Che male fanno le bufale al mondo (eppure nessuno riesce a evitarle)
![Che male fanno le bufale al mondo (eppure nessuno riesce a evitarle)](https://primabergamo.it/media/2017/01/bufale-420x252.jpg)
Le notizie false, diffuse online ma anche sui media tradizionali, hanno il potere di cambiare l'opinione pubblica, condizionando anche il voto popolare. La cosa più grave però è che spesso queste bufale sono create per fomentare i sentimenti meno nobili dell'uomo, causando reazioni sconsiderate. Le notizie false esistono da sempre, ma fino a un decennio fa la maggior parte di esse venivano derubricate come semplici pettegolezzi. Si trattava soprattutto di teorie personali, basate su prove molto deboli, che non andavano molto oltre alla semplice discussione da bar. L'utilizzo di massa di internet e dei social network però ha completamente cambiato le regole del gioco, creando un mondo parallelo all'informazione convenzionale, in grado di attirare spesso molti più spettatori.
Lo studio di Repubblica. Circa la metà degli italiani, secondo un sondaggio pubblicato da Repubblica, si informa sul web, sfogliando principalmente le notizie che vengono pubblicate sui social network dai contatti che seguono. L'informazione libera ha permesso di ascoltare migliaia di voci diverse da quelle dei "vecchi" giornalisti, ma non esiste alcun controllo su ciò che viene scritto, anche quando si tratta di diffamazioni che possono danneggiare gravemente persone o società. Gli operatori dell'informazione infatti sono responsabili legalmente di tutto ciò che viene scritto, rischiando querele che ne possono stroncare la carriera in maniera definitiva. La maggioranza dei blog online, invece, nasconde nomi e cognomi, permettendo la stesura di articoli completamente inventati, o basati su fonti notoriamente poco affidabili, sfuggendo ad ogni responsabilità.
Gli effetti delle bufale. Il fenomeno delle bufale è stato per lungo tempo ignorato, forse perché ritenuto poco rilevante o comunque non influente, ma negli ultimi mesi ci si è resi conto del suo peso. Una singola notizia falsa non ha infatti grande importanza, ma, se la pubblicazione è costante e capillare, può manipolare facilmente l'opinione pubblica di chi si fida delle informazioni online. Gli utenti tendono infatti a creare una rete personale di contatti e fonti d'informazione. Non esiste un vero e proprio scambio culturale, ma è più facile invece che si formino dei circoli chiusi, a compartimenti stagni, dove ogni utente si rifugia da tutto ciò che ritiene falso. Accade così che si inverta l'ordine gerarchico delle informazioni, consultando soltanto blog e pagine Facebook gestite da sconosciuti ed escludendo i media tradizionali, ritenuti poco democratici o addirittura di regime.
La post-verità e il caso Trump. È nato così il termine post-verità, ovvero la creazione di una verità che prescinde dai dati oggettivi, basata solo su informazioni ritenute vere soltanto perché più affini alla propria visione del mondo. L'elezione di Trump negli Stati Uniti ha costretto i media americani a una riflessione profonda su questo tema, dopo aver constatato che le notizie più lette dagli americani durante la campagna elettorale erano in realtà clamorose bufale. Alcune sono state del tutto innocue, ma in altri casi le conseguenze sono state molto evidenti, come nel caso del Pizzagate, una clamorosa montatura ai danni della Clinton. Secondo quanto scritto su alcuni blog, l'ex candidata alla presidenza sarebbe stata coinvolta nel rapimento e nell'abuso di alcuni bambini, perpetrato all'interno di una pizzeria di Washington. Sebbene la notizia sia davvero poco credibile, l'escalation di violenza è iniziata con una serie di proteste di fronte alla pizzeria, passando poi alle minacce di morte al proprietario ed alla sua famiglia e finendo con l'irruzione nel locale di un uomo armato, che dopo aver sparato alcuni colpi di pistola ha preteso di fare chiarezza su quanto letto online.
Le soluzioni. Controllare ogni notizia che viene diffusa sul web, tra blog e pagine social, è davvero un'impresa titanica, soprattutto perché queste pagine sono in grado di sparire e ricomparire nel giro di poche ore, grazie proprio all'anonimato. Gli amministratori dei grandi social network, come Facebook o Twitter, hanno a più riprese annunciato misure drastiche, ma i risultati fino ad oggi sembrano essere poco concreti. Il Presidente dell'Antitrust Giovanni Pitruzzella, intervistato dal Financial Times, ha proposto la creazione di un network di agenzie pubbliche europee per combattere le false notizie, coordinate da Bruxelles e modellate sul sistema delle agenzie antitrust, che dovrebbero velocemente etichettare come falsa una notizia, rimuoverla dalla circolazione e imporre multe, se necessario. L'idea è di difficile applicazione, ma è pur sempre un punto di partenza per affrontare un problema che finora è stato totalmente ignorato e sottovalutato. «La post-verità in politica è uno dei motori del populismo ed è una minaccia per le nostre democrazie - ha spiegato Pitruzzella - Abbiamo un bivio: dobbiamo scegliere se lasciare internet così com'è, una sorta di selvaggio west, o decidere che ha bisogno di regole che considerino che il modo di comunicare è cambiato. Io credo che abbiamo bisogno di scegliere delle regole e questo è il compito del pubblico settore». Secondo alcuni però questa via è molto pericolosa e lascerebbe spazio ad una sorta di censura, considerando che qualsiasi organismo di questo tipo è facilmente manipolabile da politici e grandi multinazionali. La struttura stessa di questa sorta di antitrust giornalistica, imposta dall'alto, potrebbe essere vista da una fetta di popolazione come una garanzia a difesa del mal sopportato establishment.
La posizione esagerata di Grillo. Il Movimento 5 stelle, forse il partito più coinvolto nel dibattito, si è espresso ancora una volta per voce del suo leader Beppe Grillo, che ha ipotizzato la creazione di un tribunale popolare interno al movimento, che abbia il compito di decretare a maggioranza se una notizia sia vera oppure no. La provocazione però si è spinta oltre, con un'accusa diretta a tutti i giornali e telegiornali più famosi d'Italia, accusati di fabbricare notizie false «con lo scopo di far mantenere il potere a chi lo detiene». Dura la replica degli avversari politici, ma anche del direttore del Tg La7 Enrico Mentana, che, prima di ricevere le scuse di Beppe Grillo, aveva promesso azioni legali a tutela della dignità e della reputazione di tutti coloro che lavorano al suo telegiornale. Su Grillo pesa anche l'inchiesta di BuzzFeed, che alcune settimane fa ripercorreva le tracce sul web di una rete di siti, collegati alla Casaleggio Associati, che produrrebbero centinaia di fake-news, spesso di provenienza russa, garantendo incassi notevoli grazie alle pubblicità.
Clicca sull'immagine per visualizzare la classifica sulla libertà di stampa.
La discussa classifica sulla libertà di stampa. Il paradosso di questa faccenda è che uno dei concetti più ripetuti in questi giorni, per sottolineare la situazione poco piacevole del nostro Paese, riguarda la classifica sulla libertà di stampa pubblicata da Reporter Senza Frontiere. La notizia è vera, ma diventa una falsa verità se non si spiegano i motivi per cui ci troviamo così in basso, dietro in alcuni casi anche a Paesi sotto dittatura o con un tasso di criminalità enormemente superiore al nostro. L'Italia figura infatti al settantasettesimo posto, un dato che per moltissime persone è inaccettabile, ma di cui pochi hanno spiegato il significato. I parametri che determinano questa graduatoria sono scelti da un comitato di esperti, ma è difficile pensare che esista davvero un metro per misurare la libertà, che sia di stampa o di altro genere. L'Italia si ritrova così dietro a nazioni come il Burkina Faso, dove i colpi di Stato si susseguono da anni, o a El Salvador, il Paese con il tasso annuale di omicidi più alto al mondo, ma anche la Moldavia, che viene considerato una tra le nazioni più corrotte d'Europa, fortemente condizionata dai media filo-russi. Il parametro che penalizza maggiormente l'Italia riguarda le minacce e intimidazioni ricevute dai giornalisti, che provengono soprattutto dalla criminalità organizzata, con conseguente aumento dei giornalisti messi sotto protezione dalle forze dell'ordine. Pesano anche gli scandali di Vatileaks, che non si è svolto in Italia, ma che è stato considerato comunque da Reporter Senza Frontiere un affare italiano.