«Non sarà la Roma dell'andata»

Migliaccio e il grande Totti «Dispiace, ma gli anni passano»

Migliaccio e il grande Totti «Dispiace, ma gli anni passano»
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Giulio Migliaccio, mastino napoletano dell’Atalanta, è un ragazzo semplice. Umile. Sempre pronto a dare una mano a tutti quando viene buttato nella mischia. Contro la Roma mancheranno sia Cigarini che de Roon, e così Reja punterà su di lui. Come sempre, il numero 8 nerazzurro risponderà presente. A poche ore dalla sfida ai capitolini gli abbiamo chiesto come si sente, ma soprattutto come fa a farsi trovare sempre pronto pur giocando pochissimo. La risposta è semplice: lavoro, lavoro e ancora lavoro.

 

04-04-15  ATALANTA - TORINO  CAMPIONATOSERIE A TIM 2014-15

 

Migliaccio, domenica giocherà dopo tante settimane passate ai margini. Come riesce a farsi trovare sempre pronto pur scendendo in campo così poco?

«Io sono fatto così, è il mio carattere. Penso da sempre che qualsiasi cosa uno faccia, deve farla bene. Sia per un minuto o per tutta la gara. Bisogna dare il massimo nel riscaldamento, nell’allenamento. Sempre. Per fortuna ho giocato con continuità in carriera, per intere partite e per tutto il campionato. Adesso che sono arrivato a 35 anni non è la partita in più o in meno che mi può far cambiare il modo di approcciarmi alle gare, al lavoro quotidiano. Non mi cambia di certo l’umore. Poi con il mister ho un ottimo rapporto, è una persona eccezionale e sono felice che punti su di me nei momenti difficili. È molto importante, mi sento orgoglioso e mi sento bene: la stima di allenatore, società e compagni è qualcosa che mi spinge sempre a dare il massimo».

Ma nella preparazione quotidiana è cambiato qualcosa?

«Dal punto di vista dell’allenamento e della preparazione, non è cambiato nulla. Nemmeno una virgola. Semplicemente, con l’esperienza, si impara a calarsi in un ruolo nuovo. Quello dell’alternativa, del giocatore che si prepara per dare una mano e non sempre entra in gioco. È qualcosa di nuovo anche per me, che sto imparando qui a Bergamo. Ma non c’è nessun problema, lo dico con grande serenità: sono molto contento della carriera che ho fatto, non vivo assolutamente come un’umiliazione questa nuova realtà perché alla mia età posso dare il mio contributo anche solo per un quarto d’ora. E io cerco di farlo, sempre».

Tanti compagni sono concordi: lei è uno degli uomini cardine dello spogliatoio.

«Anche questo mi rende orgoglioso. Con il lavoro, con gli allenamenti e con il sudore cerco di essere sempre sul pezzo, pian piano con questo approccio si guadagna la stima dei compagni e questo, all’interno di uno spogliatoio, è molto gratificante. Essere un giocatore importante non significa soltanto stare sempre in campo e parlare molto, nei momenti più difficili bisogna fare di più in tanti frangenti e io cerco sempre di esserci. Per il bene del gruppo e dell’Atalanta».

 

A

 

A Verona ha indossato anche la fascia da capitano.

«È successo quest’anno a Verona ma era già successo a Palermo nel giorno in cui, vincendo, abbiamo chiuso il discorso salvezza. Devo dire che in passato mi era successo altre volte, ma penso che non sia solo la fascia a identificare un capitano. Si vede nei comportamenti, nel modo di vivere il gruppo e di stare in campo. Sono tanti i dettagli importanti, non c’è solo la fascia al braccio».

Come valuta la stagione?

«Mi ha amareggiato molto non essere riuscito insieme ai miei compagni a trovare il bandolo della matassa arrivando a ben 14 gare senza vittorie. Dall’altro lato, sono orgoglioso di aver visto l’Atalanta per 18-20 partite giocare bene, con padronanza del campo e grande personalità. Ho visto questo nelle vittorie, alcune bellissime come quella di Roma all’andata, ma anche nelle sconfitte, come a Milano con l’Inter piuttosto che in qualche pareggio. Tutto ciò che abbiamo fatto di buono acuisce anche il dispiacere per non essere finiti nella parte sinistra della classifica. C’è ancora tempo visto che i campionati durano 38 partite, ma è dura, mi spiace ed evidentemente abbiamo qualche limite».

Arriva la Roma, un girone dopo quel trionfo...

«Una gara completamente diversa. Non sarà la Roma dell’andata, all’Olimpico scesero in campo 11 giocatori che andavano ognuno per i fatti suoi. Oggi, con Spalletti, sono ripartiti alla grande. Il mister ha preso in mano la situazione e stanno vivendo una rincorsa incredibile: sono forti ma, come tutti, a Bergamo incontreranno una squadra che prima di tutto dovrà essere l’Atalanta. Un osso duro. Giochiamoci la partita e che vinca il migliore».

Ci racconta chi è Totti per lei? Potrebbe essere l’ultima volta che lo vediamo in campo al Comunale

«Sono 12 o 13 le stagioni ormai che lo affronto e non c’è molto da dire: è un grandissimo calciatore. Fortissimo. Mi dispiace, ma gli anni passano per tutti, la carta d’identità non puoi camuffarla e quindi è naturale andare verso una chiusura di carriera. Sicuramente la Roma e il calcio italiano perderanno davvero un attaccante bravissimo».

 

Frosinone-Atalanta

 

E il futuro di Migliaccio?

«Il mio obiettivo adesso è la salvezza matematica, non voglio dare una soglia di punti da raggiungere perché vorrei arrivare più in alto possibile ma sono convinto che manchi molto poco. Per quanto riguarda il futuro, dopo che tutto sarà certificato anche dai numeri mi siederò al tavolo con la dirigenza e cercheremo di capire insieme cosa fare in futuro. C’è un rapporto splendido e quindi ne parleremo con grande serenità».

Ultima domanda: quando segna? È ancora a secco in questa stagione.

«È vero, almeno un gol all’anno lo segno sempre e in questa stagione sono ancora a secco. Vi dirò di più: a Bergamo non ho mai segnato. Spero di riuscire a sfatare anche questo tabù da qui alla fine della stagione. Sarebbe bellissimo, anche se conta di più la salvezza della Dea».

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