre la ferrovia, dalla vendita dello scalo ferroviario? Per chiarezza, diciamo che i 126 mila metri quadrati corrispondono all’ampiezza di circa quindici campi dal calcio a undici, regolamentari. Un bel territorio. Negli anni, idee e progetti di massima si sono moltiplicati. Forse le più antiche trattazioni risalgono ai primi anni del Secondo dopoguerra, quando ci si concentrava soprattutto sul cavalcavia che, da viale Papa Giovanni (allora viale Roma), avrebbe dovuto arrivare a via Gavazzeni. Cavalcavia di cui si parlò per mezzo secolo e che non venne mai realizzato: soltanto il sindaco Bruni riuscì a far prolungare il sottopasso della ferrovia, consentendo almeno a pedoni e ciclisti di raggiungere il campus scolastico, la clinica Gavazzeni e la Casa del Giovane senza dovere fare tutto il giro dell’oca, fino in fondo alla via Bonomelli e alla Malpensata.

Ora la questione si pone in maniera diversa, ora si parla della riqualificazione di una superficie che rappresenta una bella fetta di città con un piano di massima già pronto. Le ferrovie hanno indicato una cifra, uno spazio e anche una data: chi fosse dell’idea di farci qualcosa deve comunicare una “manifestazione di interesse” per il 7 settembre prossimo. (...)

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