Maltrattamenti all'ex nido di Boccaleone, i giudici: reiterate violenze psicologiche e fisiche
Nel documento si citano «gravi insulti e atti di percosse» nei confronti dei bambini. La titolare a processo aveva fatto parziali ammissioni

Depositate le motivazioni della sentenza di condanna nei confronti della titolare di un ex nido nel quartiere di Boccaleone, a Bergamo: i giudici hanno riconosciuto le violenze psicologiche e, a volte, anche fisiche che la donna avrebbe inflitto ai bambini.
Comportamenti strani dei bimbi
Proprio le risposte comportamentali dei bimbi a casa, dovute ai traumi subiti, avevano convinto alcuni genitori a segnalare in Questura possibili casi di maltrattamenti: un'operazione che era partita nel 2020, poco prima delle chiusure per la pandemia, e che, tramite il piazzamento di cimici e telecamere, aveva permesso di registrare frasi poco consone per la responsabile di una struttura di questo tipo, oltre ad atteggiamenti evidentemente incompatibili con il suo ruolo.
Delle assistenti educatrici, tra l'altro, se n'erano andate dall'asilo dopo un breve periodo lavorativo, anche se queste, chiamate in Aula a testimoniare, non avevano spiegato la loro decisione con la situazione sotto esame a processo, ma con motivazioni lavorative.
Maltrattamenti ripetuti
Tra le considerazioni del documento, riportate oggi (mercoledì 13 agosto) dal Corriere Bergamo, anche quelle che riconoscono alla titolare, che ha ricevuto una pena di quattro anni e sei mesi, «gravi insulti e atti gravi di percosse» anche in presenza di altri piccoli, i quali «dai video appaiono visibilmente scossi e piangono in modo inconsolabile, percependo l’evidente aggressività emotiva e fisica dell’imputata». Per lei, interdizione dal mestiere per tutta la durata della condanna, decisione contro cui però, con i suoi avvocati Fabio Pezzotta e Sara Vieri, ricorrerà in Appello.
La donna è stata invece assolta per i presunti fatti avvenuti tra il 2011 e il 2016 e da settembre a ottobre 2019, secondo la formula dell'insufficienza di prove. Il reato è stato riconosciuto, in primo grado, per episodi più recenti avvenuti nei confronti di quattro bambini. Le motivazioni parlano di «gravissimi gesti di umiliazioni e aggressione fisica», «evidente clima di tensione e violenza chiaramente traumatico» e di «grave e assidua violenza fisica e psichica».
Frasi pesanti e violenze
Rispetto ai video girati dai dispositivi nascosti, la Corte ha affermato come in questo caso «i comportamenti non sono di mera negligenza, ma consistono questa volta in atti di continue e sistematiche offese e/o percosse». Sotto accusa a processo erano anche frasi come «Hai già ca***o?» per una bimba che doveva espletare i propri bisogni, ma anche «Brutta nana di m***a», «Hai fatto la cacca, grassona? Dai, puzzona, smettila di piangere», oppure ancora «Hai rotto i co*****i». Ci sono poi schiaffetti dietro la testa, tirate d'orecchio e per i capelli.
La condannata, in Aula, ha negato le parolacce e le percosse, facendo però delle parziali ammissioni rispetto ad alcuni degli episodi contestati dalla pm Chiara Monzio Compagnoni. Ha anche ricondotto il suo comportamento a problemi di salute e personali. Per le parziali confessioni, l'atteggiamento processuale e la particolare situazione personale, il collegio presieduto da Patrizia Ingrascì ha equiparato le attenuanti all'aggravante dell'età delle vittime.
Esclusa infine la responsabilità civile del Comune di Bergamo, avanzata dalla famiglia di uno dei bimbi, in quanto l'asilo era privato ma accreditato. Palazzo Frizzoni, infatti, non aveva alcun rapporto contrattuale con l'imputata e doveva unicamente fare un controllo annuale sulla qualità del servizio. Siccome la donna ha commesso i reati quando si trovava da sola con i piccoli, il Comune non avrebbe potuto in alcun modo accertare una condotta criminale o negligente da parte della titolare.