«Io penso ai cattolici che hanno sofferto»

Lo storico accordo tra Papa e Cina

Lo storico accordo tra Papa e Cina
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«Se il governo non fosse comunista e rispettasse la libertà religiosa, non ci sarebbe bisogno di trattare. Perché avremmo già ciò che vorremmo…». Così il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano e paziente cucitore dei rapporti con Pechino, aveva risposto nei giorni scorsi a chi gli contestava gli storici accordi firmati con la Cina il 22 settembre. Per la prima volta dopo tanti decenni, grazie a quella firma, tutti i vescovi in Cina sono in comunione con il Vescovo di Roma. «Papa Francesco, come i suoi immediati predecessori, guarda e si rivolge con particolare attenzione e con particolare cura al popolo cinese - ha spiegato Parolin -. C’è bisogno di unità, c’è bisogno di fiducia e di un nuovo slancio; c’è bisogno di avere pastori buoni, che siano riconosciuti dal Successore di Pietro e dalle legittime autorità civili del loro Paese».

 

 

Quali sono le novità più importanti previste da questo accordo definito “provvisorio” in quanto la sua tenuta sarà verificata da un periodico controllo del rispetto dei patti? Il principale risultato è che, d’ora in poi, tutti i vescovi cinesi saranno ordinati in piena e pubblica comunione gerarchica con il Papa. Si potranno così rimarginare le ferite causate dalle ordinazioni episcopali forzate senza consenso pontificio, amministrate in Cina a partire dal 1958. In compenso il Papa ha riammesso alla piena comunione ecclesiale i sette vescovi cinesi che in passato erano stati nominati e ordinati senza il consenso della Santa Sede. Un altro aspetto importante riguarda le diocesi: il Vaticano ha riconosciuto quella di Chengde, che non esisteva finora nella lista delle diocesi cattoliche riportata nell’Annuario pontificio visto che era stata fondata su input delle autorità cinesi nel maggio 2010 per far coincidere le diocesi con le strutture amministrative provinciali. Dall’altra parte, per la prima volta i governanti cinesi accettano il principio che le nuove circoscrizioni ecclesiastiche vengano elette dalla Santa Sede, riconoscendo in questo modo l’autorità del Papa nella creazione delle diocesi in territorio cinese.

 

 

È un accordo di importanza storica, al quale avevano lavorato anche i predecessori di Francesco. Che, tornando dal viaggio nelle repubbliche baltiche, ha voluto parlare della questione con i giornalisti. «Io penso alla resistenza, ai cattolici che hanno sofferto - ha detto -. È vero, loro soffriranno. Sempre, in un accordo, c'è sofferenza. Ma loro hanno una grande fede e mi scrivono, mi mandano messaggi per dire che quello che la Santa Sede, quello che Pietro dice, è quello che dice Gesù. La fede martiriale di questa gente oggi va avanti. Sono dei grandi». Poi ha voluto raccontare anche un aneddoto molto efficace. Nelle settimane scorse, quando si era sollevata la bufera per la lettera dell’ex nunzio Viganò che chiedeva le dimissioni del Papa, erano arrivati in Vaticano migliaia di messaggi di solidarietà. Tra questi, quello di un gruppo di fedeli cinesi. «Mi hanno scritto e la firma di questo scritto era del vescovo della Chiesa, diciamo così, “tradizionale cattolica” e il vescovo della Chiesa “patriottica”, insieme tutti e due, entrambe le comunità di fedeli. Per me è stato un segnale di Dio», ha detto Francesco. Che non ha voluto risparmiarsi una frecciatina: «Poi non dimentichiamo che in America Latina per 350 anni sono stati i re del Portogallo e della Spagna a nominare i vescovi. Non dimentichiamo il caso dell'impero Austro-ungarico. Altre epoche, grazie a Dio, che non si ripetono».

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