La manovra economica di Renzi spiegata in modo semplice e chiaro
La legge di stabilità è uno dei momenti più importanti per il cammino economico di un Paese, perché vengono, in sostanza, stabiliti i principali movimenti finanziari, in entrata ed in uscita, di uno Stato nell’anno successivo. Il governo di Matteo Renzi ha recentemente redatto e resa nota la bozza del documento contenente la legge di stabilità per il 2015, che appare decisamente più articolata e sostanziosa rispetto a quella per il 2014 (basti pensare che l’anno scorso si trattava di una manovra da 11,6 miliardi, quest’anno da 36), e promette, fra le altre cose, la più importante riduzione delle tasse della storia della Repubblica, nonché la creazione di quasi un milione di posti di lavoro entro i prossimi tre anni.
Innanzitutto, la riduzione delle tasse. Nelle slide – in pieno stile Renzi – con cui il governo ha presentato i punti salienti della manovra, campeggia in prima battuta l’annuncio di una riduzione delle tasse pari a 18 miliardi di euro, di cui 9,5 legati ai famosi 80 euro, 5 ai tagli all’Irap (una delle imposte aziendali più gravose) e 2 per l’azzeramento del pagamento dei contributi da parte dei neoassunti a tempo indeterminato, che verranno invece versati dal governo; a queste cifre si aggiungano alcuni tagli di minor valore economico, ed ecco che si arriva a quota 18 miliardi.
Sono mosse legislative sicuramente importanti e apprezzabili (in particolare rispetto alla diminuzione dell’Irap, che ha generato il plauso di Confindustria), ma che vanno leggermente ridimensionate: perché se è vero che si darà corso a sgravi fiscali per 18 miliardi di euro, è altrettanto vero che sono previste alcune nuove imposte per un gettito totale di 4 miliardi di euro. Nello specifico, 2,4 miliardi arriveranno dall’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie, 1,2 dall’aumento sui fondi pensionistici, anche privati; se si aggiungono anche altre minuzie, si porta il taglio fiscale complessivo, in realtà, a 14 miliardi.
I tagli alla spesa pubblica e alle Regioni. Confermati e ingenti saranno anche i tagli alla spesa pubblica, per un totale di circa 15 miliardi di euro. In primo luogo, 4 miliardi arriveranno dai Ministeri, secondo un procedimento di riqualificazione delle spese ministeriali incentrato non su specifici sprechi ma su un piano di risparmio generale.
In secondo luogo, altri 4 miliardi di tagli saranno imposti alle Regioni, cosa che in questi giorni ha generato forti proteste da parte delle varie giunte: secondo il governo, una revisione oculata e incentrata al taglio degli sprechi dei bilanci regionali è più che necessaria e fattibile; secondo le Regioni, si tratta di un’eccessiva pretesa da parte dello Stato, che rischia di bloccare diverse attività territoriali per mancanza di fondi. Al di là di chi abbia ragione o meno, secondo gli analisti i tagli imposti dal governo alle Regioni con questa manovra non sembrano poter adempiere al loro compito di contenimento degli sprechi e di utilizzo più efficiente delle risorse, poiché sarebbero incentrati sulle voci di bilancio meno adeguate. Se ne riparlerà nel 2015.
Le altre misure. Per quanto riguarda la famosa soglia del 3 percento del Pil rispetto al deficit pubblico, la manovra prevede la possibilità per il governo di spendere più di quanto guadagna nei limiti del 2,9 percento del Pil, ovvero solo lo 0,1 percento in meno di quanto consentito dall’Europa: una mossa quasi beffarda nei confronti dell’Ue, come a dichiarare apertamente di voler sfruttare fino in fondo il piccolo spazio di libertà consentito da Bruxelles alle attività finanziarie dei Paesi aderenti, senza preoccuparsi eccessivamente di ridurre sempre più il deficit. Viene inoltre previsto il recupero di quasi 4 miliardi di euro dalla lotta all’evasione fiscale: un’affermazione che desta non poche perplessità, poiché mai si sono conquistate certe cifre in materia.
Si attende il giudizio dell’Ue. Il documento è stato inviato alla Commissione Europea, che entro pochi giorni esprimerà un parere sulla legge di stabilità del governo. Il mondo economico è diviso circa la valutazione che verrà data a questa manovra da parte di Bruxelles: da un lato infatti, viene data per certa la bocciatura, poiché in primo luogo ci sono troppi dubbi rispetto alle coperture finanziarie di cui l’Italia avrà bisogno nel 2015 per rendere effettive tutte queste nuove misure, e in secondo luogo vengono palesemente ignorati alcuni limiti e paletti che l’UE impone ai Paesi aderenti; da un altro lato invece, si ritiene che la manovra verrà salvata, poiché sarebbe estremamente controproducente per Bruxelles optare per lo scontro con l’Italia, in quanto significherebbe dover fare i conti anche con la Francia, che forse ignora i vincoli economici europei anche più del Belpaese. Insomma, l’Ue si trova di fronte a un bivio: assecondare tutti, oppure far la guerra a tutti.