Sbarcano sull'isola di Chio

Quegli otto chilometri di mare fra la guerra siriana e l'Europa

Quegli otto chilometri di mare fra la guerra siriana e l'Europa
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A Chio, dove il gregge delle isole greche si estende nell’Egeo fino a toccare le coste turche, da mesi le acque del mare sono diventate la strada di migliaia di disperati, che fuggono dalla Siria e dall’Asia col sogno d’arrivare in Europa. Una giornalista del Wall Street Journal si è imbarcata su una delle navi della marina greca che soccorrono questi migranti e ha dedicato loro un reportage. Qualche numero per rendere l’entità del fenomeno: i profughi sono 4552 da inizio 2014, cifra raddoppiata rispetto ad un anno fa, e quasi decuplicata rispetto al 2012.

Storie difficili, in fuga. L’articolo del WSJ è una storia difficile di uomini che fuggono da stenti e violenze. Come Amer Khalif, che ha solo 23 anni e in mare si è tuffato dopo essere scappato dal suo Paese, reduce da mesi di guerra civile, resa ancor più sanguinosa dall’ascesa dell’Isis. «Aiuto, aiuto», grida appena vede qualcuno avvicinarsi. Le immagini mostrano tre uomini sperduti in acqua, attaccati solo ad un salvagente. Con una corda vengono caricati a bordo, e già quello può essere il passo decisivo: una volta in Grecia possono chiedere asilo all’Europa e così sperare in una vita migliore, puntando a Paesi come Germania e Svezia che possano offrire loro qualche opportunità professionale in più. «Yunan, Yunan?», chiede ai marinai, con la parola araba che significa “greci”. Non appena riconosce la bandiera ellenica sulle divise dei militari, la faccia di Khalif si alza al cielo in preghiera. Ce l’ha fatta.

 

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[Solo 8 chilometri separano la Turchia dalla Grecia.]

 

Un passaggio “facilissimo”. Dall’inizio del conflitto siriano sono più di 165mila i civili fuggiti in Europa. Il passaggio tra Grecia e Turchia rimane una via spesso molto battuta, questo sebbene il fiume Evros, corso d’acqua che divide le due nazioni sulla terra ferma, dal 2012 sia stato fortificato con un muro lungo 13 chilometri. Per questo, il passaggio dalle isole dell’Egeo è diventato la via più percorribile, e Chio è una delle isole più prossime alla costa turca: in alcuni punti ci sono solo 8 chilometri di distanza. Per gli scafisti è un affare: in poco più di mezz’ora di navigazione si arriva in Europa, spesso viaggiando con gommoni leggerissimi. E per essere sicuri che le navi greche non li lascino in acqua, i migranti vengono istruiti dai contrabbandieri a tagliare il proprio gommone una volta avvistati, così da essere soccorsi con più certezza.

Il battibecco Grecia-Turchia. Ad aggravare la situazione ci sono i tesi rapporti tra Grecia e Turchia, che sul problema si rimbalzano colpe e responsabilità. Il Wall Street Journal racconta di come le più semplici operazioni di marina non siano segnate dalla collaborazione, bensì dal sospetto. Così, se una nave greca vede col radar termico assemblarsi decine di uomini sulle coste turche pronti a salpare, dall’altro alto del mare non fanno nulla per fermarli, ma preferiscono discutere se la barca greca si trovi o meno in acque straniere. Dal fronte turco, però, Ankara ribatte sottolineando come, nel corso del 2014, abbia fermato almeno 11mila migranti pronti a salpare per la Grecia.

 

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Una nota di speranza. Ad attendere i migranti, comunque, c’è un campo allestito appena di fianco al porto: tre capanne ai margini di un parcheggio, un container trasformato in dormitorio, qualche tenda e due bagni chimici. Restano qui solo per pochi giorni, per poi essere trasferiti in un altro campo dell’isola.  Tra questi ci sono anche Muhammad Husein e sua moglie Asil, entrambi cresciuti in Siria. Lui ha studiato finanza e nel 2008 è finito a lavorare a Dubai. Lei, ingegnere alimentare, si è laureata due anni fa, ma non è riuscita a raggiungerlo poiché negli Emirati Arabi non gli davano la residenza. Poi la guerra ha scombussolato tutto: i due si sono dati appuntamento ad Istanbul con l’intento di fuggire in Europa. Hanno pagato 2400 euro a testa per salire su un gommone e approdare a Chio. La guerra distrugge tutto, ma spesso reggono le relazioni e il desiderio di una vita migliore: «Ce la faremo, forse andremo in Germania».

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