Manifestazioni e vignette La reazione unanime del mondo

Mercoledì 7 gennaio alle ore 11.30, un pugno di fanatici islamici fa irruzione al numero 10 di Rue Nicolas Appert, nell’undicesimo arrondissement parigino. E uccide 12 persone. Sono giornalisti e vignettisti del foglio Charlie Hebdo (celebre per la sua satira anti-religiosa e la sua travagliata storia), radunati in quel momento per l’affollata riunione del mercoledì. In poche ore la notizia viene diffusa, riecheggiata, commentata dai media di tutto il mondo, che tengono monitorata la situazione con copertura pressoché totale.
Le piazze si riempiono di centinaia di migliaia di matite alzate, di cartelli recanti la scritta Je suis Charlie (Io sono Charlie), di colorate vignette satiriche; i gradini di tutte le capitali d’Europa (da Trafalgar Square all’Albania) vengono coperti da luci tremolanti in difesa della liberté. Di parola, di opinione, di pensiero, di stampa. La Francia intera è in strada – Le Monde parla di 35mila persone: si manifesta a Parigi, a Lione, a Marsiglia, a Nizza, a Rennes, a Tolosa; i calciatori dell’Evian e del Lille osservano un minuto di silenzio prima di disputare il match. Il mondo è partecipe.

Tirana, Albania

Bruxelles, Belgio

Bruxelles, Belgio

Berlino, Germania

Clermont-Ferrand, Francia

Lione, Francia

Lione, Francia

Lione, Francia

Lione, Francia

Marsiglia, Francia

Parigi, Francia

Parigi, Francia

Parigi, Francia

Parigi, Francia

Rennes, Francia

Tolosa, Francia

Villeneuve-d'Ascq, Francia I giocatori dell'Evian e del Lille durante un minuti di silenzio per il Charlie Hebdo prima di una partita della Ligue 1.

Berlino, Germania

Milano, Italia

Roma, Italia

Pristina, Albania

Londra, Regno Unito

Londra, Regno Unito

Londra, Regno Unito

Barcellona, Spagna

Madrid, Spagna

Madrid, Spagna

Stoccolma, Svezia
Sui social network, dalla serata di ieri fino ad ora, dai mass media internazionali ai ragazzini di paese – nessuno escluso –, non si discute, pensa e prende in considerazione altro, tra facili desideri di vendetta, scontato odio religioso, messaggi di preoccupazione nascosti nell’hashtag #noinonabbiamopaura, riflessioni profonde e approfondite. Su Twitter, le hashtag #CharlieHebdo e #JeSuisCharlie sono le più utilizzate al mondo, in prima e seconda posizione assolute, mentre diventano virali i commenti dei direttori delle grandi testate, dei fumettisti solidali, degli islamici che gridano, dalle colonne dei quotidiani, «Not in my name» (Non nel mio nome). Banda nera e scritta grigio-bianca anche per le copertine di Facebook, dove stamattina circolano le vignette dei grandi disegnatori del mondo (arabi compresi): Lucille Clerc e la sua matita spezzata e subito ritemperata sono l’unica nota di speranza in una creatività vivida, cupa e amara, che avvolge di sangue fogli chiari e stilografiche e contrappone kalashnikov a punte di grafite.
Tutto si raccoglie attorno a quest’«attacco al cuore d’Europa» (così titolava La Stampa stamani). E l’eco della tragedia è, davvero, immane.

Lucille Clerc, «Ieri, oggi, domani»

Ann Telnaes

Arnaud Montagard, «Dov'è il coraggio?»

Ruben L. Oppenheimer


«Questa non è un'arma di distruzione di massa»

ElleKappa




David Pope, «Lui ha disegnato per primo»

Plantu, «Con tutto il cuore con Charli Hebdo»


Sole24Ore




Magnus Shaw


Benjamin Lacombe, «Possono abbattere le teste, non le idee».

JM-O, «Terrorismo – attentato omicida alla sede di Charlie Hebdo»

Latuff

Luis Quiles

Maps Maponyane, «Si vanno a prendere le armi, compagni»

Matt, Telegraph, «Stai attento, potrebbero avere delle penne».

Miguel Villalba Sánchez

Rémi Malingrëy, «La mia arma? La risata»

Rob Tornoe

Satish Acharya, «Cos’è questa piccola arma che fa così male?»

Tine

Tohad

Joep Bertrams

Ali Dilem, caricaturista algerino

Ali Ferzat, caricaturista siriano

Chedly Belkhamsa, disegnatore e caricaturista tunisino

Makhlouf, disegnatore egiziano

Mazen Kerbaj, disegnatore libanese

Mazen Kerbaj, disegnatore libanese

Khalid Albaih, disegnatore sudanese

Nadia Khiari (Willis From Tunis), disegnatrice tunisina