A 8 mesi dal rapimento

Libia, la gioia dei due tecnici liberi e il mistero sui loro colleghi morti

Libia, la gioia dei due tecnici liberi e il mistero sui loro colleghi morti
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«È finita, è finita». Sono le parole di Gino jr, il figlio di Gino Pollicardo, uno degli ostaggi rapiti il Libia lo scorso luglio e di cui dalla mattinata di oggi si erano cominciate a diffondere le voci della liberazione insieme al collega Filippo Calcagno. In un primo momento la Farnesina ha usato tutte le cautele del caso, e la conferma della liberazione è arrivata solo poco fa. Che i due italiani fossero vivi era stato assicurato al Copasir dal sottosegretario con delega ai servizi segreti Marco Minniti, ma che Pollicardo e Calcagno fossero effettivamente liberi sembrava ancora presto per dirlo con sicurezza. Fino all'annuncio fatto dai famigliari di uno dei due tecnici, che hanno anticipato quello che la Farnesina ha tardato a ufficializzare.

 

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Finalmente liberi. La notizia della loro liberazione arriva il giorno dopo quella della morte dei loro colleghi e compagni di prigionia, e viene data dall’edizione online del quotidiano La Stampa. «Sono stati liberati questa mattina a Sabratha i due operai italiani ancora in mano all’Isis. Lo riferiscono fonti locali, manca però ancora la conferma ufficiale. Secondo le prime notizie Gino Pollicardo e Filippo Calcagno sarebbero in buone condizioni di salute», scrive il quotidiano aggiungendo che anche il presidente del Copasir, il senatore bergamasco Giacomo Stucchi, ha dichiarato ai microfono di Radio24 che anche a lui è arrivata la notizia e che sono in corso le verifiche del caso. Poco dopo il sito del Corriere pubblica quanto apparso sulla pagine Facebook del Sabratha Media center: la foto di un foglietto scritto a mano e in stampatello che recita “Io sono Gino Pollicardo e con il mio collega Filippo Calcagno oggi 5 marzo 2016 siamo liberi e stiamo discretamente fisicamente, ma psicologicamente devastati. Abbiamo bisogno di tornare urgentemente in Italia”. A corredo anche una foto dei due, pallidi, con lunghe barbe e capelli bianchi, dimagriti e visibilmente provati, che parlano al telefono. Stando a quanto riferiscono fonti di intelligence, Pollicardo e Calcagno, che sarebbero stati ritrovati in una casa alla periferia di Sabratha, a 70 chilometri da Tripoli, sono nelle mani della polizia locale e presto saranno trasferiti in zona sicura e presi in consegna da agenti italiani che li riporteranno a casa.

 

فيديو للايطاليين الذين تم تحريرهما

Pubblicato da ‎المركز الإعلامي صبراتة - Sabratha Media Center‎ su Venerdì 4 marzo 2016

 

L’uccisione di Piano e Failla. Rimane ancora coperta da un alone di dubbio, invece, la notizia dell’uccisione degli altri due ostaggi, Fausto Piano e Salvatore Failla. Nella giornata di ieri si erano rincorse una serie di informazioni e di ipotesi, ma nessuna ha avuto la conferma da parte della Farnesina. Piano e Failla, che in un primo tempo si era detto che erano stati usati come scudi umani durante i combattimenti di Sabratha, pare siano stati uccisi durante un trasferimento da parte dei loro carcerieri. Altre fonti sostengono che siano morti durante uno scontro a fuoco tra i militanti dell'Isis e le milizie di Sabratha. È un mistero cosa sia realmente successo, anche perché pare che tutti e quattro gli ostaggi sarebbero stati a un passo dalla liberazione dopo lunghe e difficili trattative avviate per il loro rilascio. Poi qualcosa deve essere andato storto.

 

Libia: Farnesina, forse uccisi 2 dei 4 italiani rapiti

 

La prova della vita e il raid americano. Circa un mese fa l’intelligence italiana aveva ricevuto la prova che tutti gli ostaggi erano vivi. Poi c’è stato il bombardamento da parte degli americani su Sabratha, il 19 febbraio scorso, che ha provocato 49 morti. Un raid che aveva come obiettivo un campo d’addestramento del Califfato che si credeva essere il covo in cui si nascondeva il tunisino Noureddine Chouchane, mente dell’attentato al museo del Bardo. La mossa americana si dice sia stata la causa scatenante di una nuova e pesante situazione di caos che ha fatto saltare tutto il lavoro di contatto fatto nei mesi precedenti, e con esso i contatti coi rapitori che pare avrebbero spostato gli ostaggi.

Cessione tra rapitori? Ma potrebbe anche essere successo che i quattro italiani siano stati ceduti ad altri rapitori. I tecnici della Bonatti, infatti, si riteneva fin da subito che fossero nelle mani di trafficanti di armi, petrolio e migranti, e pare che il riscatto per la loro liberazione fosse di circa dieci milioni di dollari. Probabilmente i rapitori, in seguito al caos scatenato dal raid americano, hanno temuto e hanno deciso di cedere gli ostaggi ad altri gruppi, forse legati in qualche misura all’Isis. Tutte circostanze che forse verranno chiarite una volta che i due sopravvissuti torneranno a casa.

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