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Con il caso diamanti l’ex Creberg umilia gli investitori e la sua storia

Con il caso diamanti l’ex Creberg umilia gli investitori e la sua storia
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«Tranquilla, è un investimento più sicuro delle azioni questo»: è quello che disse un dipendente della filiale del Banco Bpm (ex Credito Bergamasco) di Piazza Pontida, qualche anno fa, a un’anziana signora intenzionata a investire parte dei propri risparmi. Voleva comprare delle semplici azioni, lei. Non sognava grandi guadagni, soltanto qualcosa che le permettesse di far crescere, anche di poco, quelle somma che tanto aveva faticato a mettere da parte. Oggi, invece, si trova con un pugno di mosche in mano. La banca, infatti, la convinse a comprare un diamante.

 

 

Questa è solo una delle tante storie di risparmiatori bergamaschi rimasti fregati dal cosiddetto “bidone diamanti”. Si parla di oltre un migliaio di persone coinvolte, molte delle quali (quasi cinquecento) hanno partecipato all’incontro organizzato da Federconsumatori Bergamo il 29 maggio scorso nella sede di via Garibaldi. Tutti si sentono truffati, anche se l’inchiesta milanese per truffa e riciclaggio è partita soltanto a gennaio ed è ben lontana dall’appurare, dal punto di vista legale, come siano andate le cose e quali siano le reali responsabilità. Quel che è certo è che tutte queste persone hanno investito i propri soldi nell’acquisto di pietre preziose il cui valore si è poi rivelato ben più basso (anche di un terzo) delle cifre sborsate.

La questione non è nuova: portata a galla nell’ottobre 2016 da un’inchiesta di Report, proprio noi di BergamoPost ce ne siamo occupati a lungo in questi anni, perché tra gli istituti coinvolti, il Banco Bpm è quello più esposto, e lo è soprattutto per aver inglobato l’ex Creberg, che sugli investimenti in diamanti dei propri clienti ci ha guadagnato cifre importanti. Infatti, sebbene formalmente la banca ricoprisse soltanto il ruolo di «intermediario» tra i possibili investitori e la società venditrice delle pietre, in questo caso da Intermarket Diamond Business (Idb), i documenti e le testimonianze raccolte hanno dimostrato come l’istituto incassasse addirittura il 18 per cento da ogni transazione, una percentuale elevatissima che ha portato i vertici della banca a dare indicazioni ben chiare agli “sportellisti”: fare di tutto affinché la gente comprasse diamanti.

La situazione che riguarda Banco Bpm è la più delicata. A differenza degli altri istituti coinvolti nel “bidone diamanti” (e soprattutto nelle indagini della Procura di Milano), infatti, Bpm ha deciso di non rimborsare...

 

Per leggere l’articolo completo rimandiamo a pagina 7 del BergamoPost cartaceo, in edicola fino a giovedì 13 giugno. In versione digitale, qui.

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