Quella parvenza di tranquillità di Matteo Lombardini, prima di uccidere il padre a coltellate
Il cognato del 35enne: «Dall’episodio di 15 anni fa non aveva mai fatto nulla di male»
Nella mattinata di oggi (martedì 31 ottobre) si è svolto l'interrogatorio di convalida di Matteo Lombardini, il 35enne che sabato sera scorso, a Nembro nella frazione di Viana, ha ucciso a coltellate il padre Giuseppe e ferito gravemente la madre Maria Angela Stella, ricoverata poi in ospedale dove è stata anche operata.
Lui, invece, dopo l'arresto si trova nella cella del reparto di Psichiatria del Papa Giovanni. L'autopsia sul corpo del genitore dovrebbe avvenire questo pomeriggio. L'epilogo di una vicenda tragica nella quale, dopo lo sconcerto per quanto accaduto, si è scoperto anche il disagio psichico con cui, da anni, il giovane doveva fare i conti.
Gli anni trascorsi in terapia
Una problematica che, come riportato oggi dal Corriere Bergamo, si era manifestata in maniera evidente, la prima volta, in quel lontano 2009, quando Matteo aveva aggredito con un paio di forbici la sorella Chiara (di cinque anni più giovane) e il padre. Dopo l'intervento dei carabinieri, il ragazzo fu ricoverato ad Alzano e fu aperta un'indagine dalla Procura. L'allora gip, Giovanni Petillo, dispose una perizia psichiatrica, che fu affidata al professor Massimo Biza. Tuttavia, non si arrivò a processo, perché Giuseppe aveva deciso di non denunciare il figlio.
Da quel momento, il 35enne, dopo un incontro con don Giuseppe Belotti, al tempo psicoterapeuta al Conventino, era stato seguito dal Centro psicosociale di Nembro, dove era stato in cura fino a qualche tempo fa, e tutt'ora assume dei farmaci. Poi negli ultimi tempi non avrebbe più frequentato la struttura, andando invece in terapia da uno psichiatra di Brescia, anche se i motivi e i dettagli di quest'ultima fase sono al momento poco chiari. In ogni caso, al Centro era conosciuto e aveva anche frequentato un laboratorio di falegnameria, ma avrebbe deciso a un certo punto di abbandonare quel percorso per stare di più con la famiglia e acquisire maggiore autonomia.
L'arrivo all'ospedale di Alzano
Prima dell'episodio di sabato sera, il martedì di quella settimana, Matteo aveva avvertito i genitori, dicendo che non si sentiva bene e alludendo alla sua condizione particolare. Di conseguenza, loro lo avevano accompagnato al pronto soccorso di Alzano Lombardo, dove però a quanto pare non si era ritenuto opportuno un ricovero. Qualche giorno dopo, era stato indirizzato al Cps di Nembro, dove gli avrebbero dato una cura. L'ombra della malattia, però, potrebbe essersi ripresentata quel sabato sera quando, dopo una lite, ha afferrato la lama sferrando diversi fendenti a un genitore e ferendo l'altro.
Si è bloccato quando è arrivato sul pianerottolo (la porta d'ingresso è stata trovata aperta) il vicino di casa e suo ex compagno di scuola alle medie, la madre appoggiata, seduta in terra, allo stipite della porta, col coltello nascosto sotto il corpo. In seguito, è arrivata anche un'assistente sociale che si trovava con un anziano al piano di sotto, che ha poi parlato al telefono con la sorella del giovane, raccontandole ciò che era accaduto.
Una parvenza di tranquillità
Dai racconti di vicini e famigliari, pare che dopo quell'attacco violento di anni fa il ragazzo, descritto dal cognato Enrico Colombi come timido e riservato, con un interesse per la tecnologia, non avesse più dato segni preoccupanti, che facessero intuire in qualche modo una sua pericolosità. Alcuni condomini erano a conoscenza di ciò che era accaduto tempo addietro, ma erano tranquilli rispetto alla sua condotta degli anni successivi.
Una sua ex insegnante di Arte alle medie, che abita poco distante, lo ricorda come uno studente normale: se qualcosa è successo, probabilmente è stato dopo quel periodo. Non ha mai sentito litigi o urla provenire dal loro appartamento, la madre e il padre sembravano sereni. Almeno fino allo scorso fine settimana, quando questa parvenza di tranquillità ha avuto una brusca e tremenda interruzione.