Docureality su Raidue, polemiche sul web

Lo show dei giovani ricchi in tivù (ma i padri dove sono finiti?)

Lo show dei giovani ricchi in tivù (ma i padri dove sono finiti?)
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Sono i “rich kids”, i rampolli di famiglie ricche, ma ricche sul serio. Un tempo insieme ai soldi ricevevano alcune elementari regole di opportunità e buon gusto, per cui si proteggevano con una privacy rigorosa.  Oggi siamo invece in era di social e di ostentazione, per cui i “rich kids” invece di godersi le loro ricchezze lontani dai riflettori, si autoespongono sul mondo, raccontando per filo e per segno la loro vita da nababbi. Instagram, tante immagini e poche parole, è il loro social preferito. E proprio partendo da Instagram un autore televisivo, Alberto D’Onofrio è andato a rintracciarli convincendoli a comparire in un docureality che è andato in onda su Raidue lunedì e che ha scatenato un’infinità di polemiche sul web.

 

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A photo posted by Giovanni Santoro (@gio_santoro) on

 

L’idea è frutto della nuova direzione di Rai2 affidata a Ilaria Dallatana, persona che conosce a menadito il linguaggio televisivo e che ha un bel piglio contemporaneo. Quattro under 30, Alberto Franceschi figlio di un imprenditore veneto dell’abbigliamento; Camilla Lucchi, figlia di un’altra famiglia di imprenditori del nord est nel settore dei marmi; Federico Bellezza, torinese, rampollo di un imprenditore nella filiera dell’automobile; e Gianni Santoro, italiano con base a Londra, che lavora nel mondo dei procuratori di calcio e che alla sua ricchezza aggiunge quella di una facoltosissima fidanzata russa (racconta: «Indosso collane e braccialetti d'oro. Mi piace talmente tanto l'oro e il suo colore che ho deciso di colorare tutte le mie macchine (Ferrari, Maserati... ndr) d'oro».

Il programma era previsto in una sola puntata che ora è visibile sul podcast della Rai. Del resto una seconda puntata era difficile prevederla senza provocare un’insurrezione di giornali e dei social.

In realtà la trasmissione si limitava a fare il suo dovere, e a rendere conto dell’imbarazzante esibizionismo di una categoria di super ricchi che non sono solo una specialità italiana. «Si tratta di un fenomeno sovranazionale che esiste (anche in Italia) e che noi abbiamo provato a fotografare in forma di documentario», ha spiegato la direttrice a Ilaria Dallatana. «La nostra è una produzione sobria per raccontare gente che sobria non è per niente. Non li abbiamo esaltati e non li abbiamo demonizzati: l’approccio è stato quasi scientifico».

 

My little Sophie

A photo posted by Alberto Franceschi (@albertofranceschi) on

 

Ne è nato uno spaccato tra lo scandaloso e l’imbarazzante, di gente che a 20 anni può permettersi tutto, persino di rivestire di velluto nero la propria Maserati. O di avere un cuoco che tutti i giorni arriva a casa a cucinare, anche per il cagnolino, servito a tavola, naturalmente. Insomma, un autentico insulto alla miseria e al buon gusto. Ma indignarsi non serve molto. Questi “rich kids” hanno decine di migliaia di follower su Instagram, scatenano vere valanghe di invidia, ma alla fine sono figli della nostra epoca. Quando Federico Bellezza sfreccia per Jesolo con la sua macchina di velluto, sono più i gridolini di ammirazione e le richieste di selfie che le reazioni indignate.

Viviamo in un mondo che ha idolatrato la ricchezza e quindi è difficile pensare che le persone normali, pur alle prese con le sofferenze di questa infinita crisi, demonizzino i ricchi. Semplicemente prendono atto e guardano a quel mondo come si guarda ad un set di Hollywood, uno spazio ai confini tra la favola e la realtà. Certo, fossimo nei panni dei genitori di quei ragazzi che hanno accettato di mettersi in mostra, qualche sberlone (come minimo) sarebbe volato. Invece possiamo esser sicuri che nessuno li ha redarguiti. E questo forse è il vero problema.

 

#WalkingAround #ShoppingInCannes

A photo posted by CAMILLA LUCCHI (@camillalucchi_) on

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