Messico, identificato un altro corpo Ma resta il mistero sui 43 studenti

È di ieri mattina, giovedì 17 settembre la notizia dell’identificazione del secondo dei 43 ragazzi messicani scomparsi lo scorso anno a Iguala. Si tratta di Jhosivani Guerrero de la Cruz. A comunicarne l’avvenuto riconoscimento è la Procura Generale della Repubblica del Messico, che ha informato la popolazione dopo aver incontrato privatamente i genitori della vittima. Nei mesi scorsi erano stati inviati a Innsbruck alcuni resti carbonizzati di ossa, ritrovati in una discarica vicino alla città dove i giovani erano scomparsi, e attraverso lo studio del DNA è stato possibile risalire all’identità della vittima. È ormai sempre più debole la speranza che sorregge le famiglie dei desaparecidos: dopo le testimonianze dei tre sicari fermati, i ritrovamenti di frammenti di ossa carbonizzate e la conferma dell’identità di due dei ragazzi, diventa quasi certezza la probabilità che i giovani studenti ancora dispersi vadano ad aumentare il consistente ma sconosciuto numero delle vittime dei narcotrafficanti.
Protesta studentesca. La vicenda dei 43 ragazzi scomparsi ha origine nel mese di settembre del 2014. Appartenenti a una scuola normale messicana, i giovani si stavano recando a una manifestazione studentesca contro la corruzione nelle nomine dei dirigenti scolastici. In Messico le scuole normali, a differenza che in Francia e in Italia, non formano le élite dirigenti, ma sono gli istituti più poveri del Paese. Spesso senza luce e acqua, sono frequentati dai figli di contadini e da chi non può permettersi un’educazione più adeguata. Nel luogo dove si voleva allestire il corteo era in corso il comizio della futura candidata sindaco della città di Iguala, nonché moglie dell’attuale sindaco e sorella del boss del cartello della droga locale. La polizia ha avuto ordine di fermare con tutti i mezzi a disposizione l’autobus che trasportava gli studenti, ed ha aperto il fuoco sulla folla. Tre ragazzi sono morti, altri civili innocenti sono rimasti feriti, nel caos generale il pullman è sparito e da quel momento dei ragazzi non c’è più stata alcuna notizia.
Le indagini. Il caso dei ragazzi della scuola di Ayotzinapa ha subito avuto grande eco in tutto il Paese, per poi salire alle attenzioni della cronaca mondiale. Lo stato messicano ha schierato uomini e mezzi per venire a capo della situazione, rivoltando da cima a fondo la città di Iguala, stato di Guerrero, uno dei più poveri e corrotti dell’intero Messico. Il sindaco, la moglie e il boss locali sono riusciti a fuggire, ma sono stati rintracciati e presi i tre sicari incriminati di aver ucciso i giovani. Dall’interrogatorio dei tre assassini sono emerse le agghiaccianti dinamiche dell’esecuzione: i ragazzi sono stati presi e caricati su due pick-up; una quindicina di loro è morta soffocata già durante il tragitto. I restanti sono stati interrogati in merito alla loro appartenenza a qualche banda, e poi freddati con un colpo alla testa. I cadaveri, allineati e impilati, sono stati poi bruciati in un falò di pneumatici e benzina per più di sette ore, in modo da lasciare il minor numero di tracce possibili. Quando il fuoco è divampato, han riferito i tre sicari, alcuni di loro erano ancora vivi.

In this May 31, 2015 photo, a group of relatives of missing people walk in a field as they search in vain for a site of a possible clandestine grave after they received an anonymous tip, in Iguala, Mexico. Since the government began excavating suspected graves found by this group scouring the surrounding mountains looking for their loved ones late last year, more than 100 bodies have been exhumed though most still await identification. (AP Photo/Dario Lopez-Mills)

In this April 22, 2015 photo, a man inspects a sandal during a search for clandestine graves in the dry brush on the outskirts of Iguala, Mexico. Authorities are of little help, say residents who have seen local police escorting gangsters through town and consider them to be a uniformed extension of Guerreros Unidos. That relationship was reinforced by the government investigation into the case of the 43 students, which concluded that Iguala and Cocula police had turned them over to members of Guerreros Unidos, who then killed them and disposed of the incinerated remains in Cocula. (AP Photo/Dario Lopez-Mills)

In this May 31, 2015 photo, a relative of a missing person smells a stick that was poked into the ground, checking for the odor of decaying flesh, during a search for a clandestine grave from an anonymous tip, in Iguala, Mexico. At least 292 people have been added to the list of missing from the Iguala area since the 43 students disappeared there on Sept. 26, 2014. (AP Photo/Dario Lopez-Mills)

In this May 31, 2015 photo, a relative of a missing person pokes a stick into the ground to later pull it out and check for the scent of decaying flesh during a group search for a clandestine grave after receiving an anonymous tip, in Iguala, Mexico. Since the government began excavating suspected graves found by this group scouring the surrounding mountains looking for their loved ones late last year, more than 100 bodies have been exhumed though most still await identification. (AP Photo/Dario Lopez-Mills)
Fosse comuni. Le testimonianze tuttavia fornivano alcuni particolari poco chiari e talvolta addirittura contraddittori. Le ricerche dei ragazzi si sono spostate nelle campagne intorno alla città, facendo emergere l’inquietante fenomeno delle fosse comuni: fossati scavati durante la notte dove sono seppelliti centinaia di cadaveri senza nome. L’orrore e l’incredulità dell’opinione pubblica si sono scontrati con la consapevole e rassegnata testimonianza dei cittadini di Iguala. Intervistati dai reporter hanno dichiarato come il fenomeno fosse in realtà ampiamente conosciuto dalle corrotte autorità locali, tanto che nessuno la sera osa più aggirarsi nei sobborghi periferici per la paura di cogliere i malviventi nell’atto di seppellire un cadavere e di incorrere nella medesima sorte.
Il ritrovamento. Dopo lunghe ricerche sono stati trovati in alcuni sacchetti neri i resti di frammenti di ossa carbonizzati. Si trovavano sul fondo di un torrente nelle colline circostanti il capoluogo. Le particelle erano difficilmente riconoscibili, anche perché per rendere più difficile il ritrovamento i narcotrafficanti avevano spezzettato tutte le ossa rimaste. Il materiale è stato inviato nel laboratorio specialistico di Innsbruck, dove sono cominciate le analisi per confrontare il DNA dei reperti carbonizzati con quello dei parenti delle vittime. A dicembre è stato riconosciuto il primo dei ragazzi, ufficialmente ancora dispersi. In queste ore è arrivata la conferma del secondo riconoscimento.
La guerra continua. La vicenda dei ragazzi di Ayotzinapa non è che l’ultima e forse la più terribile delle atrocità commesse dai narcotrafficanti. L’intensificarsi dei delitti prosegue da quando il Governo ha dichiarato ufficialmente guerra ai cartelli della droga messicani. La strategia del governo di Enrique Peña Nieto non sembra infatti dare i frutti sperati; i boss si sono infiltrati nella società civile e nella polizia, e spesso godono di coperture che proteggono le loro attività anche ai piani alti. I traffici si sono ampliati, e dal commercio della droga sono passati all’estorsione, ai rapimenti e allo sfruttamento della prostituzione. La polizia e l’esercito dichiarano di non essere in grado di fare stime approssimative, ma si calcola che dall’inasprirsi del conflitto le vittime siano più di 20mila. Parte della popolazione chiede a gran voce le dimissioni del capo del governo e il riconoscimento del fallimento dei suoi piani. L’impressione è che lo Stato messicano non sia assolutamente in grado di far fronte all’espansione epidemica della criminalità organizzata, e che la situazione sia ben al di là del rischio di una guerra civile. La guerra c’è già stata, e ora sembra chiaro chi l’ha vinta.