«Sono rattristata»

Lettera di una bibliotecaria bergamasca: «Ci trattano come un servizio non essenziale»

Praticamente in tutti i Comuni, le attività delle biblioteche sono ridotte al minimo. «Il mio stipendio è stato ridimensionato e molti progetti e programmi sono stati interrotti. La cultura, in Italia, occupa un posto secondario»

Lettera di una bibliotecaria bergamasca: «Ci trattano come un servizio non essenziale»
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Una nostra «affezionata lettrice», come lei stessa si firma, ci ha inviato una lettera per lamentare un problema di cui si parla poco in Bergamasca: la non riapertura delle biblioteche. Nonostante il lockdown sia finito ormai da tempo e praticamente tutte le attività siano riprese, sebbene con una "nuova normalità", questi centri della cultura e della socialità del territorio, da molte parti, sono rimaste chiuse o comunque hanno ridotto di molto gli orari di riapertura. E questo, oltre che creare evidenti problemi economici alle persone che nelle biblioteche lavoravano e lavorano (come la nostra lettrice, per l'appunto), rappresenta anche un impoverimento per il nostro territorio, avendo tolto alle comunità dei centri di aggregazione importanti, talvolta gli unici che ancora cercando di fare un po' di cultura per tutti. Ecco, di seguito, il testo della lettera che abbiamo ricevuto. Nella speranza che possa presto cambiare qualcosa.

«Cara redazione,

vi scrivo questa lettera in merito a un tema che in questi giorni sta diventando sempre più caldo: la riapertura delle biblioteche in Bergamasca (e non solo). Da qualche anno presto servizio come bibliotecaria in alcuni comuni della nostra provincia. Lavorare in questo settore è molto stimolante e soddisfacente: l’ambiente della biblioteca è molto dinamico e offre interessanti spunti di crescita. Da alcuni mesi a questa parte, però, il mio lavoro ha subito un drastico calo di ore.

Questo fatto mi rattrista, non solo perché (banalmente) il mio stipendio è stato ridimensionato e molti progetti programmati sono stati cancellati dal calendario, ma anche perché mi accorgo sempre più di quanto siano importanti le biblioteche al giorno d’oggi. In biblioteca non vengono solamente effettuati prestiti e sarebbe riduttivo dire che si tratta di uno spazio riservato a chi ama leggere. Una biblioteca è molto più di questo. È uno spazio aggregativo, di crescita culturale e interculturale; un punto di riferimento fisso per la vita di un paese. I servizi gratuiti ai quali un cittadino può accedere sono innumerevoli, a cominciare dal fatto che la connessione internet è a disposizione di tutti gli utenti senza pagamenti o abbonamenti da parte degli stessi. Questo fatto, apparentemente banale, permette anche a chi non può disporre di una connessione domestica di poter accedere ai servizi della rete. Pensiamo, ad esempio, a chi ha necessità di trovare un lavoro e vorrebbe rispondere agli annunci online ma in casa non ha un computer. Potrebbe farlo attraverso la biblioteca, ma se non è possibile accedere alle postazioni l’operazione di ricerca del lavoro potrebbe andare incontro ad un drastico rallentamento.

E che dire delle sessioni di esami estivi? Chiudendo le biblioteche, non si permette agli universitari (e non solo) di studiare nel più completo silenzio. Anche il reperimento dei testi è fortemente rallentato, perché i volumi vengono sottoposti a lunghissime quarantene (a volte per più di due settimane), fatto che non accade in nessun altro ambito (ed è tanto più assurdo se si pensa a operazioni giornaliere come lo scambio di denaro). Alcuni Comuni, con le dovute precauzioni, si sono organizzati per permettere una ripresa dei servizi in totale sicurezza, dando la possibilità, ad esempio, di prenotare le postazioni per lo studio. Ma perché la maggior parte delle biblioteche riduce i servizi al solo prestito?

È veramente triste constatare che in un Paese come l’Italia la cultura occupi spesso un ruolo secondario, talvolta definito “non essenziale”. Mi chiedo davvero se siamo arrivati al punto di decretare la non essenzialità della biblioteca».

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