Animale simbolo degli elvetici

Le mucche svizzere hanno perso Bocciato il referendum sulle corna

Le mucche svizzere hanno perso Bocciato il referendum sulle corna
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C’è un paese nel cuore dell’Europa che domenica è andato alle urne per dire la sua su questa questione: i proponenti chiedevano di poter inserire nella Costituzione un articolo per tutelare il diritto delle mucche a crescere con le corna. Il Paese è facile da indovinare: è la Svizzera. Un Paese che ha nelle mucche un animale simbolo. Il referendum promosso dai movimenti animalisti e ambientalisti che voleva scoraggiare una pratica diffusa tra gli allevatori svizzeri, quella di amputare le corna a mucche e capre è stato bocciato dal 55 per cento dei votanti. La Svizzera infatti ha un atteggiamento un po’ ipocrita sulla questione: sui dépliant turistici e anche le confezioni di cioccolato, le mucche appaiono sempre con le loro corna in mezzo a montagne e pascoli incontaminati. In realtà la stragrande maggioranza dei bovini viene privata di queste appendici, per evitare che le mucche si facciano male fra loro nelle stalle o feriscano gli allevatori. Le mucche senza corna sono anche meno ingombranti, in quanto possono essere ricoverate in stalle in spazi più stretti, a coppie.

 

 

La cosa non era stata mai digerita da un personaggio fuori dal comune. Si chiama Armin Capaul, fa l’allevatore nel Giura bernese, ha una folta barba bianca e dopo una gioventù passata sulle barricate della contestazione si è dato alla montagna dura e pura. È partito da solo con la raccolta di firme, utilizzando i risparmi della sua pensione. Poi ha strappato l’appoggio di gruppi ambientalisti. Il referendum prevedeva un sostegno finanziario agli allevatori di mucche e capre pronti a rinunciare a tagliare le corna dei loro animali. Il governo svizzero, che già versa contributi per incoraggiare il pascolo all’aperto e la libertà di movimento nelle stalle, aveva dato come indicazione quella di bocciare il referendum. Capaul non ha lanciato la sua campagna con slogan particolare. Si è limitato a raccontare la sua esperienza. «Parlo sempre con le mie mucche nella stalla», ha riferito all’agenzia internazionale France Press. «Mi hanno chiesto se potevo fare qualcosa per aiutarle a tenersi le corna. E mi sono detto che avevano ragione, che in una maniera o nell’altra qualcuno doveva fare qualcosa. Sono importanti per il sistema digestivo degli animali, le loro cavità servono come sistema di raffreddamento. E poi sono imbottite di nervi come dimostrano gli studi dell’Università di Berna».

 

 

La sua campagna solitaria ha fatto breccia poco alla volta sui media. Il primo passo lo aveva fatto nel 2013 facendo sfilare le sue mucche con corna nel centro di Berna. Allora consegnò le prime diciottomila firme per il referendum. Armin poco alla volta è diventato un personaggio da prima pagina: «In una settimana ho contato 176 articoli dedicati alla mia campagna». Alla fine di firme ne ha portate a casa ben 119.626. Cosa che gli ha permesso di portare alle urne i cittadini svizzeri. «Le corna fanno parte della mucca, non abbiamo nessun diritto di modificare l’aspetto fisico di questi animali», era lo slogan di Armin. Quindi è giusto adattare le stalle alle mucche e non viceversa come oggi accade. Che la questione fosse sentita lo dimostra il fatto che anche l’Unione contadina svizzera ha lasciato libertà di voto. È finita con la vittoria dei No. E ora Armin ha annunciato che tornerà ai suoi pascoli, con la moglie Claudia e i suoi figli. In mezzo a mucche felici e con le corna.

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