Chi è a favore, chi è contro

Maroni fa il Salvini sui migranti e si scatena un gran polverone

Maroni fa il Salvini sui migranti e si scatena un gran polverone
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Una dura dichiarazione del governatore lombardo Roberto Maroni ha scatenato un gran polverone nella politica italiana. Il tema è la collocazione degli immigrati che ormai da mesi arrivano in maniera incontrollata sulle coste italiane, e a tal proposito Maroni ha dichiarato: «Scriverò una lettera a tutti i prefetti lombardi per diffidarli dall’accogliere nuovi immigrati nei vari Comuni. E poi anche ai sindaci, dicendo loro di rifiutarsi di prenderli. A coloro che dovessero accoglierli comunque, ridurremo i trasferimenti regionali come disincentivo alla gestione delle risorse». Come a dire: o te ne infischi dei clandestini, o di soldi dalla Regione non ne riceverai più. Una minaccia in piena regola, insomma, che naturalmente ha scatenato un putiferio, con moltissimi attacchi al governatore, ma anche qualche plauso.

Chi è a favore… A definirsi soddisfatti delle dichiarazioni di Maroni sono stati i governatori regionali del Veneto, Luca Zaia, e della Liguria, il neoeletto Giovanni Toti. Il primo ha commentato: «Smettiamola con l’illusione di poter sopportare e gestire un esodo biblico. Il Veneto è una bomba che sta per scoppiare». Il secondo è stato altrettanto perentorio: «L’ho già detto, non accoglieremo altri migranti come fanno Lombardia, Veneto e Valle d’Aosta. L’intervento di Maroni è legittimo». E ha aggiunto: «È un problema che dovrebbe essere risolto a monte, e invece viene scaricato a valle».

… e chi è contro, a partire da Gori. Il primo a commentare in negativo le parole di Maroni è stato il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, che ha definito quella del governatore «una minaccia illegittima e inaccettabile». «È un ricatto - ha aggiunto - a cui spero che i Prefetti, quello di Bergamo in testa, rispondano per le rime: con che diritto la Regione si permette di minacciare i sindaci? Non era un sostenitore dell’autonomia e del federalismo? Fino ad oggi il governatore della Lombardia aveva cercato di distinguersi dal leghismo più becero: questo episodio segna la sua sconfitta interna e il prevalere delle logiche razziste care a Salvini. Senza contare che nel 2011 proprio Maroni, da Ministro degli Interni, distribuì sul territorio decine di migliaia di profughi». «È chiaro - ha concluso il sindaco di Bergamo - che l’accoglienza dei migranti rappresenta un problema. Non esiste una capacità infinita di ospitalità e già oggi i territori sono in affanno. Per questo il Governo, insieme all’Europa, deve rapidamente trovare il modo di frenare le partenze. Ma fin quando ci sono, è un dovere morale quello di salvare le vite dei migranti e assicurare loro un’accoglienza dignitosa. Questo ha fatto e questo farà la Lombardia, grazie alla generosità delle comunità, delle associazioni e dei volontari. Maroni non la rappresenta. La Regione merita una migliore e più degna rappresentanza».

 

profughi

 

... e poi Renzi, Bubbico e il Piemonte. Secca anche la risposta di Matteo Renzi. Secondo il premier è il momento di finirla con la «filosofia dello scaricabile: è difficile parlare di coinvolgimento dell’Unione europea sul tema dell’immigrazione quando persino alcune Regioni del tuo Paese dicono che il problema non li riguarda». «L’intervento di Maroni è del tutto illegittimo», ribadisce il viceministro dell'Interno Filippo Bubbico, «soprattutto da parte di un presidente di una grande regione e di una persona che è stata Ministro dell'Interno di questa Repubblica, e che ha già gestito un’emergenza immigrazione imponendo la presenza di immigrati nei diversi territori». Il contenuto delle parole di Bubbico riguarda uno dei punti che vengono maggiormente contestati a Maroni: fu proprio lui, infatti, che nel 2011, da capo del dicastero dell’Interno, firmò il documento che regolava le spartizioni a base territoriale degli immigrati.

Tra le regioni del Nord, l’unica voce contro è quella del Piemonte: «Se Maroni volesse continuare a procedere su questa linea allora sarebbe più che giusto che il governo togliesse alla Lombardia, al Veneto e alle altre Regioni che condividono queste posizioni i finanziamenti che lui vuole togliere ai Comuni che ospitano i profughi», dice il presidente Sergio Chiamparino. E il sindaco di Torino Piero Fassino aggiunge: «Non è nei poteri di un presidente di Regione decidere quale politica di accoglienza di profughi persegue il nostro Paese. Tanto meno è accettabile che si minaccino in modo ritorsivo, e illegalmente, riduzioni di risorse ai Comuni che ospitano profughi».

Ma anche in Lombardia... Anche all’interno della stessa Lombardia sono in molti a disallinearsi con nettezza dalle dichiarazioni di Maroni. Pierfrancesco Majorino, assessore alle politiche sociali di Milano, ha definito il governatore lombardo «un pagliaccio», e ha inoltre accusato Alfano, ministro dell’Interno, di non essere ancora riuscito a trovare una soluzione al problema degli immigrati, cosa che non fa altro che fomentare idee come quelle di Maroni. Dal canto suo, Umberto Ambrosoli, membro della stessa giunta regionale di Maroni, dice: «Ecco che ritorna la Lega del no, delle esagerazioni e del muso duro. Maroni intima, precetta, minaccia: ma è incapace di governare nella sua Regione, non ne ha le competenze». Ma questi dissensi non sembrano riuscire a fermare Maroni, che ha dichiarato di voler incontrare Toti e Zaia nei prossimi giorni per mettere a punto un piano comune di rigetto dei migranti dalle Regioni del Nord.

Il piano di smistamento del Governo. La strategia imbastita dal Governo è quella di distribuire gli stranieri in maniera equilibrata su tutto il territorio nazionale, a piccoli numeri. La via è segnata dal piano sottoscritto insieme alle Regioni nel giugno dello scorso anno: un modello matematico che tiene conto della grandezza della Regione, del numero di abitanti e del Pil. Parametri che indicherebbero la Lombardia come la destinataria del maggior numero di migranti: 1.517 unità ogni 10 mila migranti. Ma la disponibilità dei territori del Nord, anche della piccola Valle d’Aosta, è stata finora scarsa, e le Regioni settentrionali accolgono meno persone di quanto dovuto: la Lombardia, per esempio, ospita soltanto circa il 9 percento degli stranieri in accoglienza.

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