Dopo il 4 marzo

Effetto Macerata, ovvero una chiave per capire meglio queste elezioni

Effetto Macerata, ovvero una chiave per capire meglio queste elezioni
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Effetto Macerata: forse è questa una delle chiavi importanti per capire il cataclisma elettorale del 4 marzo. L’omicidio di Pamela Mastropietro da parte di un gruppo di spacciatori nigeriani, è qualcosa che ha segnato in profondo la coscienza collettiva. Un omicidio enfatizzato poi dalla vendetta folle di Luca Traini, il 28enne filoleghista di Tolentino, che ha ferito sei immigrati sparando all’impazzata in città. Sono stati giorni di violenta tensione in cui la questione dei migranti è emersa in tutta la sua crudezza.

I risultati a livello locale sono stati senza appello: in una zona abitualmente orientata a sinistra, il Carroccio ha guadagnato il 20,9 per cento dei consensi alla Camera e il 21,3 al Senato. Un risultato che ha permesso al candidato del centrodestra Tullio Patassini, di essere eletto staccando i grillini di oltre cinque punti nel collegio uninominale. Il Pd invece è finito al terzo posto con il 23 per cento dei voti. Ma non bisogna pensare che l’effetto Macerata sia stato soprattutto a livello locale.

 

 

Come era accaduto nelle elezioni del 2008 con l’omicidio di Giovanna Reggiani, violentata e massacrata da un muratore rom a Tor di Quinto, il delitto di Pamela ha segnato un punto di svolta nella campagna elettorale. Da quel momento in poi la Lega di Salvini è salita in sella, lasciando al palo Forza Italia, più prudente nell’affrontare il caso specifico di Macerata e più in generale la questione dei migranti. Lo si è percepito nei dati degli ascolti tv, quando la presenza del leader leghista raggiungeva share sempre maggiori rispetto agli altri concorrenti, Berlusconi in primis. Il delitto di Macerata infatti metteva all’ordine del giorno una doppia questione che ha fatto breccia nel corpo elettorale, legando il tema dei migranti con quella della sicurezza.

Due fattori attorno ai quali la sensibilità delle persone è altissima e di fronte alle quali la linea molto decisa ma non oltranzista come quella del ministro Marco Minniti (una linea molto più rigida di quella del suo predecessore agli Interni, Angelino Alfano) non ha fatto breccia. Candidato sempre nelle Marche, a Pesaro, Minniti ha subito una dura e imprevista bocciatura in un altro collegio tradizionalmente di sinistra. I sondaggi dopo Macerata avevano evidenziato un mutamento dell’elettorato, non tanto sulle scelte di voto quanto sulle preoccupazioni che più assillavano le persone.

 

 

Per il 31 per cento degli italiani quello dei migranti era il principale problema dell'Italia (dati Tecné del 15 febbraio). Per il 71 per cento la presenza di migranti nel territorio in cui vivono veniva considerata “molto elevata”. Per il 63 per cento degli intervistati l'aumento dei reati era direttamente legato alla loro presenza. E il 64 per cento giudicava in maniera negativa le politiche adottate dallo Stato in materia di immigrazione. Non sono bastati 15 giorni evidentemente per metabolizzare queste paure, per questo al momento di entrare nell’urna gran parte degli elettori ha tirato le conseguenze logiche, premiando chi era sceso in prima linea e senza mezze parole sui fatti di Macerata: cioè Matteo Salvini, netto vincitore del confronto sfida con Laura Boldrini in uno dei confronti elettorali con maggiori ascolti di tutta la campagna.

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